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a cura della redazione

Le proposte politiche si possono sempre giudicare da più punti di vista. Possono (e devono) essere giudicate in quanto tali, per quello che esse rappresentano nelle realtà politica, per le loro conseguenze materiali concrete; possono, poi, anche essere giudicate partendo dal contesto politico nel quale esse si inseriscono, in particolare per le dinamiche politiche e sociali che esse possono mettere in moto.

La “riforma fiscale e sociale”, come pomposamente viene chiamato quello che noi invece definiremmo il pacchetto imbroglio presentato dal governo, non sfugge a questa possibile duplice analisi. Al primo aspetto dedichiamo ben tre pagine di questo numero del giornale; per questo ci limiteremo a qualche indicazione sul secondo aspetto, quello cioè del contesto nel quale questo pacchetto di sgravi fiscali viene proposto.
Il contesto è segnato da due aspetti evidenti.
Il primo è un degrado profondo delle condizioni materiali e sociali nelle quali si viene a trovare la popolazione che vive e lavora in questo Cantone. Potremmo qui allineare una serie di dati indiscutibili: dall’aumento e sistematico, mese dopo mese, di coloro che sono costretti a far ricorso all’assistenza perché dispongono di un reddito insufficiente, una media di lavoratori poveri quasi doppia rispetto al resto del paese, una diminuzione costante dei salari mediani in molti settori professionali, un’avanzata ammessa da tutti di fenomeni di dumping sociale e salariale. Se vogliamo metterci anche Argo1 e tutto quello che esso ha messo in luce, non si può negare che il “paese va male”.
Di fronte a questo paese in difficoltà abbiamo la situazione finanziaria del Cantone che sembra invece muoversi in direzione opposta. Non solo i conti del 2017 chiuderanno verosimilmente con un avanza d’esercizio, ma l’idea è di diminuire il capitale negativo e poi il debito pubblico. Il pareggio dei conti (obiettivo fissato dal governo, perseguito da Vitta e, purtroppo, sostenuto da tutto lo schieramento parlamentare – al di là delle ricette con le quali si voleva raggiungere questo obiettivo) verrà addirittura raggiunto con un anno d’anticipo. Le finanze dunque vanno bene.
Come non ricordare questa contraddizione tra un paese che va male e delle finanze che vanno bene: una contraddizione fatta più volte rimarcare, in anni non molto lontani, alle politiche ispirate in governo a quella Marina Masoni che tutti, o quasi, dicono di non rimpiangere.
E allora si capisce perché non la rimpiangono: perché la politica oggi condotta è sostanzialmente la stessa, seppur in un contesto in parte assai diverso. E non può certo sorprendere che, come ai tempi di Marina Masoni, riaffacciandosi il bel tempo sulle finanze, il primo pensiero non vada al “paese” e ai suoi gravi problemi sociali e materiali; ma vada ai ricchi, alle aziende, al modo migliore per far pagare loro meno imposte.
Anche allora si barattò con il governo (persino le organizzazioni sindacali difesero tagli inaccettabili) pensando di aver concluso l'”accordo perfetto”, quello della cosiddetta “simmetria dei sacrifici”.
Come sono andate le cose è sotto gli occhi di tutti. Quegli accordi si rivelarono tutto meno che “simmetrici”, perché l’offensiva di governo e forze politiche borghesi non si accontentò e proseguì. Così come proseguirà anche se questo pacchetto “social-fiscale” dovesse essere approvato. Per questo dobbiamo fare di tutto per impedire che questo avvenga.