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a cura della redazione

L’assemblea dell’Associazione Giù le mani dall’Officina e l’assemblea dei partecipanti alla riunione popolare in Pittureria del 16 dicembre 2017, preso atto delle discussioni e delle decisioni dell’assemblea dei lavoratori dell’Officina di Bellinzona (OBe) del 12 dicembre 2017, adottano la seguente risoluzione:

1. Fin dalle prime settimane dello sciopero del 2008 i lavoratori dell’Officina assunsero come proprio punto di vista la necessità di una prospettiva di innovazione rispetto alle attività tradizionali svolte nelle OBe.
Venne infatti lanciata una iniziativa popolare che chiedeva la elaborazione di “una legge per la creazione di un polo tecnologico-industriale nel settore dei trasporti e del materiale rotabile (PTI)”. Si indicava l’attuale sito delle Officine FFS come luogo per la costituzione di “una zona industriale-tecnologica”.
E si indicava quali elementi costitutivi di questo progetto la costituzione di una società pubblica che “rilevi le attuali attività delle Officine FFS di Bellinzona” e ” sviluppi nuove attività, nuovi servizi, attività di ricerca ed innovazione nel campo della gestione e della manutenzione dei vettori di trasporto”. Iniziativa avente, tra gli scopi principali, anche quello della tutela dell’occupazione, che è anche fedelmente in linea con uno degli scopi dell’Associazione.

L’iniziativa, sottoscritta da 15’000 cittadini e cittadine è tuttora pendente davanti al Gran Consiglio. Nessuno ha spiegato per quali ragioni (tecniche, produttive, finanziarie, di ubicazione) questo progetto non possa essere realizzato. Non vi sono ragioni per ritenerla superata, anzi; non vi sono ragioni per le quali la popolazione ticinese non debba essere chiamata a pronunciarsi su un progetto proposto da 15’000 cittadini e cittadine.
A questo si aggiunge il fatto che l’evoluzione della concretizzazione del Centro di competenza (CdC), nonché il progetto emerso nei giorni scorsi – nell’ambito del programma di lavoro “prospettiva generale Ticino” – sono in netto contrasto con gli obiettivi prefissati dagli accordi che hanno portato all’avvallo, da parte di tutte le parti coinvolte, al progetto del Centro di competenze.
Va inoltre ricordato che le massime autorità cantonali (rappresentate in seno dei diversi organismi di trattative e discussioni dai Consiglieri di Stato, in particolar modo da Laura Sadis e Marco Borradori) avevano a più riprese dato la loro adesione a questa prospettiva, caldeggiando, tra l’altro, l’attribuzione dei diversi mandati di studio proprio per trovare uno scenario di sviluppo per le OBe che risultasse una fedele alternativa dell’iniziativa.

2. Da allora questa prospettiva, assai concreta, è stata a più riprese confermata da studi promossi dai lavoratori e sostenuti dall’autorità pubblica e dalle stesse FFS (ci riferiamo agli studi della SUPSI e a quello della BDO inerente il CdC)
Nessuno, in nessun consesso e nemmeno oggi, di fronte alle ipotesi presentate negli ultimi giorni, ha in modo serio, con dati precisi ed argomenti di carattere economico e finanziario, smentito questi studi e le ipotesi di sviluppo delle OBe ipotizzata dagli stessi.

3. Per contro tutte le parti (Cantone, FFS, Comune), proprio sulla base di questi studi e delle discussioni e valutazioni fatte, hanno convenuto che proprio in questa direzione andasse sostenuto lo sviluppo dell’Officina. Questo consenso ha dato vita alla creazione del Centro di competenza che aveva il suo fulcro nella esistenza e lo sviluppo dell’Officina, nelle sue attività tradizionali che andavano proseguite, sviluppate, innovate, diversificate e accompagnate con altre attività nel settore “della gestione e della manutenzione dei vettori di trasporto” e della mobilità sostenibile e del mercato privato. Adeguando il sistema organizzativo e tutto quanto potesse servire per raggiungere gli obiettivi prefissati, pure dagli accordi inerenti il CdC. Non vi sono ragioni per pensare che le premesse sulle quali si reggeva, fino a pochi mesi fa, tale progetto siano completamente evaporate, cancellate dalla faccia della realtà produttiva del Ticino. Ecco dunque anche una delle ragioni per le quali le maestranze ritengono una necessità impellente la riattivazione dell’iniziativa popolare del 2008.

4. Il progetto di nuovo stabilimento industriale presentato nell’ambito della dichiarazione di intenti sottoscritta da Cantone, FFS e Municipio di Bellinzona, seppur ancora vago quanto ai suoi contenuti, rappresenta qualcosa di radicalmente diverso rispetto a quello finora sostenuto e contenuto nella iniziativa popolare e, di fatto, concretizzato nel progetto di centro di competenza.
Le differenze di fondo sono importanti e in particolare:
a.) Vengono di fatto inspiegabilmente abbandonate buona parte delle attività attuali svolte all’Officina, sebbene queste non siano né in via di estinzione, né ancorate a vecchie tecnologie (basti pensare, ad esempio, a quanta tecnologia vi è oggi nella nuova generazione di carri merci). Attività che assicurano ancora oggi, un numero annuo importante di ore produttive e con esse importanti livelli di occupazione.

b.) Si rinuncia allo sviluppo di “un polo tecnologico-industriale nel settore dei trasporti e del materiale rotabile (PTI)”. Una rinuncia pesantissima per un cantone che si vanta, a giusto titolo, di avere costruito, in parte, il suo sviluppo proprio sul fatto di essere zona di transito, cioè zona nella quale i trasporti hanno assunto e assumono un ruolo importante.

c.) si rinuncia ad uno stabilimento industriale nel senso di quanto oggi rappresenta l’Officina. Il nuovo stabilimento, almeno da quanto è dato capire, implementerà (tra l’altro riprendendo una rivendicazione delle maestranze) treni di nuova generazione (Giruno, ETR 610 e TILO) e tre attività industriali della manutenzione leggera e pesante (OBe, SA Bellinzona e SA Biasca) .
Tuttavia ci si ritrova con l’incomprensibile bilancio di un dimezzamento dell’attuale occupazione presente alle OBe e con ben due terzi di personale in meno rispetto al momento della firma della Convenzione (novembre 2013), dopo che il personale è già stato fortemente diminuito (-120 unità) rispetto sempre al 2013. Non si vedono dunque, da questo punto di vista, quali sia il potenziale di sviluppo possibile o il valore aggiunto di una simile operazione.
Persino coloro che guardassero con un certo favore al progetto presentato nei giorni scorsi, dovrebbero ammettere che per avere una qualche credibilità, questo progetto dovrebbe già cominciare a concretizzarsi nel quadro delle attuali OBe, mettendo in atto tutti quei processi, quelle misure, sia dal punto di vista produttivo che occupazione, previsti dai vari gremi, studi e accordi sottoscritti (TR, Piattaforma, iniziativa, studio SUPSI, Memorandum, CdC con rispettivo studio di fattibilità della BDO) dal 2008 in poi.

5. Pure radicalmente diverso dal progetto di polo tecnologico-industriale proposto dall’iniziativa è quanto si vorrebbe far sorgere sul sedime oggi occupato dalle Officine.

Il parco tecnologico proposto appare infatti una proposta assai aleatoria, debole sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, in particolare poiché:
a.) Questo futuro parco tecnologico, contrariamente al progetto proposto con l’iniziativa, non sarà caratterizzato da un polo tecnologico che parte dall’attuale struttura OBe, cioè da un elemento caratterizzante, specifico, profilato che, come gli specialisti hanno dimostrato, rappresenta il vero elemento di forza di qualsiasi parco tecnologico di successo;

b.) Questo futuro parco tecnologico si caratterizza invece per una prevista presenza di aziende, slegate tra di loro, il cui profilo appare imprecisato (“aziende nazionali e internazionali e startup innovative”).
In altre parole il parco tecnologico si presenta né più né meno che con le stesse caratteristiche di una classica e tipica “zona industriale” (certo di industrie un po’ più moderne – 4.0 come si ama dire, ma pur sempre tali).

6. Mancano quasi dieci anni alla messa in funzione (se vedrà il giorno) del nuovo stabilimento. Che cosa succederà dei lavoratori, delle strutture dell’Officina, delle attività, delle conoscenze e delle esperienze in questo periodo?
Si assisterà in modo definitivo all’organizzazione di quel declino programmato che dovrà portare alla chiusura della stessa. Senza investimenti, senza formazione, senza innovazione, senza motivazione e ricerca di attività: saranno questi gli elementi che caratterizzeranno il futuro delle OBe se il progetto del nuovo stabilimento e della chiusura dell’attuale Officina dovesse concretizzarsi.
Che le FFS siano intenzionate ad andare in questa direzione non è più da dimostrare: lo ha già fatto il loro costante tentativo di “togliere ossigeno” in questi anni alle Officine, riducendo sistematicamente l’offerta di volumi di lavoro, azzerando pressoché gli investimenti, conducendo una politica del personale il cui obiettivo era evidente e “in sintonia” con il progetto ora presentato.

Alla luce di queste considerazioni, formuliamo le seguenti conclusioni, corrispondenti tra l’altro a quanto emerso anche dall’assemblea dei lavoratori del 12 dicembre 2017:

1. Fare pressione affinché l’iter legislativo dell’iniziativa popolare “Giù le mani dalle Officine: per la creazione di un polo tecnologico-industriale nel settore pubblico” pendente davanti al Parlamento sia accelerato.

2. Ribadire all’indirizzo di FFS, Consiglio di Stato e Municipio di Bellinzona, il rispetto immediato degli impegni assunti nei confronti dei lavoratori delle OBe con gli accordi sottoscritti dal 2008 in poi (Iniziativa, Tavola rotonda, Memorandum, Convenzione CdC, Piattaforma, ecc.).

3. Richiedere al Consiglio di Stato, in collaborazione con le maestranze e loro rappresentanti, che venga affidato un mandato ad una commissione “super partes” di esperti indipendenti per verificare se:
a.) All’attuale Officina sono state effettivamente sviluppate le misure di carattere produttivo e organizzativo previste dagli accordi sottoscritti dal 2008 ad oggi.
b.) Il progetto presentato negli scorsi giorni (dichiarazione di intenti) non è in contraddizione con gli accordi sottoscritti dal 2008 ad oggi.

4. Introdurre una moratoria in merito a misure di carattere occupazionale, produttivo, organizzativo tese a indebolire l’attuale struttura delle OBe e comprometterne lo sviluppo.

5. Convocare con urgenza una riunione di Piattaforma, diretta da Franz Steinegger, dove verranno evase le rivendicazioni delle maestranze.