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a cura della redazione

Il prossimo 23 gennaio Donald Trump parteciperà al World Economic Forum (WEF) di Davos. Verrà accolto dal Consiglio federale (sempre presente al WEF a omaggiare i potenti della terra); il suo arrivo in Svizzera deve essere considerato una vera e propria provocazione. È proprio in questo Forum, il WEF, dove si pianificano l’accaparramento privato della maggior parte delle ricchezze della terra, i tagli alla spesa pubblica, la deregolamentazione delle condizioni di lavoro in tutto il mondo, la dittatura dei mercati, che egli cerca una legittimità e una rispettabilità che persino i suoi pari gli negano…

Parlare di quanto ha fatto e detto Trump in un solo anno di presidenza degli Stati Uniti significa stilare un condensato di quanto di peggio le politiche neoliberali e di destra hanno messo a punto negli ultimi trent’anni.
E forse proprio in Svizzera (e anche in Ticino) abbiamo vissuto, pure in questi ultimi trent’anni, esperienze politiche che ci aiutano a capire quale sia la miscela che fa funzionare il progetto di Trump, che gli ha permesso di far girare il motore in modo impeccabile fino alla sua elezione, anche se in questi ultimi tempi comincia a perdere qualche colpo.
Ci riferiamo a personaggi come Blocher, ma anche alle posizioni e agli atteggiamenti politici di movimenti come la Lega dei Ticinesi, capaci di combinare un orientamento politico profondamente neoliberale con una retorica nazionalista che afferma di voler difendere i più umili e demuniti, in una prospettiva nazionale e sovranista. Nulla di nuovo come si vede; solo qualche commentatore colpevolmente inariato (come i Tuor di turno) hanno potuto vedere nella elezione di Trump il punto di partenza per costruire un’alternativa al liberismo sfrenato…
Disponibilità a continuare l’opera di distruzione dell’ambiente (con il recente annuncio di voler riprendere l’estrazione di greggio e gas al largo di tutte le coste degli Stati Uniti); una riforma fiscale con tagli tra i più imponenti – in particolare per le grandi aziende – della storia degli USA; il reiterato disprezzo sessista per le donne, assurto addirittura ad una sorta di filosofia politica; il rilancio della corsa agli armamenti e la volontà manifestata più volte di poter più facilmente ricorrere all’arma nucleare; una serie di decisioni di politica internazionale a sostegno dei regimi più reazionari: sono queste, e la lista potrebbe allungarsi, alcune delle scelte dell’Amministrazione Trump.
La retorica della difesa dell’America serve a malapena a nascondere un orientamento economico e sociale il cui segno regressivo e antagonistico agli interessi dei salariati non ci metterà molto ad essere compreso anche da coloro che hanno ceduto alle sirene dei discorsi in difesa dell’occupazione sui quali tanto ha puntato Trump nel corso della campagna elettorale e che, verosimilmente, gli hanno permesso di fare breccia in una imponente classe di salariati (poche società hanno una presenza così massiccia di salariati come quella USA) e delusa dalle promesse non mantenute dell’amministrazione precedente.
Come in molte altre città Svizzere, questo 23 gennaio anche in Ticino abbiamo deciso di ritrovarci per far sapere che egli non è il benvenuto in Svizzera. Non sono benvenute le idee che porta, fondate su razzismo, sessismo e una visione tra le più feroci e disumane che del capitalismo si possa avere.
Sarà un’occasione per ricordare la nostra opposizione anche a coloro che, come detto, hanno legami di parentela politica con Trump, pur agendo politicamente in questo paese.