Tempo di lettura: 2 minuti

Il Movimento per il socialismo (MPS) prende atto con soddisfazione del fatto che il Segretariato di Stato all’Economia (SECO) abbia emesso serie riserve sulla possibilità di dichiarare di forza obbligatoria il contenuto del contratto collettivo di lavoro (CCL) per il settore della vendita, sottoscritto tempo fa dalle associazioni padronali del settore e da alcune organizzazioni sindacali.

L’MPS prende atto con soddisfazione che il SECO conferma i dubbi che, a più riprese, l’MPS aveva sollevato sui dati relativi al raggiungimento del quorum necessario a dichiarare di forza obbligatoria il CCL. Tali riserve erano state oggetto di diverse nostre prese di posizione e di alcuni interventi parlamentari (interrogazioni) da parte del nostro deputato Matteo Pronzini; osservazioni alle quali il governo aveva risposto con la noncuranza e la superficialità che, sempre più spesso, contraddice le sue prese di posizione.
In particolare avevamo sottolineato come alcuni datori di lavoro (e quindi i lavoratori e le lavoratrici alle loro dipendenze) non possano essere considerati facenti parte della comunità contrattuale e quindi essere conteggiati per il raggiungimento dei diversi quorum. Infatti alcuni di loro (e non dei più piccoli, quali COOP, Migros, nonché tutti i negozi ubicati al FoxTown) sottoscrivono già altri contratti collettivi di lavoro. Poco importa che tali contratti abbiano condizioni equivalenti (o magari anche migliori di quelle previste nel CCL della vendita, cosa tra l’altro non troppo difficile): di fatto essi, pur avendo formalmente aderito a tale contratto, non possono considerarsi come parte della comunità contrattuale.
Al di là di queste ragioni di ordine formale, seppur decisive nella misura in cui la dichiarazione di obbligatorietà generale del CCL aprirebbe le porte alla messa in vigore della legge sugli orari di apertura dei negozi, non possiamo che ribadire le nostre ragioni sostanziali di opposizione a questo CCL, che avevamo considerato uno strumento di dumping salariale nel settore. Ricordiamo infatti che questo CCL prevede salari minimi di 3’200-3’300 franchi mensili: inaccettabili seppur conformi a quelli, pure inaccettabili, che il governo vorrebbe istituire come salari minimi legali.
Bellinzona, 8 febbraio 2018