I dati usciti dalle urne elettorali del 4 marzo sono impietosi e rappresentano chiaramente, pur nel quadro rifratto del voto, la drammatica situazione politica e sociale del paese e i reali rapporti di forza tra le classi dopo anni di pesanti politiche di austerità e di ripetute sconfitte e divisioni delle classi lavoratrici e dei movimenti sociali.
1. Il primo dato da sottolineare è la durissima sconfitta del PD e di Renzi che pagano il loro ruolo nella gestione delle politiche liberiste della borghesia a partire dalle fondamentali questioni dei diritti del lavoro e della scuola. L’azione reazionaria antimigranti di Gentiloni e Minniti nel tentativo di recuperare un voto che fuggiva verso destra non solo non ha impedito che gli elettori scegliessero direttamente le altre formazioni che in questi anni si sono distinte per la loro campagna razzista e xenofoba, a partire dalla Lega, ma ha contributo a costruire ed alimentare un terreno di divisione e di indebolimento della classe, in cui la causa della condizione soggettiva di emarginazione delle lavoratrici e dei lavoratori è addossata sui migranti.
Il Pd trascina nella sua sconfitta tutti quelli che ne hanno fatto parte in passato o che in qualche modo lo hanno fiancheggiato. Impossibile per Bersani, D’Alema e Grasso apparire distinti ed alternativi del Pd dopo averne per anni sostenuto le sue scelte; impossibile per SI avere un ruolo, dopo le molteplici partecipazioni con il PD nei governi regionali e locali, quando si partecipa a un formazione come quella di Liberi e Uguali. Difficile pensare che questa aggregazione possa avere un futuro, che per altro non si meriterebbe.
Come è successo già in passato con il fallimento del governo Prodi, il discredito e la ripulsa di un partito come il PD che si presenta e viene presentato come “sinistra” esercita una dinamica negativa su tutte le forze che a questa definizione ancora fanno riferimento. La ricostruzione di una vera sinistra cominciata nelle elezioni con la formazione della lista Potere al Popolo sarà inevitabilmente lunga e difficile.
2. Il secondo dato è il trionfo del M5S che va al di là di molte previsioni: la rabbia, la frustrazione e la ricerca di una soluzione diversa all’esistente hanno trovato nel partito di Grillo e Di Maio il loro punto di riferimento. Il M5S, nonostante le disavventure delle amministrazioni locali (dove in qualche situazione come Roma e Torino ha pagato un prezzo) è stato percepito in larghi settori ed in particolare al Sud come il voto utile, lo strumento possibile per un cambiamento immediato, credibile in ambienti diversi per la stessa genericità e contraddittorietà delle proposte politiche.
Il M5S diventa e si conferma un attore fondamentale ed inaggirabile della prossima fase politica con un ruolo centrale nella gestione del capitalismo italiano.
Nonostante l’avanzata di una formazione come il M5S, la percentuale di astensione rimane considerevole, confermandosi ai livelli del 2013. Oltre un quarto degli aventi diritto non trova utile nessuna delle proposte in campo, e tra gli astenuti ci sono ancora tante e tanti sfruttati ed emarginati.
3. Il terzo dato, certo il più drammatico, è l’ascesa con cifre nazionali da capogiro su scala nazionale (tanto più quelle del Nord) di un movimento reazionario e xenofobo come la Lega di Salvini. L’avvelenamento di larghi settori popolari da parte di questo demagogo, l’odio verso i migranti, la decostruzione delle solidarietà e dell’agire collettivo democratico rappresentano una grave minaccia per il futuro. Nel quadro della coalizione di destra Forza Italia viene largamente superata e il ruolo di Berlusconi viene forse messo definitivamente in secondo piano. Occorre inoltre tenere conto del risultato dell’altra forza nazionalista e reazionaria costituita da Fratelli d’Italia per comprendere quanto ci sia stato un movimento complessivo e profondo verso destra nell’opinione pubblica e nel comune sentire politico. La coalizione delle destre non riesce a raggiungere l’agognato 40%, ma gli si avvicina molto (bisognerà capire anche come questo si tradurrà in termini di seggi parlamentari), ma si propone come un soggetto fondamentale della prossima fase politica e il suo successo costituisce una prova e una condanna senza appello dell’operato dei governi di centro sinistra.
Infine non possono essere sottovalutati i risultati ottenuti da Casa Pound, a cui si aggiungono quelli di Forza nuova, che superano purtroppo la soglia dell’inesistenza elettorale riuscendo ad ottenere un ruolo politico ed una visibilità nazionale grazie agli avalli delle forze politiche e al ruolo degli apparati statali e di governo.
Le elezioni determinano tuttavia un quadro istituzionale difficilmente governabile, non avendo nessuna delle tre coalizioni raggiunto la maggioranza assoluta dei parlamentari, con l’impossibilità numerica di replicare l’esperienza delle larghe intese. Questo potrebbe portare a soluzioni di coalizione inedite, eterogenee e potenzialmente deboli, difficilmente gestibili anche dalla borghesia dominante, o anche ad una crisi istituzionale con la necessità di tornare al voto in tempi brevi. In questa situazione l’unico antidoto a soluzioni ancora più nettamente di destra è la ripresa del protagonismo delle masse popolari e della classe lavoratrice, oggi più urgente che mai.
4. Se questi risultati sono l’espressione delle sconfitte del movimento dei lavoratori, del venir meno di un ruolo e di una soggettività alternativa della classe lavoratrice, si devono obbligatoriamente tirare in ballo le direzioni delle grandi organizzazioni sindacali che hanno avallato le politiche dell’austerità gestite dal centro sinistra, privando la classe operaia della possibilità di costruire una reale resistenza ad esse, quando pure in alcune occasioni ve ne erano le condizioni concrete ed una forte richiesta da parte dei lavoratori (vedi Jobs Act e Buona scuola). Le loro responsabilità sono grandissime e sono evidenziate dagli “accordi di restituzione” firmati nel corso degli ultimi anni con i padroni e la Confindustria, da ultimo quello della scorsa settimana, una camicia di forza per impedire le rivendicazioni e la lotta dei lavoratori. I dirigenti CGIL, CISL e UIL vogliono preservare i loro apparati e il loro ruolo politico svendendo i diritti e le tutele economiche e contrattuali di tutte le categorie dei lavoratori.
Siamo di fronte a una doppia calamità: la vittoria delle diverse destre nelle elezioni e il totale collaborazionismo di classe coi padroni da parte delle maggiori organizzazioni sindacali.
E’ impensabile ricostruire una prospettiva a sinistra, antiliberista e tanto più anticapitalista, perché i due livelli non possono essere disgiunti, se non si ha la forza e la volontà di ripartire dalla dimensione sociale e sindacale, cioè dalle necessità immediate della classe lavoratrice.
Per questo ci sembra imprescindibile costruire un fronte comune di lotta di tutto il sindacalismo di classe, dalla sinistra sindacale in Cgil, che si appresta a sostenere una importante battaglia nel prossimo congresso di questo sindacato, ai sindacati di base e conflittuali.
5. Il risultato di Potere al Popolo è certo inadeguato alle necessità della fase politica, ma non certo disprezzabile di fronte agli enormi ostacoli che si paravano davanti e costituisce un prezioso punto di partenza e una concreta speranza.
L’obiettivo di ricostruire un punto di forza, combattendo la dispersione delle organizzazioni politiche e dei diversi soggetti dei movimenti sociali è solo incominciato con il frenetico e duro lavoro di questi tre mesi che ha permesso di avvicinare e coinvolgere vecchi e nuovi settori di militanza e di interlocuzione. Questo è il percorso necessario e indispensabile per aprire una nuova fase di resistenze sociali e di costruzione dei movimenti di massa. Se la cifra elettorale è stata ancora distante (ma con punte significative in alcune situazioni locali) dal quorum per ottenere la rappresentanza parlamentare, è però anche uno zoccolo significativo, tanto più perché conseguito in una congiuntura politica che ha travolto varie forze che si definivano di “sinistra”.
Sta ai protagonisti di “Potere al popolo” passare dalla campagna elettorale all’attività quotidiana nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei territori, per ricostruire le mobilitazioni per respingere i nuovi attacchi portati dal governo che la borghesia imporrà ai partiti di mettere in piedi per gestire il sistema nel quadro dell’Europa capitalista e delle sue regole liberiste.
Sinistra Anticapitalista è stata partecipe a fondo della costruzione di Potere al Popolo con l’attività unitaria, con i suoi candidati e il suo impegno in quanto organizzazione. Ringraziamo tutte le compagne e i compagni che si sono impegnati in questo difficile lavoro che ha permesso, pur nella difficile condizione data, di ottenere dei risultati politici e organizzativi significativi e utili per il futuro.
Sinistra Anticapitalista sarà impegnata consolidare la convergenza e l’unità d’azione delle forze che hanno dato vita a questo esperienza, ad allargarne il perimetro, a svilupparne la discussione politica perché possa essere protagonista della nuova fase politica che il 4 marzo inevitabilmente ha aperto.