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Il problema dello scioglimento dei contratti di tirocinio non è nuovo nel nostro cantone. In passato erano stati dedicati alla questione alcuni studi che avevano rilevato una certa persistenza del fenomeno, seppur a livelli elevati (circa il 16-18% se la memoria ci sovviene correttamente), sull’arco degli anni.

Il mantenimento del fenomeno costante, seppur alla soglia indicata, aveva fatto concludere i responsabili della formazione che si trattasse di un fenomeno in un certo senso “fisiologico”, cioè legato alla situazione formativa tipica del contratti di tirocinio in azienda.

Ora, il fenomeno sembra aver assunto una dimensione più rilevante e preoccupante, stando almeno ai dati forniti di recente dall’Ufficio federale di statistica (l’UST) e relativi al periodo 2012-2016.

Secondo questa rilevazione condotta dall’UST il fenomeno è cresciuto anche a livello nazionale dove si assesta attorno al 21% (sono le percentuali relative alle persone che sciolgono un contratto di tirocinio; rapportato al numero di contratti di tirocinio sciolti – una persona può sciogliere più contratti di tirocinio – le percentuali sarebbero ancora più elevate!). La stragrande maggioranza degli scioglimenti dei contratti avviene (oltre l’80%) avviene nei primi due anni, con una punta di quasi il 50% nel primo anno.

In questo contesto la situazione del Cantone appare, come detto, particolarmente difficile (unitamente a quella della Svizzera romanda). Pur richiamando ad una certa prudenza nella valutazione dei dati, l’UST conferma per il nostro Cantone un media di gran lunga superiore a quella federale. In particolare il tasso di scioglimento dei contratti di tirocinio si attesterebbe, complessivamente, attorno al 30%, cioè il 50% in più rispetto alla media nazionale.

Ora non vi è dubbio che questo tasso di disdetta più alto sia da ricondurre (al di là delle specificità regionali nei sistemi formativi) anche la politica condotta nell’ultimo decennio.

Ci riferiamo in particolare alla famigerata campagna “tolleranza zero” (che continua tuttora ad ispirare la filosofia del DECS) e che rappresenta una politica di collocamento a tutti i costi a tutti i costi dell’apprendista, una forzatura del mercato dei posti di tirocinio tesa a “piegare” all’offerta le ragioni della “domanda”; a questo si deve aggiungere la presenza di un numero eccessivo di aziende che, seppur formate come tali, non hanno strutture, personale e cultura aziendali tali da permettere una formazione con successo. Un fenomeno quasi unico a livello nazionale.

Alla luce di queste considerazioni chiedo al governo:

1. I dati rilevati dall’UST corrispondono alla realtà della situazione cantonale?

2. Se sì, quali sono, a mente del Consiglio di Stato, le ragioni di questa situazione?

3. Il Consiglio di Stato non ritiene opportuno avviare una riflessione (magari sulla base di uno studio approfondito come era già stato fatto in passato) su questa situazione con l’obiettivo di mettere in luce possibili proposte per arginare il fenomeno?

4. In attesa di questa riflessione e di eventuali proposte di fondo, non ritiene necessario il Consiglio di Stato prendere alcuni provvedimenti temporanei che possano in qualche modo frenare il fenomeno? Pensiamo, a titolo puramente esemplificativo:

– una maggiore sensibilità ed attenzione a livello dell’orientamento professionale tenendo maggiormente in considerazione i profili dei giovani e scartando in questo modo collocamenti che, verosimilmente, si tradurrebbero in scioglimenti del contratto di tirocinio

– un intervento maggiore e più attento degli ispettori di tirocinio, magari potenziandone gli effettivi e orientando l’attenzione di alcuni di essi proprio su questo aspetto

* Interrogazione al Consiglio di Stato del Deputato MPS Matteo Pronzini del 27 aprile 2018.