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“Come dimostra la cronaca recente, il problema del Ticino è che molti marchi di moda si sono installati “per finta” sul territorio o, comunque, con una presenza che non è autentica e non coinvolge la vera attività del business della moda”. A dirlo è Philipp Plein (CdT 29 marzo), lo stilista che ha reagito stizzito a un controllo dell’Ispettorato del lavoro, e almeno su questo possiamo concordare.

Dopo la sospetta mega-evasione fiscale organizzata dalla multinazionale Kering servendosi della Luxury Goods consede in Ticino, un altro caso di evasione fiscale e residenza fittizia nel mondo della moda è venuto alla luce grazie all’intervento della Guardia di finanza italiana I finanzieri hanno sequestrato giovedì il marchio di scarpe “Ishikawa”, poiché il titolare della ditta proprietaria del brand avrebbe occultato i guadagni – 7,5 milioni di euro tra il 2012 e il 2014 – rendendosi autore di un’evasione fiscale di oltre 3,5 milioni. Anche in questa vicenda c’è è implicata una società ticinese poiché il marchio è stato ceduto ad una società di Lugano, di cui però il titolare della ditta ravennate aveva però la piena disponibilità. L’uomo – secondo – gli inquirenti italiani – era domiciliato di fatto a Ravenna, ma figura come residente in Ticino, “continuando così ad operare in Italia in completa evasione d’imposta”.

Con l’adozione del piano di azione BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), che impone alle imprese di pagare le imposte nei paesi dove creano valore aggiunto, le autorità fiscali di altri paesi sono sempre meno disposte a tollerare pratiche volte a trasferire gli utili in Ticino. Più di un anno fa, avevo interrogato il governo (Interrogazione 16.17 del 30.01.2017) per sapere se la partenza di Armani dal Ticino fosse legata all’adozione del progetto BEPS, ma il Consiglio di Stato si è trincerato dietro il “segreto fiscale” evitando di rispondere.

In realtà dietro a queste vicende c’è ben più del segreto fiscale, c’è tutto lo sviluppo economico futuro del Ticino che è in gioco. La moda infatti è stata definita uno dei “settori promettenti” sui quale dovrebbe orientarsi il cantone in futuro nello studio “Oltre la metà del guado”, realizzato dal professor Baranzini e commissionato dal cantone. Sembrerebbe però che le ripercussioni del progetto BEPS non siano state prese in considerazione.

Consultati da vari media ticinesi Samuele Vorpe, responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI, Marco Bernasconi, esperto di diritto tributario, e Paolo Bernasconi, avvocato della Kering, hanno tutti ammesso che le imprese potrebbero andarsene dal Ticino, non a causa di imposte troppo elevate, ma delle nuove regole internazionali. Queste aziende non avrebbero più interesse a rimanere in Ticino, visto che non potranno più di eludere il fisco di altri paesi. Se rimarranno il loro imponibile risulterebbe notevolmente ridotto rispetto alla situazione attuale, dato che logistica e fatturazione non aggiungono valore al prodotto.

Appare quanto mai curioso che gli esperti si accorgano solo ora dei rischi di partenza di grandi imprese legati agli standard BEPS. Ancora più incomprensibile risulta l’atteggiamento delle autorità. Lo scorso anno si erano già schierate a favore della Riforma III della fiscalità delle imprese senza mai accennare alla questione. Quest’anno il problema si ripropone poiché sostengono nuovamente che riducendo le imposte a milionari e grandi imprese si eviterà la fuga di grandi imprese, comprese quelle della moda. Eppure già nel 2015 si sapeva che “conformemente all’indirizzo preso dall’OCSE, i marchi o diritti analoghi non possono beneficiare dell’imposizione privilegiata.” Inoltre la raccomandazione Ocse dell’ottobre 2015 che prescrive l’esclusione di marchi e know how dai regimi patent box, consente un regime transitorio fino al massimo al 2021. Era chiaro quindi che sarebbe stato impossibile continuare a mantenere l’imponibile attuale (indipendentemente dall’aliquota o dall’accettazione delle varie misure fiscali). Non sembra però che nessuno si sia premunito di calcolare la riduzione dell’imponibile delle imprese di moda, una volta entrati in funzione gli standard BEPS, né tanto meno di fornire informazioni in merito.

In vista delle prossime importanti votazioni su sgravi alle aziende, è necessario fare chiarezza su alcuni punti. Chiediamo pertanto al lodevole Consiglio di Stato

1 – Le ripercussioni del Progetto Beps sono state calcolate? Quali sarebbero i settori interessati e di quanto si ridurrebbe l’imponibile (l’introito fiscale delle imprese di moda è stato più volte citato dalle autorità stesse, ma se per ragioni di “segreto fiscale” non si volesse citare una cifra basta a che una percentuale)?

2 – la Riforma fiscale cantonale in votazione il 29 aprile propone 52,5 milioni di sgravi a milionari e grandi imprese. In caso di approvazione delle modifiche della Legge tributaria, le regole BEPS riguardanti il pagamento delle imposte dove le imprese creano valore aggiunto sarebbero comunque valide? Le multinazionali dovrebbero comunque presentare rendicontazioni paese per paese? La Svizzera continuerebbe ad aderire al programma di scambio automatico di rendicontazioni?

3 – Intervistato sul caso Luxury Goods e sul settore moda, Samuele Vorpe, ai microfoni del Quotidiano del 19 marzo, ha affermato che “spetterà ai cantoni ridurre le loro aliquote per evitare una fuga di queste società”. Se il Ticino dovesse ridurre l’aliquota delle imposte sull’utile delle aziende, le imprese della Moda potrebbero continuare a far figurare gli utili in Ticino anche se producono e creano valore aggiunto all’estero? Le multinazionali dovrebbero comunque presentare rendicontazioni paese per paese? La Svizzera continuerebbe ad aderire al programma di scambio automatico di rendicontazioni?

4 – Marco Bernasconi, intervistato da tio.ch a proposito di una possibile “Fuga dalla Fashion Valley”, afferma che a causa della bocciatura della Riforma III della fiscalità delle imprese, il 12 febbraio 2017, queste aziende hanno potuto continuare beneficiare di un privilegio per ancora qualche anno grazie agli statuti fiscali speciali.

In caso di abolizione degli statuti fiscali speciali, le imprese della Moda potrebbero continuare a far figurare gli utili in Ticino anche se producono e creano valore aggiunto all’estero? Dovrebbero comunque presentare rendicontazioni paese per paese? La Svizzera continuerebbe ad aderire al programma di scambio automatico di rendicontazioni?

5 – Sempre nello stesso articolo Marco Bernasconi afferma che «A decidere dove trasferire le sedi delle aziende sono i manager. E siccome gli stessi manager tendono a favorire i cantoni dove la tassazione per le persone fisiche è più bassa, per il Ticino esiste anche questo problema di non concorrenzialità». In che modo le scelte dei manager rispetto alla loro residenza influenzano l’applicazione degli standard BEPS da parte della Svizzera o del Ticino? Nel settore della moda in particolare le scelte della residenza dei manager possono permettere di aggirare gli standard BEPS?

6 – nello studio “Oltre la metà del guado” sono state prese in conto le ripercussioni del progetto BEPS? Per quali settori?

7 – nello studio si afferma, a proposito del settore Moda: “È rimasta nel Cantone un’importante componente produttiva (…). Una componente che occupa ancora quasi 2’000 collaboratori equivalenti a tempo pieno e potrebbe ancora rifiorire indirizzandosi verso speciali abbigliamenti tecnici.” A noi risulta che gran parte dei lavoratori attivi in questa componente produttiva sono alle dipendenze dalla Consitex Sa, società del gruppo Zegna. È esatto? Quali altre grande case di moda presenti in Ticino hanno un comparto produttivo?

8 – esiste un CCL o un CNL nel settore dell’industria tessile e dell’abbigliamento? Quali sono i salari minimi mensili? Tutte le imprese del settore sono firmatarie?

9 – nell’industria tessile, quale è la percentuale di dipendenti con una formazione primaria? Nella pubblicazione dell’Ustat, “I comparti economici” troviamo che:

“La struttura del settore secondario ticinese secondo il livello di formazione dei salariati evidenzia l’importante presenza di lavoratori non specializzati (che hanno al massimo concluso una formazione primaria) i quali rappresentano il 43,2% dei salariati (al cospetto del 22,8% in Svizzera). I dipendenti che hanno terminato un apprendistato rappresentano poco più di un terzo (il 35,1%) dei salariati del secondario ticinese (il 51,1% in Svizzera). I lavoratori con una formazione secondaria generale, una formazione terziaria professionale e una formazione universitaria fanno il 7,1% e il 6,2% in Ticino e il 9,4% e l’8,6% in Svizzera”

Sono ancora valide queste cifre?

10 – oltre a questo comparto tessile la Moda in Ticino possiede centri di logistica. Nello studio sopracitato si afferma a questo proposito: Economicamente non è poi certo trascurabile l’apporto fiscale dei centri di logistica integrata, ormai da porre fra i migliori contribuenti del Cantone, persino meglio delle maggiori banche.

Nello studio dell’Osservatorio dello sviluppo territoriale “Attività economiche e uso del suolo nel Cantone Ticino 2000-2010” a proposito della logistica si afferma:

“la rapida crescita di queste attività comporta un uso del suolo non indifferente, quindi indirettamente costi aggiuntivi per i comuni coinvolti (anche soltanto in termini di infrastrutture e di opere di urbanizzazione), non sempre compensabili con le imposte pagate da queste aziende (in ragione del numero esiguo di addetti, ma anche della ramificazione nazionale e internazionale in cui si inseriscono). Questa valutazione va certamente approfondita, tuttavia già sin d’ora ci si può chiedere se queste attività non debbano essere monitorate meglio e non vi siano i margini di manovra per riflettere ad eventuali misure di contenimento.”

Se le imprese come la Luxury Goods dovessero pagare le tasse in base al valore aggiunto della sola attività di logistica risulterebbero ancora vantaggiose?

11 – esiste un CCL o un CNL nel settore della logistica con salari minimi vincolanti? Quali sono i salari minimi mensili? Tutte le imprese del settore sono firmatarie?

12 – l’altro comparto importante nel settore moda sembra essere quello del commercio all’ingrosso. Rispondendo a una precedente interrogazione (19.16) il Consiglio di Stato aveva fornito le seguenti cifre: nei settori “Commercio all’ingrosso di prodotti tessili” e “Commercio all’ingrosso di capi d’abbigliamento” in Ticino erano attive 183 aziende per un totale di circa 2’640 dipendenti. Queste cifre sono sempre attuali? Sono state esaminate le possibili ripercussioni dell’adozione degli standard BEPS su questo settore?

13 – Nel settore del commercio all’ingrosso è stato introdotto un CNL. Quale è stato il tasso di abusi che ha portato all’adozione del CNL, in particolare delle imprese legate alla moda? Quali sono i salari minimi previsti dal CNL e per quante ore settimanali?

14 – quanti addetti sono attivi in Ticino nel settore del design e della progettazione legati alle imprese di moda?

15 – l’Italia, con un decreto del 28 novembre 2017, ha rivisto il “regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili” escludendo dai patent box non i redditi derivanti dall’uso di marchi. Nel Messaggio della RIF Ill, il Consiglio federale riprendeva il concetto stabilito dal progetto BEPS, ossia che i marchi non qualificano per l’imposizione privilegiata assicurata dal Patentbox (punto 5.2.3. Messaggio RIF Ill). Nel rapporto esplicativo sul Progetto 17 si precisa che il Lizenzbox del canton Nidvaldo, unico in Svizzera a prevedere un modello di tassazione privilegiata dei redditi da diritti immateriali, è stato giudicato non conforme e modificato.

Il Consiglio di Stato ritiene che la sua proposta di includere il design nel Patent box abbia ancora speranze di essere attuata? Come mai il Consiglio di Stato – nell’ambito della procedura di consultazione sul Progetto 17 – ha chiesto espressamente di includere il design?

16 – Il Consiglio di Stato, in risposta alla consultazione federale sul Progetto 17 scriveva: non è comprensibile il motivo per cui il Consiglio federale intenda ora restringere il campo di applicazione del Patentbox escludendo design e software e precludendo in questo modo l’accesso a questo nuovo strumento sia a molte società della moda presenti nel nostro Cantone, sia ad un ramo, quello informatico, che può essere considerato un settore strategico per il futuro. Effettivamente sia la moda che l’informatica sono stati considerati due comportati d’avvenire per il cantone. È ora chiaro perché i marchi e il software non possono essere inclusi? Quali sono esattamente le ripercussioni per il Ticino?

*Interrogazione del Deputato MPS Matteo Pronzini del 2 aprile 2018.