Licenziamento dall’Arma dei carabinieri per i due militari che a Firenze sono accusati di aver violentato due ragazze americane dopo averle riaccompagnate a casa con l’auto di servizio da una discoteca, la notte del 7 settembre 2017. Il Comando generale ha deciso, al termine di un procedimento disciplinare, la perdita del grado e la destituzione dall’Arma per l’appuntato Marco Camuffo e il carabiniere scelto Pietro Costa. In concreto, cessa il loro rapporto di lavoro col ministero della Difesa, mentre sulla vicenda sono in corso un procedimento penale per violenza sessuale presso il tribunale di Firenze e un altro per reati militari presso il tribunale militare. Sono entrambi alle prime battute. Invece l’iter dell’ente di appartenenza è stato più veloce. E venerdì c’è stata la notifica. Verso l’ora di pranzo i due carabinieri sono stati convocati in caserma per ricevere il provvedimento scritto, firmato da un generale.
Camuffo e Costa erano già sospesi dal servizio e tenuti a metà stipendio, ma adesso sono formalmente fuori dai ranghi. La decisione dell’Arma, si ricostruisce da fonti legali, è basata sulle gravi accuse che risultano da informative e indizi che lo stesso comando avrebbe ricevuto via via nei mesi scorsi sia dalla procura di Firenze, sia dal procuratore militare. Anche in assenza di una sentenza di un tribunale, la sola, pesante accusa di aver violentato le due giovani americane a Firenze e trasgredito ai regolamenti militari sarebbe motivo sufficiente per la destituzione. L’avvocato Giorgio Carta, uno dei difensori di Costa, annuncia battaglia: «Costa e Camuffo hanno ammesso il rapporto sessuale consenziente con le ragazze, ma non sono degli stupratori. Sono certo che verrà dimostrata la loro innocenza nel processo penale e allora chiederemo la loro riammissione nell’Arma».
«Capii che si era realizzata un’occasione di sesso e così ci siamo comportati da maschietti», aveva raccontato uno dei due davanti alla pm nel corso dell’interrogatorio. L’altro collega ha ammesso di «aver violato i suoi doveri» giurando però di non essere un mostro.
Inoltre, «valutiamo anche se fare ricorso al Tar contro questo provvedimento», ha aggiunto il legale, facendo poi notare che «il Comando generale sembra aver avuto una certa fretta ad irrogare la sanzione nei confronti dei due militari», «forse ha risentito della pressione mediatica» sulla vicenda. «Certo, nella decisione disciplinare – ha proseguito – ha pesato per entrambi l’aver avuto rapporti sessuali in servizio con le due americane. Ma nessuno ha stuprato nessuno» e comunque «in questo modo la presunzione d’innocenza non è rispettata perché ancora non c’è stato alcun processo». «Sono stati sanzionati della perdita del grado per rimozione – ha spiegato l’avvocato Andrea Gallori di Firenze, altro difensore di Costa -. In sostanza significa che cessa il loro rapporto di lavoro» con l’Arma dei carabinieri. I difensori puntano tutto sul processo penale per reintegrare Camuffo e Costa. La procura di Firenze si appresta a formulare la richiesta di rinvio a giudizio mentre davanti al tribunale militare di Roma è fissata il prossimo 27 giugno l’udienza preliminare per i reati di concorso in ‘violata consegna’ e in ‘peculato militare’: questa seconda accusa riguarda l’uso dell’auto di servizio in quella circostanza.
Le due studentesse americane, lo scorso febbraio, sono state interrogate per dodici ore di fronte al giudice Mario Profeta a Firenze. Dei 250 quesiti preparati dai difensori dei militari alcuni sono stati censurati proprio dal giudice. L’interrogatorio è avvenuto nel corso dell’incidente probatorio vuol dire che sarà assunto come prova in caso di processo. E le due ragazze non dovranno più sottoporsi al fuoco di fila delle domande che proprio il giudice definì “sadiche” che caratterizzano un processo per stupro sempre sul filo della “vittimizzazione secondaria”, la colpevolizzazione della vittima. Lo disse anche il pm del processo Diaz che processare un uomo in divisa è difficile come processare uno stupratore perché in entrambi i casi sono le vittime a finire sotto processo. E in questo caso, se il Gup dovesse stabilire un processo, ci sarebbero due uomini in divisa imputati proprio di violenza sessuale. In quei giorni venne diffusa questa sintesi di quell’interrogatorio.
Avvocato Cristina Menichetti (difensore del carabiniere Marco Camuffo): “Prima di arrivare al rapporto sessuale non si era scambiata nessuna effusione con Camuffo, effusioni consensuali e reciproche?”.
Avvocato: “Durante questo rapporto il carabiniere l’ha mai minacciata, ad esempio urlando o con le mani?”.
Risposta: “Nessuna minaccia esplicita però mi sentivo minacciata dal fatto che lui porta un’arma”
Avvocato: “Quindi ha usato la forza per sottometterla?”.
Giudice: “Cosa intende per forza avvocato?”.
Avvocato: “Se ha dovuto forzarla, esercitare una certa pressione, se è un gesto violento con una certa vis impressa nel gesto”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Non ha lottato fisicamente? Volevo sapere se Camuffo ha esercitato violenza…”. Il legale descrive particolari minuziosi del rapporto sessuale.
Giudice: “Che brutta domanda avvocato. Sono domande che si possono e si devono evitare nei limiti del possibile, perché c’è un accanimento che non è terapeutico in questo caso… Non bisogna mai andare oltre certi limiti. È l’inutilità a mettere in difficoltà le persone, non si può ledere il diritto delle persone”.
Avvocato: “Lei trova affascinanti, sexy gli uomini che indossano una divisa?”.
Giudice: “Inammissibile, le abitudini personali, gli orientamenti sessuali non possono essere oggetto di deposizione”.
Avvocato: “Lei indossava solo i pantaloni quella sera? Aveva la biancheria intima?”. Domanda non ammessa.
Avvocato Giorgio Carta (difensore del carabiniere Pietro Costa): “In casa avevate bevande alcoliche? Lei ha bevuto dopo che i carabinieri sono andati via?”. Anche l’avvocato Carta cita esplicitamente il rapporto sessuale.
Giudice: “Non l’ammetto, non torno indietro di 50 anni”.
Avvocato: “Alla sua amica hanno sequestrato tutti i vestiti compresi slip e salvaslip, voglio capire se lei ha nascosto qualche indumento alla polizia”. Domanda non ammessa.
Giudice: “Si fanno insinuazioni antipatiche, perché si dovrebbe nascondere alla polizia degli indumenti?”.
Avvocato: “Penso che qualcuno abbia finto un reato, io non voglio sapere come lei circola, con o meno gli indumenti, voglio sapere se ha dato tutto alla polizia”.
Giudice: “Ricorda il momento in cui le hanno sequestrato gli indumenti?”.
Ragazza: “No”.
Avvocato: “Io non ci credo che non lo ricorda”.
Giudice: “Non possiamo fare la macchina della verità”.
Avvocato della ragazza: “Giudice, vorrei sapere a che punto siamo delle 250 domande annunciate dall’avvocato”.
Giudice: “Se sono come le ultime sono irrilevanti, andiamo avanti. Se stiamo cercando la spettacolarizzazione avete sbagliato canale”.
Avvocato: “La ragazza si è sottoposta a una visita ginecologica sulle malattie virali. Possiamo sapere l’esito di questa visita?”.
Giudice: “Sta scherzando avvocato? Questo attiene alla sfera intima non è ammesso questo genere di domande. Ripeto: non torno indietro di 50 anni, non lo consento a nessuno”.
Avvocato: “Si può sapere se ha una cura in corso?”.
Giudice: “No”.
Avvocato: “È la prima volta che è stata violentata in vita sua?”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Quando era in discoteca ha dato una o due carezze ad un carabiniere?”. Domanda non ammessa.
La ragazza racconta: “Non mi ricordo tutto, ero ubriaca, però mi ricordo che ci siamo baciati e che lui mi ha tirato giù la maglietta. Mi ricordo che ha cercato di toccarmi nelle parti intime, che ha tirato fuori il pene e io ero assolutamente in choc. Ero così sconcertata, però, ero talmente ubriaca, mi sentivo indifesa non avevo la forza di dire o fare qualcosa. Mi ricordo che gli dissi di no, non volevo avere un rapporto con lui. Dopo non ricordo più niente. So che abbiamo avuto un rapporto”.
Giudice: “Allora come fa a dire che ha avuto un rapporto? Glielo chiedo con rispetto ma questo aspetto deve essere chiarito”.
Ragazza: “Perché sentivo fastidio alle parti intime”.
Avvocato: “Quando è entrata in Europa ha dichiarato che aveva soldi in contanti? Alla dogana ha dichiarato i soldi?”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Ha un fidanzato?”.
Giudice: “Cosa ci interessa avvocato?”.
Avvocato: “Voglio sapere se ha un fidanzato, se è un poliziotto ecc…”.
Avvocato: “È stata arrestata dalla polizia negli Stati Uniti? Ha precedenti penali?”.Giudice: “Domanda non ammessa. Non si può screditare un teste sul piano della reputazione, lo si può fare sul contenuto delle dichiarazioni. Se un teste non è una persona sincera lo dobbiamo rilevare dal contenuto delle dichiarazioni”.
Avvocato: “A che titolo risiede negli Stati Uniti? (la ragazza è di origine peruviana, ndr). Era preoccupata per il suo titolo di permanenza negli Usa?”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Ha mai visitato un negozio di divise a Firenze?”.
Giudice: “Ma che ci interessa! Non è rilevante!”.
Avvocato: “Ha mai fotografato il volantino di questo negozio?”.
Giudice: “Non è rilevante”.
Avvocato: “Ha scambiato il numero di telefono con il carabiniere quella sera? Ha promesso a un militare di rivedervi nei giorni successivi? Prima che le venisse sequestrato il telefono ha cancellato una telefonata?”.
Avvocato: “Lei ha bevuto durante il tragitto dentro la macchina dei carabinieri?”.
Avvocato: “Non le è sembrato strano che i carabinieri accompagnassero a casa le persone?”. Domanda non ammessa.
Avvocato: “Il carabiniere si è accorto che lei era ubriaca?”.
Giudice: “Non va bene avvocato, stiamo chiedendo a una persona ubriaca, affermazione senza offesa visto che l’ha detto lei, se avesse la capacità di rendersi conto del suo interlocutore”.
Avvocato: “Ha mai detto al carabiniere che non avrebbe voluto fare sesso con lui?”. Domanda non ammessa e riformulata.
Ragazza: “Dopo che lui ha tirato giù il top volevo che smettesse”. Avvocato: “Il carabiniere ha insistito per avere contatti con lei? Ha insistito silenziosamente, con gesti e parole, perché uno insiste a un no…”.
Giudice: “Ha manifestato questo non gradimento con comportamenti espliciti?”.Ragazza: “No, non avevo forza nel mio corpo”.
Giudice: “E con questa risposta non accetto più domande così invadenti”.
Avvocato: “Perché dobbiamo privarci di scoprire la verità, la ragazza muore dalla voglia di dire la verità, sentiamola se è salita a piedi…”.
Giudice: “Che ironia fuori luogo, ora sta andando oltre il consentito. C’è una persona che secondo l’accusa ha subito una violazione così sgradevole e lei fa dell’ironia? Io credo che non sia la sede”.
Avvocato: “Avevate alcolici a casa? Ha bevuto alcolici dopo che i carabinieri erano andati via?”.
Avvocato: “Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?”
Avvocato: “Cosa diceva esattamente la sua amica quando urlava? Erano urla di parole o semplicemente urla di dolore?”.
Giudice: “No, fermiamoci qui, il sadismo non è consentito”.