Non senza polemiche si svolgerà a Lugano, il prossimo fine settimana, il Pride 2018.
Un’occasione per dichiarare chiaramente il nostro No all’omofobia e alla repressione degli orientamenti sessuali giudicati “anormali o diversi”. Un momento importante a cui va la nostra adesione e il nostro sostegno.
Infatti nonostante alcuni riconoscimenti, pensiamo per esempio all’unione domestica registrata, o alla sempre più frequente dichiarazione da parte di personaggi più o meno conosciuti della loro omosessualità o transessualità, ancora oggi molte persone sono vittime di violenza o di discriminazione a scuola, sul posto di lavoro, nelle società sportive o in famiglia a causa delle loro orientamento sessuale.
Il Pride diventa quindi un’occasione per rompere questo silenzio e questo isolamento e per dare coraggio a chi si sente escluso o abbandonato.
Le recenti polemiche e i pesanti attacchi portati avanti dalla destra e dalle frange più intransigenti della Chiesta dimostrano la necessità e l’attualità di questa manifestazione. Si tratta di un movimento che seppur con contraddizioni interne (e chi non ne ha) porta avanti con coraggio e autorevolezza un’istanza di libertà, autodeterminazione, parità e laicità molto forte e che va oggi più che mai sostenuta e condivisa. Il movimento ha anche saputo porre con fermezza al centro del dibattito politica la questione dell’educazione al genere e della lotta agli stereotipi nelle scuole o nei libri di testo. Si è fatto portavoce di battaglie per la prevenzione e l’educazione sessuale tra i giovani e le giovani.
Alcuni sostengono che questo movimento sia caduto in una logica normalizzatrice attraverso, per esempio, la rivendicazione del diritto al matrimonio. Se da una parte questo può essere vero, dall’altra questa stessa rivendicazione può e deve essere letta come una richiesta di parità di diritti, di libertà di scelta, se sposarsi o meno, ma non necessariamente esprime la volontà di tutti i gay e le lesbiche di sposarsi.
Non si giustifica nemmeno la critica che sostiene che il movimento difenda i diritti civili dimenticando i diritti sociali. In realtà tale distinzione è irreale: diritti sociali e diritti civili sono due facce della stessa medaglia, e vanno difesi insieme perché intrinsecamente connessi. Chi rischia di subire più licenziamenti discriminatori con l’abbattimento delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici? I diritti sociali e quelli civili delle persone non sono divisibili, non possono essere elargiti arbitrariamente, in barba all’equità e all’eguaglianza.
Certo non possiamo e non dobbiamo nascondere che dietro questo movimento si celi il rischio di una forte commercializzazione che può snaturare la natura politica della questione e indebolire le stesse rivendicazioni. Non si può nemmeno far finta che all’interno del movimento stesso non ci sia un’egemonia maschile che tende a dimenticare le rivendicazioni femministe e riproduce dentro il movimento dinamiche maschiliste e discriminatorie. Si tratta di questioni che certamente il movimento affronta e dovrà affrontare.
Ciò non toglie che questo movimento esprime istanze di liberazione e autodeterminazione offrendo quindi la possibilità reale di tematizzare la necessità di un cambiamento radicale di una società capitalista fondata sull’oppressione.
Sosteniamo quindi il Pride e le sue rivendicazioni, partecipando alla manifestazione del 2 giugno e dichiarando apertamente la nostra adesione. In questo senso andava la richiesta delle due consigliere comunali di MPS-POP-Indipendenti al consiglio comunale di Bellinzona; richiesta respinta a due riprese dalla maggioranza del CC e che di certo non fa onore a una città che si vuole aperta e democratica. Insomma una grande occasione mancata.