Lo avevamo detto fin dalle prime battute della campagna per la raccolta delle firme per il referendum: la configurazione nella quale nasceva la contestazione della politica fiscale del governo non era delle migliori, mancando uno dei requisiti fondamentali per la vittoria di qualsiasi contestazione referendaria da parte del campo, chiamiamolo così, “progressista”: e cioè la sua unità.
Solo partendo da questa precondizione il campo progressista può attirare forze sociali dell’altro campo, attraverso un’adeguata campagna, e avere qualche possibilità di ribaltare il risultato negativo ottenuto a livello istituzionale.
Purtroppo, così non è stato. Il pronunciamento di settori istituzionali della sinistra social-liberale (il consigliere di Stato Bertoli, buona parte del gruppo parlamentare PS, settori sindacali diretti da queste stesse forze come la VPOD, etc.) ha permesso alla destra di avere una sponda per la propria strategia: quella di mettere al centro del dibattito essenzialmente il cosiddetto pacchetto “sociale” che, ai loro occhi, rendeva legittimo il pacchetto fiscale.
È nata così, con questa connivenza fin dalla fase di impostazione del progetto (la scorsa estate come ha onestamente ammesso in un articolo di stampa il deputato Raoul Ghisletta), la campagna incentrata su una presunta “simmetria dei vantaggi” che ha reso difficile, fin dall’inizio, la campagna referendaria.
Non è la prima volta che il fronte social-liberale salva Vitta: lo aveva già fatto, ad esempio, invitando a votare, nel settembre 2016, due volte Si (all’iniziativa MPS e al controprogetto del governo) sul tema della lotta al dumping: l’iniziativa MPS era stata sconfitta per poco. O, ancora, con il tiepido, e con l’opposizione dei suoi settori sanitari, all’iniziativa MPS “Giù le mani dagli ospedali” respinta, anche per pochissimo, nel giugno 2016. Questa volta, e i dati sono lì a dimostrarlo, hanno dato una mano decisiva a Vitta & Co.
Alla luce di queste considerazioni fondamentali il risultato ottenuto ci sembra estremamente positivo, risultato di una campagna condotta con determinazione soprattutto da quelle forze politiche e sindacali che, fin dall’inizio, hanno creduto, senza esitazioni, a questa battaglia e si sono spese per cercare di far prevalere un punto di vista diverso.
La campagna condotta ha permesso in sostanza di realizzare due aspetti fondamentali:
– da un lato dimostrare la profonda iniquità contenuta negli sgravi fiscali; ha convinto poco la tesi del governo che questi sgravi fiscali avessero ricadute positive dal punto di vista economico e dal punto di vista della tenuta del gettito fiscale cantonale
– dall’altro dimostrare la pochezza e una certa aleatorietà della cosiddette misure “sociali”, diventando a tutti chiaro che esse erano ostaggio degli sgravi fiscali e che non vi era nessuno volontà reale, in chi le proponeva, di avviare mutamenti fondamentali nella politica sociale del Cantone nell’ambito degli asili nido e del sostegno ai giovani.
L’MPS ha affrontato con decisione e impegno questa campagna, mettendo tutte le sue forze nel cercare di demistificare la cosiddetta “simmetria dei vantaggi”, cercando di dimostrare come, proprio sul falso assunto di “misure sociali” in cambio di sgravi fiscali, si sia organizzato quello che abbiamo definito un “grande imbroglio”.
La campagna, come detto, partiva da un rapporto di forza sfavorevole a livello istituzionale (i favorevoli al progetto hanno martellato in continuazione sul fatto che per il 70% del Parlamento avesse approvato la riforma); aver raggiunto quasi il 50% di NO, con l’handicap decisivo di cui abbiamo detto sopra, rappresenta sicuramente un grande risultato a partire dal quale tentare di costruire nuove opposizioni, sul terreno sociale e su quello istituzionale, con la speranza di apportare uno stop alle politiche neoliberali sia a livello cantonale che a livello nazionale.
L’MPS ringrazia tutte e tutti coloro che si sono attivati in questa campagna, per molti aspetti difficile, ma che ha mostrato la possibilità di contestare la posizioni del fronte padronale e dei suoi partiti di riferimento.