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A ormai 27 anni di distanza dal 14 giugno 1991, l’idea di uno sciopero delle donne ritorna d’attualità in Svizzera. Su iniziativa di un gruppo di femministe romande provenienti da associazioni femministe, sindacati o partiti di sinistra, si sono svolte a Losanna lo scorso 2 giugno le “Assises féministes romandes”. Scopo dell’incontro era discutere e lanciare uno sciopero delle donne per il 2019.

Alla giornata hanno partecipato più di un centinaio di donne, giovani e meno giovani, alcune legate a strutture sindacali o partitiche di sinistra, altre attive all’interno di organizzazioni femministe, altre ancora non appartenenti ad alcun gruppo. La proposta di indire uno sciopero femminista è stata accolta con entusiasmo da tutte. Su questa idea e decisione ha certamente influito il successo degli scioperi delle donne avvenuti lo scorso 8 marzo in diversi paesi del mondo, in particolar modo l’immenso e impressionante sciopero delle donne spagnole, senza dubbio la più grande mobilitazione di massa cha abbia avuto luogo negli ultimi anni in Europa. La scelta della data è però caduta, volutamente, su un giorno dal forte valore locale, ovvero il 14 giugno 2019. E può anche – a prima vista – sembrare molto “svizzero” annunciare e organizzare uno sciopero con un anno di anticipo, tuttavia l’impresa non è certo semplice e richiede enormi sforzi sia sul piano organizzativo sia su quello comunicativo per riuscire a portare alla partecipazione il maggior numero possibile di donne. Organizzare uno sciopero richiede sempre un impegno ben più importante che non organizzare una semplice manifestazione. Ma organizzare uno sciopero delle donne è senza dubbio qualcosa di ancora più complesso, proprio per la natura multiforme del lavoro femminile, che non è solo il lavoro salariato, retribuito, ma è anche il lavoro non retribuito, ovvero il lavoro domestico e di cura che ancora oggi è svolto in larga misura dalle donne.

Lo sciopero sarà dunque uno sciopero dai mille volti: uno sciopero del lavoro produttivo, uno sciopero del lavoro riproduttivo (domestico e di cura), uno sciopero del consumo, etc e saranno molteplici anche le possibili forme di lotta adottate dalle donne per esprimere la loro adesione, dalla più classica astensione dal lavoro retribuito ad altri tipi di azione capaci di esprimere l’importanza e il valore di ogni tipo di lavoro svolto dalle donne.

Perché scioperare?

Se un nuovo sciopero è parso necessario a tante donne è perché – nonostante l’introduzione di alcuni importanti diritti per le donne, come il congedo maternità, il diritto all’aborto e la legge sulla parità – l’impressione generale è che la situazione non stia affatto migliorando. E questo all’interno di diversi ambiti delle nostre vite: sia nel mondo del lavoro, in cui persistono discriminazioni economiche ancora molto elevate, sia nella sfera privata, a livello della difficile condivisione tra uomini e donne del lavoro domestico e di cura. Il sessismo e la violenza di genere, declinati in vario modo, fanno inoltre parte del quotidiano di molte donne, senza che vi sia nella società svizzera nel suo complesso una vera presa di coscienza della portata e dell’importanza di questi fenomeni.

Di fronte a questi scenari tutt’altro che rosei, sempre più donne si stanno rendendo conto che per ottenere cambiamenti reali non possiamo più contare né sulle autorità politiche, né sui tribunali. La palese inefficacia della via paritaria istituzionalista e legalista è ormai sotto agli occhi di tutte e tutti: basti vedere come anche delle misure assolutamente minimaliste in favore della parità facciano ancora oggi fatica a passere all’interno di un mondo politico dominato in larga misura da uomini – e in particolare da uomini borghesi e di mezza età. Anche chi aveva riposto le sue speranze nell’applicazione della legge sulla parità è costretta oggi ad ammettere che nel concreto rarissimi sono i casi in cui le donne che denunciano di aver subito una discriminazione di genere in ambito lavorativo – molestie, licenziamenti dopo la gravidanza, disparità salariale, etc – riescono a vincere. (Cf. lo studio condotto dalla prof. K. Lempen “Analyse de la jurisprudence cantonale relative à la loi sur l’égalité entre femmes et hommes (2004-2015)”).

Sempre più, infine, si assiste a tentativi di instaurare una parità al ribasso, come previsto con la proposta di innalzamento e parificazione dell’età pensionabile delle donne a 65 anni. Ed anche la progressiva entrata di sempre più donne all’interno del mondo del lavoro, si è generalmente tradotta con l’affermazione e l’espansione di condizioni lavorative sempre peggiori. Non solo i settori professionali tradizionalmente “femminili” – pulizie, lavoro di cura, etc – continuano ad essere tra i peggio retribuiti e i più precarizzati, ma man mano che un settore si femminilizza, ovvero vede l’entrata di un numero più grande di lavoratrici (pensiamo al mondo della scuola), le condizioni (sia salariali, sia lavorative) di tale settore tendono a peggiorare.

Uno sciopero femminista per trasformare la società

L’accesso di poche donne a posizioni di potere, sia all’interno del mondo politico sia di quello economico, non ha cambiato in alcun modo la condizione della maggioranza delle altre donne. Questo femminismo del “farsi avanti” (lean in – come lo chiamano negli Stati Uniti), insito in molti discorsi e in tutte quelle politiche sulle pari opportunità che riducono l’emancipazione a una questione individuale e la discriminazione di genere a un fatto di natura essenzialmente culturale, non potrà mai portare alla liberazione di tutte le donne. Per dirla con le parole di Nancy Fraser, il femminismo non è chiedere pari opportunità per scalare le gerarchie esistenti, il femminismo è rimetterle in discussione. La discriminazione di genere non è un semplice malfunzionamento di istituzioni in qualche modo riformabili e migliorabili, l’oppressione e lo sfruttamento delle donne sono elementi fondanti del sistema economico e sociale capitalista. Viviamo in un sistema che ha bisogno del lavoro gratuito delle donne, che ha bisogno di sistematicamente svalorizzare ciò che in realtà ha più valore, ovvero il lavoro di riproduzione sociale, che ogni giorno produce e riproduce le nostre vite. Lo sciopero delle donne sarà dunque anche un’occasione importante per ridare al femminismo la sua anima sovversiva originaria, per iscrivere le nostre rivendicazioni all’interno di una visione internazionalista e di reale cambiamento sociale.

La presa di coscienza della necessità di altre forme di lotta e mobilitazione va, dunque, di pari passo con l’allargamento delle rivendicazioni femministe messe in primo piano. Sebbene una vera propria lista di rivendicazioni alla base dello sciopero non esista ancora, la scelta di aprire le discussioni a 360° sulle varie forme di discriminazioni che toccano le donne è senz’altro il segno di un approccio femminista che vuole agire in un ottica chiaramente intersezionale e di trasformazione sociale profonda.

Sono stati infatti proposti 5 assi tematici, attorno ai quali si svilupperanno le future rivendicazioni per lo sciopero femminista:

1) Lavoro (riproduttivo e riproduttivo) – parità salariale – assicurazioni sociali
2) Violenza – molestie sessuali – sessismo LGBT
3) Migrazione – razzismo – solidarietà internazionale – ecofemminismo
4) Capitalismo – patriarcato / educazione – consumo
5) Politica – spazio pubblico

Le varie discriminazioni che colpiscono le donne sono concepite come interconnesse e le vie per l’emancipazione non possono che essere collettive. Per spezzare quelle “catene globali di cura”, per cui il lavoro di riproduzione sociale di uomini e donne occidentali è sempre più delegato alle donne migranti, e per non ridurre le politiche femministe a misure volte ad adattare le nostre vite a un sistema di produzione concepito su un modello ‘maschile’, occorre dunque porre insieme le basi per un femminismo intersezionale e capace di ripensare nel suo complesso l’organizzazione sociale ed economica.

Inizia un anno femminista, anche in Ticino

Si apre dunque un vero e proprio anno femminista, durante il quale costruire una rete a livello regionale e nazionale capace di coordinare le azioni e le mobilitazioni e costruire collettivamente una partecipazione la più ampia possibile, allargandosi ben altre alla stretta cerchia delle “già convinte”, ma riuscendo a parlare e coinvolgere tutte le donne, svizzere e migranti, salariate e casalinghe, studentesse, lesbiche, anziane, etc.

In Ticino, il collettivo femminista “Io l’8 ogni giorno” ha da subito aderito e preso parte all’incontro di Losanna e sta organizzando per il prossimo sabato 1° settembre una giornata ticinese di discussione e lancio dello sciopero femminista, coinvolgendo varie donne attive in diverse realtà ed associazioni.
Durante la giornata verranno discussi i 5 assi tematici e le possibili modalità organizzative dello sciopero.

Il collettivo “Io l’8 ogni giorno” invita sin d’ora ogni donna interessata a partecipare in vario modo a prendere contatto (info@iolotto.ch). Le possibili collaborazioni sono tantissime: dallo spettacolo teatrale su temi femministi, alla conferenza-dibattito, ad una flash mob su questioni di genere, etc.