Tempo di lettura: 4 minuti

Il comitato ticinese contro il Progetto fiscale 17, costituito lo scorso mese di giugno, ha preso atto delle recenti comunicazioni relative alla evoluzione del Progetto fiscale 17 presentato la scorsa primavera dal Consiglio Federale.

Il Comitato ha in particolare preso atto delle recenti deliberazioni della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio Nazionale che sembra ormai essere orientata a seguire le modifiche al progetto già introdotte, nel mese di giugno Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati.

Queste proposte, che modificano in parte quelle formulate nel messaggio del Consiglio Federale, sembrano godere di un ampio consenso parlamentare e anche le direzioni delle organizzazioni sindacali nazionali sembrano sostenere questa impostazione.

La versione definitiva del progetto, con queste nuove proposte ispirate al principio di una “compensazione sociale” degli sgravi dovrebbe essere sottoposta alle deliberazioni finali del Parlamento già nella sessione autunnale in settembre.

Le proposte delle due commissioni modificano in modo importante il progetto governativo, in particolare per quel che riguarda gli aspetti “sociali” che dovrebbero accompagnare la riforma fiscale e che dovrebbero porre le condizioni per una sua accettazione dopo che nel febbraio 2017 la maggioranza dei votanti aveva respinto la Riforma III delle imprese: “Per la maggioranza della Commissione è evidente che sia necessaria una compensazione sociale affinché la riforma possa essere accettata anche dal Popolo”.

La nuova proposta dovrebbe mettere a disposizione dell’AVS una somma corrispondente a quella che le aziende si vedrebbero sgravate con le misure di ordine fiscale.

Nel dettaglio gli sgravi fiscali (una serie di misure in buona parte riprese da quelle rifiutate nel febbraio 2017 con l’aggiunta di ulteriori sgravi) sarebbero pari a circa 2,1 miliardi di franchi (ma potrebbero anche lievitare) e verrebbero “controbilanciati” da un’uguale somma destinata all’AVS. Allo stato attuale questi 2,1 miliardi verrebbero raggiunti attraverso tre misure: l’aumento dei contributi AVS versati da lavoratori e datori di lavoro (per circa 1,2 miliardi), un aumento dell’IVA (per circa 520 milioni) e un aumento del contributo all’AVS da parte della Confederazione (circa 385 milioni).

Il nostro cantone, proprio in relazione ad un riforma fiscale che aveva la sua ragione di essere proprio nel voler “anticipare” le conseguenze dell’annunciata riforma federale, ha mostrato di essere assai scettico su proposte di sgravi fiscali e sull’idea di barattare sgravi fiscali per aziende e grandi patrimoni con presunte misure sociali. Infatti l’approvazione del pacchetto fiscale, lo scorso 29 aprile, è avvenuta per una manciata di voti favorita dal colpevole sostegno di una parte dello schieramento politico e sindacale che, a rigor di logica, avrebbe dovuto combatterlo.

Coerentemente con la campagna condotta contro il pacchetto fiscale cantonale, è da considerare inaccettabile le “scambio” proposto a livello federale. Come giustamente faceva notare un recente editoriale del Corriere del Ticino unire gli sgravi fiscali e le cosiddette compensazioni sociali una simile scelta lederebbe i diritti democratici e la logica sottesa a questo scambio sarebbe “più un ricatto che un’autentica scelta”; inoltre si mischierebbero “ per mera convenienza due temi tra loro estranei” e “con il pretesto del pragmatismo , si sdogana un metodo politico discutibile”. (CdT, 18 agosto 2018)

Siamo cioè confrontati con una questione politica principio. Non vi è nessuna ragione che giustifichi la messa in atto di misure sociali, ritenute per di più necessarie come quelle tese a dare solidità e prospettive ad un’importante assicurazione come l’AVS, solo nella forma di un baratto con concessioni fiscali miliardarie ad imprese e detentori di patrimoni che non ne hanno assolutamente bisogno, come dimostrano gli utili aziendali a livelli altissimi, così come le quotazioni borsistiche e l’evoluzione dei dividendi. Basti ricordare a questo proposito che il rendimento dei dividendi azionari svizzeri è ai massimi degli ultimi 30 anni.

Le altre due misure previste nell’ambito delle compensazioni (l’aumento del contributo AVS di datori di lavoro e dipendenti, l’aumento dell’IVA, l’aumento del contributo della Confederazione).

Questa constatazione vale sia per l’aumento del contributo dei dipendenti (che tra l’altro sono pure all’origine, attraverso il loro lavoro, della ricchezza prodotta a partire dalla quale viene riversato anche il contributo padronale) sia del contributo attraverso l’IVA (che come noto pesa maggiormente sui salariati con redditi medio-bassi) ; lo stesso ragionamento vale per il contributo della Confederazione proveniente dalla fiscalità generale.

Uno sforzo finanziario importante che graverebbe sostanzialmente sui salariati che, in questo modo, offrirebbero una cauzione finanziaria alla decisione di concedere sgravi miliardari alle imprese.

Una revisione e un rafforzamento serio dell’AVS (che per noi non può significare altro che un aumento cospicuo della prestazioni ) deve passare anche attraverso una redistribuzione della ricchezza. Non possiamo infatti dimenticare che le pensioni altro non sono che salario, salario differito, versato e accantonato per quando il lavoratore o la lavoratrice smetterà di lavorare.

L’aumento dei contributi AVS proposto dalla commissione (0,15% a carico del datore di lavoro e altrettanto a carico del lavoratore) apporteranno maggiori introiti per le casse dell’AVS pari a circa 1,2 miliardi. In questa direzione lo spazio di manovra è quindi amplissimo. Oggi il contributo AVS complessivo è pari all’8,4% (4,2% datore di lavoro e 4,2 lavoratore). Se, a titolo puramente esemplificativo, venisse semplicemente portato complessivamente al 10% (con un incremento dello 0,8% per il lavoratore e altrettanto per il datore di lavoro) si creerebbe uno spazio di manovra di diversi miliardi: che vanificherebbe in modo definitivo qualsiasi discorso sulla “crisi delle finanze dell’AVS” e permettere di imboccare un serio rafforzamento delle rendite, più che mai urgente e necessario.

Il comitato ticinese contro il Progetto fiscale 17 è in contatto con quelle forze politiche, associative e sindacali che, a livello nazionale, lo scorso mese di settembre si sono mobilitate (con successo) contro la riforma Previdenza 2020 e che stanno valutando la possibilità di costruire un’opposizione al progetto fiscale 17, non escludendo la possibilità del lancio di un referendum.

In questo senso il comitato non fa altro che continuare la battaglia già ingaggiata a livello cantonale lo scorso 29 aprile e che, per un soffio, non è riuscita a fermare la riforma fiscale cantonale ispirata dalla stessa logica di quella del Progetto fiscale 17

In attesa delle decisioni finali del Parlamento e dell’evoluzione della discussione a livello federale con le altre forze interessate, il comitato ha deciso di riunirsi nuovamente a metà settembre.

Bellinzona, 21 agosto 2018