Il risultato della votazione sulla sperimentazione del progetto la Scuola che verrà (SCV) è chiaro e sancisce una sconfitta senza appello per il DECS di Manuele Bertoli.
Un risultato che avrebbe potuto essere anche peggiore se forze politiche e associative diverse non avessero deciso di non impegnarsi nella campagna per non dover difendere, pur partendo da motivazioni radicalmente opposte, la stessa indicazione di voto dei referendisti, capitanati da uomini della destra dura.
È stato il caso, ad esempio, di associazioni magistrali che hanno un ruolo importante tra i docenti (come il Movimento della scuola o l’OCST docenti che hanno preferito non dare una consegna di voto).
Il risultato non sorprende, per almeno tre ragioni che abbiamo cercato, a più riprese di mettere in evidenza sia al momento del voto in Gran Consiglio, sia appena dopo la riuscita del referendum; preferendo, per quel che ci concerne, non svolgere alcuna campagna attiva per il NO, per le stesse ragioni che abbiamo qui sopra evocato.
La prima, e ci sembra quella fondamentale, è la opposizione di fondo degli insegnanti al progetto SCV. L’avevamo scritto a più riprese che Bertoli non aveva e non ha capito che solo attraverso l’alleanza con il corpo insegnante poteva avere qualche possibilità di far passare il proprio progetto.
E malgrado i tentativi del DECS di minimizzare le opposizioni che sono venute in questi anni dal mondo della scuola, non vi sono dubbi che la grande maggioranza degli insegnanti, a partire da quelli più coinvolti dalla riforma (quelli della scuola dell’obbligo), ha maturato un giudizio sostanzialmente negativo, sia sul progetto sia sulle ricadute che questo avrebbe avuto sulla qualità e intensità del loro lavoro di insegnanti.
Certo, gli insegnanti non sono un corpo sociale quantitativamente decisivo; ma le loro riserve, le loro esitazioni, le loro contrarietà si sono sicuramente propagate alle famiglie e all’intero corpo sociale.
La seconda ragione è di ordine squisitamente politico. Bertoli ha dimostrato, ancora una volta verrebbe voglia di dire, di non riuscire a capire le dinamiche politiche e nemmeno quelle politiciste.
Così ha scambiato per una boa di salvataggio quella che in realtà era una polpetta avvelenata. Il soccorso apportato dai liberali al progetto la SCV si è rivelato per finire un’abile manovra per affondare il ministro PS.
Infatti non solo l’aggiunta della variante PLRT ha reso pessimo un progetto di sperimentazione che era già cattivo; ma ha dato a Bertoli l’illusione che dietro al suo progetto vi fosse almeno il grosso del PLRT.
Ora, lo sviluppo della campagna, ha mostrato assai bene quanto il PLRT abbia puntato su una sconfitta di Bertoli. Basta vedere con quanto poco entusiasmo i tenori del PLRT (a cominciare dal suo presidente) si siano impegnati nella campagna, scegliendo di mandare avanti figure di secondo o terzo ordine, non tali sicuramente da “orientare” il grosso dell’elettorato liberale. Senza dimenticare che un progetto “targato” PS- PLRT non poteva non suscitare mal di pancia in casa PPD..
La terza ragione è legata ad una comunicazione per nulla chiara su natura e ragioni del progetto SCV. In modo contraddittorio il DECS ha insistito, fin dalle prime battute, su due aspetti: da un lato che la nostra scuola dell’obbligo è una buona scuola, dall’altro sulla necessità di procedere ad una riforma (la SCV) presentata, fin dai primi documenti, come una riforma “epocale”. Questo messaggio contradditorio, che in modo inerziale ha continuato per tutta la campagna, non ha potuto che nuocere ai sostenitori del progetto, in particolare per la difficoltà oggettiva a capire tutti gli elementi di cambiamento proposti nel progetto. Si sono chiesti, gli elettori e le elettrici: per quale ragione dobbiamo modificare in profondità una scuola che, tutto sommato, ci si dice che funziona bene?
Per queste e altre ragioni la SCV ha subito una sconfitta cocente. Su questa sconfitta dovrebbe riflettere, a fondo, il capo del DECS. Bertoli raccoglie, soprattutto nel mondo della scuola, quello che ha seminato in questi anni; anni in cui si è affidato a persone (a cominciare dal suo capo divisione) che gli hanno proposto orientamenti di politica scolastica delle quali, a noi pare, egli non abbia a sufficienza valutato la portata politica, sociale ed educativa. A meno che questi orientamenti egli non li condivida pienamente. In quel caso dovrebbe trarne le conseguenze politiche.