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Dopo la sentenza di assoluzione dei quattro giornalisti del Caffè, lo scorso mese di maggio, e quella di condanna del chirurgo Rey, lo scorso mese di settembre, il “caso Rey-Sant’Anna” (il clamoroso scambio di paziente consumatosi l’8 luglio 2014 in una sala operatoria della clinica Sant’Anna di Sorengo) lascia aperti interrogativi di importanza fondamentale nell’ottica della sicurezza dei pazienti. Interrogativi che emergono dalle stesse carte processuali.

Dalle risultanze dell’inchiesta penale a carico del dottor Rey è emerso che, prima di quel tragico errore, alla clinica Sant’Anna non veniva applicata la procedura di identificazione dei pazienti “time-out” (modello internazionale raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità almeno dal 2009), né un’altra procedura standardizzata. La circostanza è stata confermata dallo stesso direttore sanitario della clinica davanti al procuratore pubblico Bordoli.

Riguardo alla procedura di identificazione dei pazienti “time-out”, nel suo avviso 28 agosto 2015 in merito ai gravi fatti dell’8 luglio 2014 alla Sant’Anna, la Commissione di vigilanza sanitaria ha precisato che: “si tratta di disposizioni emesse dalle più importanti organizzazioni mondiali di tutela della salute pubblica (…) che hanno il precipuo scopo di evitare errori proprio del tipo di quello che si è verificato nella fattispecie (…).”

Proprio su questo tema così delicato e di così fondamentale importanza per la sicurezza dei pazienti, le carte processuali raccontano un fatto sconcertante.

Il 13 febbraio 2014, ovvero 5 mesi prima dei fatti, alla Sant’Anna ha avuto luogo l’ispezione da parte dell’Ufficio del medico cantonale, ai fini di verificare i requisiti essenziali per il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio.

Ebbene, il protocollo ufficiale di quell’ispezione, accanto alla voce “Procedura Time out” registra “conforme”. Una bugia, insomma. Come detto, il direttore sanitario della clinica ha confermato infatti davanti al magistrato titolare dell’inchiesta penale che alla Sant’Anna la procedura “time out” è stata introdotta solo dopo i fatti!

Alla luce di queste gravi circostanze, risultanti da atti ufficiali, mi permetto sottoporre al Consiglio di Stato i seguenti quesiti:

1. Il medico cantonale e le competenti autorità cantonali sono a conoscenza del fatto che il protocollo dell’ispezione effettuata dall’Ufficio del medico cantonale il 13 febbraio 2014 alla clinica Sant’Anna contiene una falsa attestazione in merito alla procedura di identificazione dei pazienti “time-out”?

2. Se si, quando e come ne sono venuti a conoscenza?

3. Quali misure hanno intrapreso, ovvero intendono intraprendere, il medico cantonale e le competenti autorità cantonali al riguardo?

4. In generale, nell’ambito delle ispezioni dell’Ufficio del medico cantonale ai fini di verificare i requisiti essenziali per il rilascio/rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio alle diverse strutture sanitarie del Cantone, quali modalità e quali misure specifiche vengono adottate onde scongiurare il rischio di false attestazioni?

*Interrogazione al Consiglio di Stato del Deputato MPS Matteo Pronzini del 4 ottobre 2018.