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Era prevedibile che al primo turno delle elezioni brasiliane del 7 ottobre 2018, il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro (Partito social-liberale) e il suo vice, dallo stesso profilo, Hamilton Mourão, un generale riservista messo in pensione, ma che continua ad essere pagato, su decisione di Michel Temer, dal 28 febbraio 2018, arrivassero in prima posizione. Hamilton Mourão è membro del Partido renovador trabalhista Brasilero che non aveva una rappresentanza a livello federale. I sondaggi di Ibope e Datafohla, lo preannunciavano. Malgrado ciò, l’ampiezza dei suffragi andati a Bolsonaro non era stata prevista dagli “analisti” e dalle diverse forze militanti che si situano sulla sinistra dello scacchiere politico.

Il numero di elettori ed elettrici che ha preso parte al voto è stato di 100’050’530. I voti nulli sono stati il 6,14%, le schede bianche il 2,65%, il tasso di astensione del 20,3%.

Jair Bolsonaro ha raccolto il 46,03% dei voti, vale a dire un elettorato di 49’276’991 persone. Un dato che esprime molto di più delle semplici percentuali per coloro che hanno poca familiarità con la situazione politica brasiliana. Il candidato del PT (Partito dei lavoratori) – Fernando Haddad, investito da Lula l’11 settembre come candidato del PT, ha ottenuto il 29,28% dei voti espressi, il che equivale a 31’341’997 elettori ed elettrici. Quasi 18 milioni di voti in meno rispetto a Bolsonaro.

Un politico di “primo rango” – membro di una formazione politica che ha ben servito gli interessi della classe dominante all’uscita dal periodo della dittatura (1985), il Partito della social-democrazia brasiliana- Géraldo Alckim è retrocesso al quarto posto con il 4,76% dei voti e 5’096’341 di “supporter”.

Sul terzo gradino del podio, medaglia di bronzo, Ciro Gomes (Partito democratico del lavoro): 12,47% dei suffragi, vale a dire 13’344’353 dei votanti. La medaglia d’argento e la medaglia di bronzo, con i loro quasi 44 milioni di elettori, hanno ancora 5 milioni in meno di Jair Bolsonaro. Chi non osserva la società e le sue tribolazioni sotto l’impatto di una crisi multiforme – che si accentua dal 2014 – ha fatto prova di una grande miopia.

Si sono rinchiusi nella “torre d’avorio” del solo mondo dei partiti politici. Uno dei soggetti preferiti dagli articoli della stampa superficiale. Ebbene, il potere di attrazione del discorso e del personaggio di Jair Bolsonaro non rinvia solamente alle forze che si sono mobilitate al suo fianco, con diverse modalità, ma anche alla sintonia che si crea tra, da un lato il vissuto degli elettori potenziali, i loro affetti – confermati dalle loro esperienza quotidiane e memorizzate come “prove”-, l’interpretazione dei loro interessi, l’impatto su di loro di una “narrazione” diffusa dai grandi media, così importanti in Brasile e, d’altro canto, la figura costruita di un personaggio come Bolsonaro che esprime in un certo senso un agglomerato di questi risentimenti.

Gli scritti sul fascismo di Trotsky sono molto utili per comprendere gli elementi sopracitati, senza cadere nella trappola delle analogie troppo semplicistiche. Malgrado ciò, non bisognerebbe dimenticare gli aspetti sottili dell’opera di un studioso come Wilhelm Reich della sua opera La psicologia di massa del fascismo, scritto nel 1933, per cominciare ad analizzare le origini e i tratti dello tsunami del 7 ottobre.

Risultati che parlano

Ritorniamo ai risultati. In uno Stato come quello di São Paulo, il candidato del PSL ottiene il 53% dei voti (12’378’012 elettori); quello del PT: 16,42% (3’833’982 elettori). È sempre possibile argomentare – ed è vero- che Haddad, già sindaco di São Paolo, aveva subito una sconfitta elettorale cocente nell’ottobre 2016 di fronte a una new entry che ambiva a conquistare il posto strategico di sindaco della città più grande del Brasile: João Doria Junior del Partito della social-democrazia brasiliana. Quest’ultimo ha vinto le municipali al primo turno con il 53.3% dei voti contro il 16,7% di Fernando Haddad. Questa volta le proporzioni del voto sono simili. Se non che il suo oppositore non è un multimilionario come João Doria Junior, figlio di un politico conosciuto, ma il capitano in pensione Jair Bolsonaro. Cioè un ammiratore esplicito della dittatura, dell’esercito, della polizia, dei torturatori, dell’autodifesa armata, un sessista e omofobo dichiarato e, evidentemente, difensore dei “valori della famiglia”, che sventola la bandiera degli antiabortisti. I suoi tre figli non hanno forse conosciuto un successo analogo durante queste elezioni? E gli evangelisti reazionari non hanno forse fatto di Jair il loro “messia” politico: Jair Messia Bolsonaro?

Ricorderemo qui gli Stati dove Bolsonaro ha ottenuto la maggioranza assoluta: Rio Grande do Sul (52,63%), Paraná (56,89%), Matto Grosso do Sul (55,06%), Goias (57,24%), Espirito Santo (54,76%), Bahia (60,28%), Matto Grosso (60,04%), Rondonia (62,24%), Acre (62,25%), Roraima (62,97%), Rio de Janeiro (59,79%). Fernando Haddad ha raggiunto una maggioranza assoluta solo a Bahia (60,28%), Piauí (63,4%), Maranhão (61,26%) e Sergipe (50,09%). Fernando Haddad arriva in prima posizione solo nei seguenti Stati: Pernambuco (48,87%, con Bolsonaro al 30,57%), Rio Grande do Norte (41,19%, con Bolsonaro al 30,21%), Paraíba (45,46% con Bolsonaro al 31,3%), Alagoas (44,75%, con Bolsonaro al 34,4%). In altre parole il candidato del PT ha ottenuto una maggioranza assoluta solo in quattro Stati del Nordeste.

Infine, tra i deputati federali che hanno raccolto più voti, si mette in evidenza al primo posto il figlio di Jair Bolsonaro, con 1’843’735 voti a São Paulo. Al secondo posto, Joice Hasselmamn (con 1’078’666 voti) a São Paolo, membro del PSL dall’aprile 2018. Ben presente già in passato nei media televisivi e in rete, e animatrice di spicco delle manifestazioni del 2015 e 2016 contro Dilma Rousseff. La sua apologia del giudice Sergio Moro non è passata inosservata, così come il suo sostegno alla polizia federale in occasione della repressione delle manifestazioni.

I militari e “l’attenti” di fronte alla storia

Major Olimpio, membro del PSL, e eletto al senato nello Stato di São Paulo con il 25,81% dei voti arriva in prima posizione davanti a Maria Gabrilli del PSDB con il 18,59% dei voti.

Questo membro della Polizia militare – un’istituzione militare ben nota per i suoi talenti repressivi – ha espresso il suo punto di vista, appena più “sfumato” di quello del suo capo, sulla dittatura militare: “La storia del regime militare è stata raccontata solo da un lato, in modo incredibile, dai vinti (la sinistra quindi). Normalmente quando si racconta una storia è quella dei vincitori, nel caso del regime militare è stata quella dei vinti. Esiste dunque una storia che un giorno dovrà essere di nuovo raccontata, per trovare un equilibrio.” Major Olimpio ha letto le opere di Enzo Traverso o di Michael Löwy all’incontrario?

Oggi, la memoria positiva della dittatura militare si concretizza con la presenza (già) di 22 eletti con legami con le forze armate: polizia militare, militari in pensione, membri delle forze armate, pompieri militari, di cui 13 sono del PSL (Folha de São Paulo, 9 ottobre 2018). Tra i consiglieri di Jair Bolsonaro si trova il generale riservista Augusto Heleno Ribeiro Pereira, che ha iniziato la sua ascendente carriera militare nel 1969. Ha comandato la MINUSTHAH (Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione a Haïti), da giugno 2004 a settembre 2005. In una tradizione che ha trovato particolare espressione nei militari francesi di estrema destra durante la guerra d’Algeria, Augusto Heleno ha espresso critiche su questa missione. Perché? Perché non ha combinato una politica di sicurezza rigorosa con progetti di sviluppo “sociale”, cioè un autoritarismo per il bene del popolo bastonato. Jair Bolsonaro aveva pensato a lui come vice-presidente, ma Heleno ha rifiutato. Ha poi comunque confermato il suo sostegno al capitano.

I legami pericolosi di Jair Bolsonaro con cerchie consistenti dell’esercito – la cui continuità e la posizione postdittatoriale in Brasile non è mai stata rimessa in discussione – esistono da anni. Si sono accentuate nell’ultimo anno in due sensi. I sondaggi tra i militari mostravano, nell’ultimo periodo, l’influenza crescente di Bolsonaro che assumeva anche il ruolo di anti-PT.

L’esercito si presenta non solo come un elemento di ordine, ma fa anche eco a una vasta “disillusione”. Quest’ultima trova ad esempio conferma in un sondaggio d’opinione realizzato dal Pew Research Center Global Attitude&Trends (16.10.2017): la “democrazia rappresentativa” è considerata come “molto buona” solo dall’8% del campione sondato in Brasile: una percentuale inferiore a quella del Messico che si situava al 9%. L’ultimo studio del World Economic Forum (WEF) sulla competitività mondiale piazza il Brasile al 137° posto, su 138 paesi esaminati, in termini di “perdita di fiducia dei Brasiliani nei confronti della classe politica”.

Disincanto e “bisogno d’ordine”

Questo disincanto ha più origini, tra le quali la corruzione generalizzata. Quest’ultima è il prodotto di una connessione stabilita da tempo tra, da un lato, i grandi lavori di infrastruttura di questo “paese continente” e la sua economia estrattiva e agro-esportatrice e, dall’altro, le istanze politiche controllate dai partiti dominanti o quelli che si mettono a disposizione del capitale, come l’ha fatto direttamente un settore dell’apparato del PT. A ciò si aggiunge l’impatto sull’impiego della profonda recessione – una perdita di impieghi di circa 20 milioni, diretta o indiretta, con delle forme di precarizzazione estreme, l’impoverimento e la crescita della violenza che viene diffusa in televisione sotto la formula di un’accumulazione di avvenimenti aneddotici che “saturano” l’informazione.

La destra estrema e l’estrema-destra hanno capito che si era aperta un’occasione unica ed ideale. Da allora, i temi diffusi da Bolsonaro e dalle sue reti hanno riempito un vuoto politico, con del “nuovo”. Ciò che in un regime di temporalità accelerate e di rinnovamento generazionale si misura in settimane, se non ancora di meno.

Questo bisogno di “ordine” – senza “progresso”, né “amore”, ciò che richiama alla triade iniziale presa in prestito ad Auguste Comte per costituire il logo della bandiera brasiliana – è ancor più necessario per il “mondo degli affari”. Alleate momentaneamente a un Michel Temer, sconfitto in termini di credibilità politica, per accelerare le contro-riforme alcune frazioni delle classi dominanti dovranno, a breve termine, affrontare una difficoltà maggiore. Le spese di bilancio “obbligatorie” costituiscono il 90% e sono composte dalle rubriche seguenti: salute, educazione, salari della funzione pubblica, sistema pensionistico, “aiuti sociali”, sovvenzioni diverse. Del resto, come spiega William Jackson, capo economista di Capital Economics per i “mercati emergenti”: “Molte delle misure necessarie per migliorare le finanze pubbliche sono estremamente impopolari, ma devono essere appoggiate da forti maggioranze per poter essere implementate.” Jackson sottolineava in precedenza che “Gli investitori sembrano essere più a loro agio con un Jair Bolsonaro che considerano più favorevole ai mercati, che con un profilo più statalista come quello di Fernando Haddad” (El Pais, 7 ottobre 2018).

In assenza di una maggioranza popolare, in altre parole di una forte resistenza popolare –dato che la maggioranza parlamentare può essere raggiunta – “l’ordine” potrà essere imposto dalle componenti delle forze armate. La criminalizzazione dei movimenti sociali e dei loro rappresentanti fa parte dell’agenda di Bolsonaro. Le sue formule “un bravo ladro è un ladro morto”; “prima sparate e poi interrogate”; “uccideteli” a proposito dei militanti del PT possono acquisire un significato più istituzionale nella costruzione di un regime autoritario. Inoltre, un regime di questo tipo può far capo, a margine, a bande fascisteggianti attive sul terreno per seminare paura. L’esperienza della militarizzazione di Rio – decisa formalmente da Temer- servirà (e serve già) da banco di prova utilizzabile da un futuro potere autoritario.

Il Vangelo e Bolsonaro

Jair Bolsonaro è deputato in parlamento da 27 anni. Questa presenza è dovuta alla funzione sovente qualificata in Brasile di “deputato del basso clero”; significa che aveva il ruolo di raccogliere voti in favore dei potenti.

Oggi occupa un posto nell’“alto clero”. E beneficia dell’appoggio mediatico di un ricchissimo magnate della comunicazione, Edir Machedo. Costui è il fondatore della Chiesa universale del regno di Dio e sta costruendo un tempio che potrà riunire 10’000 fedeli (paganti) a São Paulo; una pretesa replica del tempio di Salomone, realizzata nel quartiere popolare di Bras, uno dei 96 distretti della megalopoli.

Le diverse comunità evangeliche raggruppano più del 22% della popolazione del Brasile, vale a dire 42 milioni di persone. La loro presenza parlamentare è importante e i candidati cercano il loro appoggio.

Dal canto loro, le diverse Chiese evangeliche, che sono degli attivissimi mercanti nel tempio, si aspettano dai politici delle intercessioni che favoriscono il loro statuto di contribuenti.

Edir Machedo ha sostenuto, in passato, Lula e Dilma Rousseff. Questa volta la sua scelta è caduta su Jair Bolsonaro. Esiste un conglomerato di frazioni parlamentari definito con l’acronimo BBB. Bala (proiettile), Boi (bue), Bibla (Bibbia).

L’appoggio di Edir Macedo a Bolsonaro si è tradotto nell’accesso al suo canale televisivo TV Record, molto seguito, in un paese dove la decisione di voto è molto influenzata dalla televisione. Secondo Ronaldo Almedia, professore all’Università UNICAMP e membro del Centro brasiliano di analisi e di pianificazione (Cebrap): “Da settembre si è prodotto un spostamento considerevole nelle intenzioni di voto degli evangelici in direzione di Bolsonaro. Bolsonaro rappresenta una sensazione di ordine e di autorità che ha grande presa su questa parte della popolazione, a maggior ragione in un contesto di regressione economica e morale” (El Pais, 8 ottobre 2018). Non è un caso che in occasione dell’ultimo dibattito, prima della giornata del 7 ottobre, Jair Bolsonaro abbia concesso una lunga intervista a TV Record, lasciando gli altri candidati “discutere tra di loro”. Lui, “per ragioni mediche”, non poteva che confidarsi, in diretta, ai telespettatori che “rifiutano la feccia morale diffusa dalla sinistra”, come ha spiegato il grande prete evangelista della Vittoria di Cristo.

Tessere i legami con il grande capitale

Dall’8 ottobre, il consigliere economico di Bolsonaro, Paulo Guedes, ha preso contatto con membri influenti del “mondo economico”. Paulo Guedes non è solo un allievo della scuola di Chicago e un fanatico delle privatizzazioni. Ma dirige anche un fondo di investimento –Bozano Investimentos Gestão de Recursos Ldta- che dichiara 3,5 miliardi di R$ in gestione. Certo questa somma, pari a 945 milioni di dollari americani, non è enorme; ma questi fondi si concentrano sul “venture capital” (con delle prese di partecipazioni) e sul “private equity” (acquisto, ristrutturazioni e rivendita di imprese), cosa che facilita i contatti e può essere un luogo di incontro nella prospettiva di un’ondata di privatizzazioni.

Così la Fohla de São Paulo del 9 ottobre enumerava una serie di contatti stabiliti da Paulo Guedes in vista della formazione di un governo e delle nomine a posti influenti. Erano menzionati: Alexandre Bettamio, presidente per l’America latina della Bank of America; João Cox del consiglio di amministrazione di TIM (filiale di Telecom Italia Mobile) che dispone di un ruolo di primo piano nella telecomunicazione mobile (GSM) in Brasile; Maria Silvia Bastos Marques, membro della direzione di Goldman Sachs Brasile ed ex-presidente della BNDES (Banca brasiliana di sviluppo), creata nel 1952 in una prospettiva progressista, ma la cui funzione si è assai modificata; Roberto Campos Neto, direttore di Santander Bresil (filiale di Santander Spagna).

Il posto di capo della Banca centrale (BCB) sarà cruciale. L’attuale governatore, Ilan Goldfajn, economista israeliano e governatore della BCB da giugno 2016, sembra non voler restare al suo posto. Chi sarà scelto in caso di vittoria di Bolsonaro? Questa scelta avrà una consonanza politica analoga a quella di Lula nel 2003, allorché accordò il sostegno a Henrique Mereilles che ha occupato questo posto fino al 2010. Mereilles, quando operava negli Stati Uniti, era vicino a Bill Clinton. Aveva diretto fino al 1999 la BankBoston International, poi, dopo la fusione con il Fleet Financial Group, Mereilles diventò il presidente della FleetBoston Financial’s Global Banking, prima di tornare in Brasile nel 2002.

Per concludere questa breve panoramica sulle alleanze socio-economiche che non potrà evitare il potenziale presidente Bolsonaro, non bisogna dimenticare il settore estrattivo. Il quotidiano economico O Valor cita i contatti presi con Roberto Castello Branco, governatore della BCB, ex-consigliere della direzione del grande gruppo Vale (minerario, gas, petrolio), oggi alla testa dell’importante comunità professionale rappresentata dalla Fondazione Getulio Vargas. Il nome di Fabio A. Abraho è pure stato menzionato: egli siede alla direzione di Infra partner, un gigante della logistica. In passato ha collaborato con Vale.

Per il capitale, in questa crisi dalle diverse facce, Bolsonaro presidente deve inquadrare una base popolare e reprimere, criminalizzandole, le resistenze sociali e democratiche. Per fare ciò può appoggiarsi contemporaneamente sugli evangelici e i diversi corpi d’armata – due aspetti di una politica d’ordine – e realizzare un’ondata di contro-riforme. La natura di questo regime si chiarirà nel solco di un’elezione vittoriosa. E, se sarà il caso, questo rovesciamento socio-politico in Brasile si iscriverà veramente nella fine – prevedibile da qualche anno- del cosiddetto ciclo “progressista” in America latina, con delle similitudini su scala mondiale. Fatto che potrebbe essere l’oggetto di un altro articolo dopo il 28 ottobre.

Per ora, la mobilitazione per battere il ticket Bolsonaro-Mourão nelle strade e nelle urne è una priorità.

(10 ottobre 2018)