L’epoca della Guerra fredda è stata contraddistinta in Svizzera da un’isteria anticomunista. È solo in questo contesto che l’esercito segreto P-26 (1) può essere correttamente compreso.
Nel giugno 1948, durante la transizione dal Dopoguerra alla Guerra fredda, il professore di letteratura Karl Schmid espresse, in un discorso ampiamente notato, dei dubbi che non si sono più sentiti nei decenni che sono seguiti. In occasione di una celebrazione all’EPFZ (Politecnico federale di Zurigo) per il centesimo anniversario dello Stato federale, ha dichiarato in merito alla neutralità affermata che la Svizzera ha mantenuto durante la Seconda Guerra mondiale: “La maggioranza di noi è convinta che ci siamo resi più utili al mondo, e all’Europa, e ai popoli che ci circondano, che se avessimo cercato la guerra. Quanto al fatto che questa giustificazione storica sia anche una giustificazione per la nostra coscienza e che questa posizione politica giusta sia anche la posizione moralmente più elevata – la questione resta sicuramente aperta. Con questa posizione abile, ed esteriormente forse l’unica corretta, è sul piano materiale che le cose per noi sono andate per il meglio – ecco perché, per decenza, dobbiamo nuovamente restare sempre vigilanti”.
Il discorso appare anche come una sorta di presa di distanze per rapporto alle sue dichiarazioni prima della Seconda Guerra mondiale. Nel gennaio 1939, Karl Schmid, che è uno specialista di Schiller, dichiarava in occasione di una manifestazione del Partito radicale a proposito del “nostro Guglielmo Tell”: “Per noi, è più importante che scenda dalle montagne con le scarpe chiodate, che parli con il linguaggio dei diritti dell’uomo”. Questa priorità data all’identità nazionale e agli interessi nazionali per rapporto ai valori universali non fu estranea alle cause della funesta politica dei rifugiati e dell’affarismo senza scrupoli durante la guerra (2). Per questa ragione i borghesi liberali come Schmid avevano cattiva coscienza. Ma prima che questa cattiva coscienza si trasformasse in una sincero pentimento, la Guerra fredda ha offerto la possibilità di renderla indolore nello spirito dell’anticomunismo.
Vincitori? Approfittatori?
Un pensatore sfumato come Karl Schmid necessitava per questo un anestetico particolarmente potente. L’ha trovato nell’idea della “guerra totale” nella quale “tutti, anche i Neutrali” si trovavano coinvolti. Questo significava, l’ha spiegato in uno scritto molto mediatizzato del 1960: “La guerra totale esige un pensiero militare totale. È totale, perché non lascia da parte nessuno dei fronti non militari, né il fronte economico e nemmeno il fronte psicologico.” Quest’ultimo era anche il più importante perché “A Mosca, è sul fronte psicologico che la scontro è ricercato”. È per questo che “la Nazione, deve essere scossa per destarla dalla narcosi” in modo che “malgrado la sua abitudine alla pace, preferisca scivolare nella guerra piuttosto che degenerare nella schiavitù”. L’aspetto psicologico, al quale appartiene la coscienza, appare anche nel titolo del testo: “Aspetti psicologici della guerra totale”.
Qualcuno ha attirato con insistenza l’attenzione sul legame inconscio tra il debole comportamento durante la Seconda Guerra mondiale e la postura più decisa durante la Guerra fredda: è stato Friedrich Dürrenmatt. Con il libro “A proposito della drammaturgia della Svizzera” ha scritto nel 1968: “Il nostro anticomunismo esagerato (…) è emotivo”. Si spiega perché dobbiamo “pagare un prezzo morale per la nostra scaltrezza politica”. “All’improvviso appariamo nel mondo eroico dei vincitori della guerra come degli approfittatori della guerra.” Il drammaturgo concludeva: “Dal momento che non siamo stati degli eroi di guerra, vogliamo ora almeno essere degli eroi della Guerra fredda”.
È anche per questo, come lo fa notare lo storico Thomas Buomberger (3) nel suo libro del 2017, La Svizzera durante la Guerra fredda, “l’anticomunismo era più forte laddove la minaccia comunista era la più debole”.
La propaganda civile
Ad ogni modo, l’avanguardia dell’anticomunismo elvetico non era costituita dai borghesi liberali come Karl Schmid, che avevano cattiva coscienza, ma da altri che avevano un passato particolarmente sgradevole. Tra questi c’era il cattolico conservatore Ludwig von Moos, che negli anni 1930, come collaboratore e redattore del giornale Oberwaldner Volksfreund, aveva pubblicato numerosi contributi antisemiti e a favore dei frontisti di estrema destra. Divenuto più tardi Consigliere federale, dal 1960 al 1971, e capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia, è stato il promotore del Libro della Difesa civile.
Questo libro di “consigli”, distribuito dal Consiglio federale alla fine del 1969 con una tiratura di 2.6 milioni di copie in tutti i fuochi, faceva un passo in più della “guerra totale” di Karl Schmid, mettendo sullo stesso piano il nemico esterno con quello interno. Nel capitolo “La seconda forma della guerra”, i sindacalisti in sciopero, “i lavoratori stranieri”, i promotori delle “case popolari” a discapito della difesa del “bilancio della difesa militare”, così come gli ecclesiastici pacifisti, sono tutti denunciati allo stesso modo come la quinta colonna dell’Est. Per sottolineare la pericolosità della sinistra, in particolare dei pacifisti, viene sottolineato come questa seconda forma di guerra è onnipresente: “Questa passa ogni giorno accanto a noi e tra di noi.”
Il Libro della Difesa civile ha provocato una tempesta immensa. Dal momento che i presidenti dell’Associazione svizzera degli scrittori avevano partecipato alla redazione, ciò condusse alle dimissioni degli scrittori Max Frisch, Friedrich Dürrenmatt, e altre personalità letterarie. Una parte dei critici fonderà poco dopo il Gruppo di Olten (creato nel 1971, nel 2002 conterà ancora 340 membri allorché la Società svizzera degli scrittori ne contava 570).
La P-26 come seguito
Se il passato del presidente della Confederazione responsabile, von Moss, fu pubblicamente dibattuto, quello dell’autore principale del libro, Albert Bachmann, è passato inosservato. Questo anticomunista virulento era stato in precedenza, come lo fa notare Thomas Buomberger nel suo libro, un “ardente stalinista”. Dopo la guerra, era stato formatore dei membri dell’organizzazione giovanile del Partito del Lavoro e aveva anche soggiornato a Mosca come quadro. Ma, nel 1948, Bachmann si converte dal totalitarismo di sinistra al totalitarismo di destra. Nel 1958, testimonia le sue nuove convinzioni nel suo Libro del soldato, dal contenuto antidemocratico, che fu distribuito a tutti i membri dell’Esercito svizzero. Poco dopo è stato promosso al grado di colonnello.
Nel 1976, Albert Bachmann diventa capo del “Servizio speciale”. Il suo compito consisteva nel creare un “Organizzazione di resistenza” segreta. È da qui che arriverà più tardi (nel 1979) la P-26. Che Bachmann, in quanto padre spirituale della P-26, l’abbia orientata nel solco del Libro della Difesa civile, lo si vede dagli scenari diretti contro la sinistra: “sovversione all’interno” e “creazione di cellule e/o azioni analoghe”. Dei concetti simili figuravano già nel Libro della Difesa civile ordinato del 1969; e durante gli anni 1970 e 1980 questi temi sono impiegati contro la Nuova sinistra (i POCH, il PSA in Ticino, la LMR-RML, poi PSO-SAP, ecc.).
Nella maggioranza silenziosa della Guerra fredda che nel 1977 e ancora nel 1984 rifiuta in votazione popolare un servizio civile, un linguaggio di questo tipo è ancora ben ancorato. Tra il 1970 e il 1990, più di 10’000 obiettori di coscienza sono imprigionati e molte persone di sinistra sono colpite da divieti professionali, in particolare gli insegnanti (Berufsverbot). Quando il Libro della Difesa civile viene pubblicato, Dürrenmatt ha riassunto la repressione contro chi la pensava diversamente con la formula: “La tattica della difesa spirituale del paese consiste nel sacrificare la libertà dello Svizzero all’indipendenza della Svizzera.”
Mai nessun piano di aggressione
Nel suo recente libro consacrato ai “preparativi di resistenza” lo storico Titus J. Meier cita, a ragione, il fatto che la Commissione d’inchiesta parlamentare (CIP DMF) ha sotto stimato il ruolo di Bachmann nella P-26. Pertanto l’autore cancella completamente il contenuto antidemocratico, e ostile alla sinistra, del Libro della difesa civile. Che minimizza la P-26 come inoffensiva e minimizza allo stesso modo il Libro della difesa civile.
Le violazioni dei diritti dell’uomo inflitte agli obiettori di coscienza che rifiutavano il servizio militare negli anni 1970 e 1980 furono ancora più scandalose allorché oggi sappiamo che non è mai esistito alcun piano d’aggressione del Patto di Varsavia contro la Svizzera.
Nel loro libro di 672 pagine, Alle roten Pfeile kamen au Osten – zu Recht? (Tutte le frecce rosse venivano dall’Est – a giusto titolo?), i due storici di questioni militari Hans Rudolf Fuhrer e Mathias Wild (5) scrivono: “È scioccante vedere come il sentimento di paura di una guerra che era latente nella popolazione, con la minaccia costante di un Est aggressivo e super armato, non fosse condiviso dai Servizi segreti dell’Esercito svizzero.” Il Patto di Varsavia era certamente aggressivo e ben armato, ma non contro i paesi al di fuori della sua zona di dominazione, ma piuttosto contro i cittadini e le cittadine, i popoli, entro i suoi confini. Una sola volta l’Unione sovietica ha superato il limite della sua zona di denominazione (per riassumere, stabilita de facto dall’ottobre 1944 in occasione della riunione delle forze alleate a Mosca, poi precisata in occasione della Conferenza di Yalta del febbraio 1945 e poi a Potsdam nel luglio-agosto 1945), per invadere, a fine 1979, l’Afghanistan.
Il comunismo non era un pericolo per la libertà in Svizzera. Ma l’anticomunismo è stato un pericolo per la libertà degli Svizzeri e delle Svizzera.
Articolo pubblicato nella WOZ del 6 settembre 2018.
* Josef Lang è storico ed è stato, tra il 2003 e il 2011, membro della frazione dei Verdi al Consiglio nazionale. Il “Libro del soldato” l’ha ricevuto personalmente alla Scuola reclute.
Note
1) Secondo l’ATS, in data 25 aprile 2018, “il governo vuole contribuire a chiarire le questioni storiche e politiche concernenti l’organizzazione P-26, esercito segreto creato, senza l’approvazione del parlamento e finanziato con fondi pubblici. Nulla si oppone oggi alla pubblicazione del rapporto Cornu dal punto di vista della protezione delle informazioni e dei dati, ha annunciato il Consiglio federale.” Il rapporto è disponibile, con il titolo “versione destinata al pubblico” (sic), a questo link. La versione integrale del rapporto Cornu è depositata negli Archivi federali. Quest’ultima resta classificata come “segreta” e non sarà resa pubblica. Conformemente alla legge, beneficia di un termine di protezione di 50 anni, vale a dire fino al 2041!
2) Su questo argomento vedere l’eccellente libro di Daniel Bourgeois intitolato “Business Helvétique et Troisième Reich. Milieux d’affaires, politique étrangère, antisémitisme”, Editions Page 2, 1998, 269 pagine.
3) Thomas Buomberger, “Die Schweiz in kalten Krieg 1945-1990”, Verlag Hier&Jetzt, 2017.
4) Titus J. Meier, “Widerstandsvorbereitungen für den Besetzungsfall. Die Schweiz im Kalten Krieg”, NZZ Libro, 2018.
5) Verlag Hier&Jetzt, 2013.