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Avevo scritto poche righe su Riace, in risposta a persone che su Face Book si dicevano di sinistra ma volevano aspettare una sentenza definitiva prima di prendere posizione, e avevo sottolineato che nella maggior parte dei casi c’era poco da sperare (Il caso di Riace e l’indipendenza della magistratura).

Infatti il senso politico dell’intervento di una magistratura cieca e sorda o dormiente di fronte a un gran numero di malversazioni e violazioni di tante leggi, in particolare in Calabria, ma pronta a intervenire contro un’esperienza di accoglienza realizzata con pochissimi mezzi e tanta fantasia, si capisce meglio grazie al contemporaneo intervento di altre istituzioni dello Stato che hanno preparato la deportazione di centinaia di migranti che non davano fastidio a nessuno, ma indebolivano la martellante propaganda razzista sulla “invasione dei negri”. Ad esempio era già stato tolto definitivamente al comune di Riace il contributo dello SPRAR che era stato sospeso da più di un anno (completando un attacco già avviato dal precedente ministro degli Interni Minniti).

Saranno deportati anche i muli e gli asinelli con cui la cooperativa di immigrati aveva risolto il problema della raccolta differenziata tra i vicoli pietrosi del vecchio centro storico? O saranno mandati al macello, perché nessun italiano sarà disponibile per questo lavoro scomodo e faticoso? Mentre gli uomini delle ndranghete che spadroneggiano sul litorale e si sono scontrati più volte col sindaco Lucano che aveva bloccato alcuni progetti deturpanti, ora trionferanno, sentendosi spalleggiati da un ministro degli Interni ipocrita e fazioso, che ne aveva anche messo uno nelle sue liste elettorali. Ma sono tranquilli anche perché sono coperti da larga parte dell’apparato dello Stato, indipendentemente dall’appartenenza politica. Lo conferma la scesa in campo contro il sindaco Lucano e l’esperienza di Riace di un pezzo grosso del PD, il prefetto Mario Morcone, che fu candidato del centrosinistra a sindaco di Napoli, ed è stato per anni responsabile del dipartimento immigrazione al ministero degli Interni, e poi è stato chiamato a svolgere il ruolo di capo di gabinetto dal ministro Minniti. Con la tipica ipocrisia del PD, Morcone attacca l’esperienza di Riace presentandola come una “specie di delirio”. Così dà una mano a Salvini confermando che il suo partito, quando finge di difendere Riace, lo fa solo per rifarsi una verginità.

Ora i giornali mainstream hanno trovato un nuovo argomento per liquidare l’esperienza scomoda e controcorrente di Riace: le intenzioni erano buone, ma Lucano è uno squilibrato irresponsabile. E Salvini si affretta a ridimensionare a puro annuncio propagandistico (terrorizzante per gli immigrati, rassicurante per il suo popolo razzista) il trasferimento degli immigrati inseriti da anni nella comunità di Riace. Un trasferimento difficile da giustificare legalmente, dato che non hanno commesso nessun reato, e sono in buoni rapporti con la comunità residente nel vecchio borgo (non con le jene e gli sciacalli in attesa di poter lottizzare senza freni il litorale). Per questo ieri fa annunciare la deportazione, oggi la presenta come “volontaria” . Dice che se ne andranno quelli che vogliono andarsene, ma è lapalissiano, a quale legge si poteva ricorrere per giustificare la deportazione e la dispersione in luoghi diversi? Solo a quella del Far West, ma non siamo a questo punto. Naturalmente Salvini spera che il terrore suscitato dal primo annuncio e soprattutto dalla notizia dell’arresto del sindaco spinga una parte degli immigrati a passare alla clandestinità allontanandosi dall’epicentro del ciclone…

L’illusione di poter combattere Salvini isolandolo dal resto di un governo pessimo è stupida e pericolosa, tanto più se non si caratterizza questo governo per quello che è realmente e non si vedono le molte complicità di un centrosinistra che ha preparato il terreno. Su molti punti le differenze tra i programmi del governo Salvini-Conte-Di Maio e di quelli precedenti del centrosinistra è solo quantitativa o marginale. La pericolosità di Salvini (e in questo gli altri due contano assai meno, e sono costretti a inseguirlo e giocare di rimessa) è nella sua grande abilità propagandistica, che lo potrebbe mettere in condizione di imporre brutalmente la sua linea a un M5S ridimensionato dalle elezioni europee. Salvini enuncia ogni giorno in forma rozza e gradita al suo popolo alcuni obiettivi che sa per ora irrealizzabili, poi li ridimensiona il giorno dopo con toni melati quando ne ha verificato l’impraticabilità. E così cresce a scapito del socio principale, anche perché ha un asso nascosto nella manica: la pressione costante di Berlusconi e di Fratelli d’Italia, una finta opposizione che lo rafforza e lo giustifica, e contribuisce a consolidare un senso comune razzista e intollerante. Naturalmente beneficia anche e soprattutto della penosa inconsistenza di quella che apparentemente è la principale opposizione, il PD, che lo colma di insulti perché non può criticare seriamente una politica non troppo diversa da quella che ha messo in atto quando era al governo.

Ma attenti: se a Salvini riuscirà l’operazione propagandistica, e dalle elezioni regionali parziali e soprattutto dalle europee emergerà una sua maggioranza solida, il pericolo diventerà davvero terribile. Per questo occorre non sbagliare i toni rendendo meno credibile la denuncia dando per già completata la “fascistizzazione” del paese, che invece vede in molti casi una capacità di risposta indipendente dagli schieramenti politici. Ma è anche necessario presentare l’attuale ondata reazionaria (dall’esclusione di bimbi figli di immigrati dalle mense scolastiche a prezzo politico, agli attacchi razzisti a lavoratori perfettamente integrati da anni) non come un fenomeno particolare legato soprattutto alla persona del ministro degli Interni, ma come una variante di una tendenza generale che dopo governi impopolari di finta sinistra vede emergere una destra barbarica e apertamente fascista che si fa trascinare in una guerra contro un nemico immaginario.

Sarebbe meglio riflettere un po’ più seriamente sui tanti esempi forniti non solo dal passato, ma anche dal presente. Cominciando dal bilancio di quei governi “di sinistra” in America Latina per anni mitizzati rifiutando di coglierne limiti e contraddizioni; in particolare in quel Brasile che dopo tredici anni di lulismo oggi corre il rischio di veder trionfare un ex militare, Jair Bolsonaro, di fronte al quale Trump e Salvini sembrano progressisti… E il Brasile, con i suoi più di duecento milioni di abitanti e una presenza economica, politica e militare non solo nel continente americano, non è poi così lontano…