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Ve le ricordate le discussioni sui “costi” della seduta straordinaria del Gran Consiglio provacata dalla necessità di prendere posizione sulle denunce (in materia di rimborsi spese del governo) presentate dal nostro deputato Matteo Pronzini? Bruscolini se si pensa ai costi causati dal tentativo di mettere in piedi la Legge sull’Albo delle Imprese (amabilmente denominata LIA) che si protrae ormai da anni.
Il Gran Consiglio, nella seduta odierna, ha seppellito questa legge perché essa non ha retto ad un paio di ricorsi. Tra la ideazione della legge, la sua messa in atto, la costituzione dell’apparato amministrativo, i vari ricorsi e il tempo perso dal Gran Consiglio si sarà speso almeno 30 volte quanto si è speso per la seduta straordinaria del Gran Consiglio. La stampa di regime, in questo caso, ha preferito non fare i conti. Troppo imbarazzante!
Il problema di fondo è che all’origine di tutto questo vi è il Dipartimento diretto dal quel genio del diritto che risponde al nome di Claudio Zali. Che, come tutti ricorderanno, a più riprese, rispondendo alle domande che Matteo Pronzini gli aveva posto sui temi dei rimborsi e dei trattamenti pensionistici del governo, non aveva mancato di mettere in luce le carenze giuridiche del nostro deputato (la sua ignoranza in materia giuridica).
Ebbene proprio quella eccelsa (de)mente giuridica che risponde al nome di Claudio Zali, genio del diritto riconosciuto, ha diretto, magistralmente è il caso di dire, il parto di quella mostruosità giuridica denominata LIA delle cui peripezie si è discusso per quasi due anni e che ora è stata abolita proprio perché trattasi di una minchiata giuridica solenne.
Persino l’agente-deputato Galusero (che prima o poi arresterà in diretta nel corso di una seduta del Gran Consiglio il nostro deputato Pronzini) ha dovuto riconoscere, nella sua veste di relatore della Legge al momento della sua approvazione, di essere stato ingannato dall’atteggiamento del Dipartimento diretto dal genio che gli aveva garantito che “se non proprio a prova di bomba, la legge aveva una forte solidità dal punto di vista giuridico”. Sono bastati alcuni petardi per affondare la legge e la sicumera del capo del Dipartimento del Territorio.
Ma un altro appuntamento attende il nostro genio: la sentenza del Tribunale Federale sulla tassa di collegamento. Che rischia di essere un’ulteriore dimostrazione di quanta competenza giuridica vi sia alla testa del Dipartimento del Territorio.
Che dire di tutto questo? Affidiamoci a Spinoza: “Né ridere, né piangere, ma capire”.