Il Movimento per il socialismo – MPS ha preso atto con costernazione dell’accettazione, con voto unanime, del nuovo Regolamento Organico dei Dipendenti (ROD) della città di Lugano.
È una vera e propria stangata quella che subiranno i dipendenti della città. E malgrado qualche discussione e qualche proposta di emendamento (naturalmente rifiutata) alla fine il nuovo ROD della città è stato approvato dai rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in Consiglio Comunale, dalla “sinistra” alla “destra”.
Onore al merito?
Sono molti i cambiamenti previsti nel nuovo ROD che andranno a peggiorare le condizioni di lavoro e di salario dei dipendenti comunali, con implicazioni poi anche sul salario differito, le prestazioni della cassa pensione che, prima o poi, subiranno nuovi mutamenti, inevitabili, visto il sistema a capitalizzazione, in un contesto in cui i salari tenderanno a diminuire.
Il più importante (accanto all’abolizione della indennità di economia domestica – una sorta di assegno familiare supplementare di circa 150 franchi mensili), è senz’altro l’abolizione degli scatti salariali automatici annuali.
Le nuove scale salariali si presentano dunque con un minimo e un massimo all’interno dei quali la progressione della carriera salariale di ogni singolo lavoratore viene decisa sulla base della valutazione annuale delle prestazioni. È quella che viene chiamata la “meritocrazia”, cioè un sistema salariale che si pretende fondato sul merito, cioè sulla resa del singolo lavoratore in grado di raggiungere un certo numero di obiettivi.
È il primo comune ticinese, una delle grandi città del Svizzera, nel quale, si sottolinea con una punto di orgoglio, questo sistema viene introdotto. In realtà, se si esclude il settore pubblico, il sistema è quello vigente nel settore privato, con i risultati che tutti conosciamo e che tendono, anno dopo anno, a rafforzarsi. Si tratta di sistemi salariali, oggi dominanti, tesi a mettere in concorrenza lavoratori e lavoratrici, con l’obiettivo di dividerli, spingendoli a ragionare ognuno in termini individuali e non collettivi.
A questo si aggiungono due altri effetti: la diminuzione sul lungo termine dei livelli salariali e la polarizzazione di questi stessi livelli salariali, con una minoranza sempre meglio pagata e una maggioranza i cui livelli salariali stagnano o progrediscono di poco in termini nominali, diminuiscono in termini reali.
Complementare a tutto questo poi un altro dato di fondo: il sistema così concepito è fatto per rafforzare la gerarchia ed una dinamica “clientelare” di questa struttura gerarchica, con capi, sottocapi e capetti in grado di decidere la sorte salariale di ogni dipendente.
Patrizi, indigeni…ma poveri
Un secondo aspetto fondamentale del nuovo ROD riguarda i salari minimi. Anche qui nulla di nuovo sotto il sole, si afferma una pratica ormai diffusasi da ormai qualche anno nel Cantone e che costituisce uno degli aspetti centrali del dumping salariale: considerare un salario minimo al di sotto dei 4’000 franchi mensili (cioè dei 52’000 franchi annui) come un salario accettabile, tale da permettere a chi lavora (e vive) in una città come Lugano di poter condurre un’esistenza dignitosa.
Infatti ben il 20% delle scale salariali previste (5 su 25) contemplano un minimo salariale inferiore ai 52’000 franchi annui e in ben due scale salariali anche un lavoratore o una lavoratrice che arrivasse al massimo di quella scala sarebbe ancora al di sotto. Come dire, visto anche il sistema adottato che annulla l’automatismo degli scatti: lavorare tutta una vita e non arrivare, alla soglia della pensione, nemmeno a 4’000 franchi al mese.
Su queste scelte, evidentemente, pesano il dibattito e le pratiche sviluppatesi in questi ultimi anni, dalla promulgazione di salari minimi contenuti nei contratti normali di lavoro alle proposte per la realizzazione del salario minimo legale: sempre con salari di riferimento attorno ai 3’100 franchi mensili o poco più.
Singolare poi che nello stesso regolamento sia stata adottata quella che viene chiamata la “preferenza indigena”, il “prima i nostri” diffuso dalla iniziativa leghista. Da un lato si stabilisce che a poter lavorare per la città sia solo chi vive in Ticino: dall’altro si fissano salari che non permettono di vivere e di arrivare a fine mese a chi vive a Lugano o in Ticino.
Un’ultima considerazione. Come detto, tutti hanno, alla fine, votato il complesso del nuovo ROD. Che lo abbiano fatto liberali, leghisti, pipidini e consorti non sorprende: che lo abbia fatto l’”unità di sinistra” lascia un po’ perplessi, ma non più di tanto coi tempi che corrono. Perché non vi sono dubbi che il nuovo ROD contiene alcuni elementi centrali delle politiche neoliberali, a cominciare dall’introduzione dei meccanismi di mercato nelle remunerazioni salariali del settore pubblico.
Singolare poi che il portavoce del PS sia anche il segretario del sindacato VPOD che, almeno sulla carta, si dice contrario a questo tipo di approccio salariale.
Qualcosa assolutamente inaccettabile per una sinistra degna di questo nome.