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Il direttore del Corriere, nell’editoriale di venerdì scorso, ha suonato l’allarme: le istituzioni di questo cantone avrebbero perso autorità e sarebbero in pericolo perché in balìa dell’MPS e del suo deputato che, con i suoi interventi, ne avrebbe “picconato” la credibilità.

Si tratta di una visione capovolta della realtà politica e sociale, una narrazione fantasiosa nella quale un semplice deputato, bene consigliato, terrebbe in scacco un Parlamento che può contare su altri 89 deputati, l’87% dei quali appartengono a partiti che siedono in governo. Un deputato, vale pena ricordarlo, che non ha accesso alle commissioni (non gli fanno vedere nemmeno i verbali), al quale non viene nemmeno trasmessa tutta la documentazione relativa alle discussioni parlamentari. Ora, qualsiasi persona dotata di buon senso, capisce che questa visione fornita da Pontiggia non sta né in cielo, né in terra.

La realtà è più semplice ed è di natura strettamente politica. L’MPS e il suo deputato sono una forza di opposizione, l’unica forza di opposizione che sia chiaramente ancorata a sinistra. Ed esercita questa funzione in modo determinato e senza concessioni (“spregiudicata” ed “abile” la definisce Pontiggia).

E forse l’udienza raccolta dalle battaglie condotte dall’MPS in questi ultimi anni si spiega proprio partendo da questa semplice constatazione. È stata l’unica voce, coerente e decisa, su alcuni dei dossier politici più importanti (e non ci riferiamo solo alla questione dei rimborsi): potremmo elencare una serie di campagne su temi fondamentali nelle quali l’MPS (quasi da solo) ha guidato l’opposizione alle politiche di governo e Parlamento: da quella relativa alla politica ospedaliera a quella contro il dumping salariale, dalla battaglia contro gli accordi bilaterali alla difesa dell’Officina: non abbiamo mai avuto esitazioni sulla necessità di un’opposizione chiara, di sinistra e radicale, alle posizioni del governo e della maggioranza del Parlamento.

Se il Parlamento è “allo sbando”, come afferma Pontiggia, non è purtroppo a causa della nostra azione politica (ci piacerebbe tanto che fosse così, sarebbe forse anche il segno di una crisi sociale che matura!); certo, ci abbiamo messo del nostro (e lo rivendichiamo), ma la ragione di fondo sta nel fatto che questa crisi di credibilità della classe politica è dovuta al fatto che esprime interessi particolari, non vuole e non sa rispondere ai problemi fondamentali con i quali sono confrontati coloro che vivono e lavorano in questo cantone, parla continuamente “d’altro”. Che, sia detto di transenna, è proprio la funzione che ad essa assegna l’ordinamento liberal-borghese nel quale viviamo, “rappresentanti” che non “rappresentano” niente e nessuno.

Basti pensare, per non fare che un solo esempio, alla questione del dumping salariale e sociale; tutti, ma proprio tutti, si sono adoperati per sconfiggere la nostra iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino” contribuendo a titolo diverso alla vittoria (seppur di strettissima misura) di un controprogetto che non aveva alcuna intenzione di combattere il dumping, come dimostra, tristemente, quanto successo e quanto succede.

Un classe politica quindi che difende lo status quo, che difende i propri interessi e quelli di una minoranza di privilegiati. E difende, sempre e comunque, sé stessa, i propri privilegi (diretti e indiretti).

Essa può contare sul sostegno indefesso anche di gran parte dei media, a cominciare dal Corriere, sempre e comunque filogovernativo. Basterebbe qui ricordare al direttor Pontiggia l’ultimo dibattito che abbiamo avuto con lui, relativo ai privilegi pensionistici di consiglieri ed ex-consiglieri di Stato, roba da milioni di franchi, ancora lì, ferma davanti al Parlamento.

Quel dibattito si era interrotto con il direttore del CdT che, allineato alle posizioni del governo, ci aveva spiegato che eravamo fuori strada, che le leggi non solo bisogna conoscerle e consultarle, ma che bisogna essere capaci di interpretarle. Da allora vi sono state ben due perizie giuridiche che hanno dato la stessa nostra interpretazione di quegli articoli di legge e che sono arrivate alla conclusione che quei trattamenti pensionistici non hanno base legale. Di fronte a questo il direttor Pontiggia ha scelto il silenzio. In linea con quanto si prefiggono Parlamento e governo. Che dire? Buone feste!

*Opinione apparsa sul Corriere del Ticino del 12 dicembre 2018.