Tempo di lettura: 11 minuti

Il tema della sanità rappresenta una questione sociale e politica di particolare importanza, derivante dalla collisione di tre dinamiche:

1. Il “il più alto standard di salute raggiungibile” è un diritto umano fondamentale riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo diritto sancisce l’esperienza che la salute è uno dei beni più preziosi di uomini e donne, un’esperienza fatta spesso, inoltre, quando la salute comincia a venir meno. La realizzazione di questo diritto è indissolubilmente legata alla disponibilità e all’accessibilità dei servizi sanitari, così come ad altri diritti sociali fondamentali, quali “il diritto all’alimentazione, all’alloggio, al lavoro [senza rischi per la salute], all’istruzione, alla non discriminazione, all’accesso all’informazione e alla partecipazione”, per usare le parole dell’OMS. La sanità è quindi indissolubilmente legata ai principali conflitti di interesse che permeano la società e alle aspirazioni emancipatrici che in essa si esprimono.

2. Negli ultimi decenni, il settore sanitario è diventato uno dei più importanti settori di investimento per il capitale. In Svizzera, oltre ai settori tradizionali dei prodotti farmaceutici o dei dispositivi medici e delle protesi, si sono aggiunte nel corso del tempo le catene di servizi sanitari (ospedali, assistenza domiciliare, istituzioni medico-sociali per gli anziani), il settore del tempo libero e del “benessere” (fitness, wellness, etc.), l’informatica, senza dimenticare le attività finanziarie e assicurative. Di conseguenza, segmenti sempre più ampi di queste attività sono organizzati e sviluppati in via prioritaria secondo le esigenze specifiche dello sviluppo del capitale (redditività, etc.), subordinando e ridefinendo i bisogni derivanti dallo stato di salute della popolazione.

3. I servizi sanitari sono diventati uno dei settori di attività più importanti e con la più forte crescita. In Svizzera, quasi l’11% dei posti di lavoro (equivalenti a tempo pieno) si trova attualmente nel settore dei servizi sanitari. Tale parte era inferiore al 7% nel 1991. La quota di posti di lavoro legati alla sanità è ancora più elevata se si tiene conto dell’industria (farmaceutica e dispositivi medici) e del commercio (farmacie). Per la maggior parte delle persone che lavorano nel settore sanitario, il lavoro comporta l’esperienza quotidiana delle contraddizioni tra le ingiunzioni relative al loro status di subordinati in un’azienda che mira al profitto e la loro adesione ad un ideale professionale costruito intorno all’obiettivo di fornire la migliore assistenza possibile a chiunque ne abbia bisogno.

Dall’entrata in vigore della LAMal (Legge sull’Assicurazione contro le Malattie) nel 1996, il settore sanitario è stato un campo in cui si sono affrontate una serie di controriforme che hanno trasformato profondamente i servizi sanitari e il loro finanziamento, l’accesso alle cure e l’idea che la popolazione ha sviluppato dei propri diritti in questo campo, le rappresentazioni pubbliche e individuali della sanità e ciò che contribuisce ad essa, l’esperienza che gli operatori sanitari hanno del loro lavoro e il modo in cui lo concepiscono.

Le forze in campo

Diverse forze, in parte convergenti, in parte indipendenti o addirittura in parte contraddittorie, contribuiscono a questa dinamica.

1. La borghesia svizzera ha condotto un progetto storico teso a soffocare l’assicurazione sociale, cioè relativa al salario sociale con un meccanismo minimo di redistribuzione. Essa è riuscita a bloccare qualsiasi progetto di introduzione di un’assicurazione sociale per le malattie. La LAMal è una creazione mostruosa che combina:

a) l’obbligo di assicurarsi,

b) premi pro-capite, che non sono direttamente legati al rischio ma che consentono un numero quasi infinito di configurazioni (scelta dell’assicurazione, livello della franchigia, formule “medico di famiglia” e altro, etc.),

c) una parte residua delle prestazioni a carico degli assicurati tra le più elevate tra i paesi OCSE,

d) un sistema estremamente complesso e non trasparente per “assistere” i “più indifesi” pagando una parte dei loro premi (i cosiddetti “sussidi”) attraverso la fiscalità generale.

Il risultato di tutto questo è:

a) un onere finanziario sempre più difficile da sostenere per gran parte della popolazione;

b) una proliferazione quasi infinita di situazioni per gli assicurati, il che rende difficile, come nel caso del 2° pilastro, far convergere il malcontento su un’esigenza comune.

2. Da diversi decenni, la borghesia svizzera persegue con la stessa assiduità la sua duplice politica di esenzione fiscale per i capitali e gli alti redditi e di riduzione della spesa pubblica che non rappresenta una priorità per i suoi interessi. La cosiddetta “concorrenza fiscale” è lo strumento per imporre questa politica come una fatalità indiscutibile. Ciò esercita un’ulteriore pressione finanziaria per “controllare i costi della salute” che pesa particolarmente sugli ospedali, sulle cure a domicilio e sui sussidi all’assicurazione malattia.

3. Importanti settori del capitale vogliono mantenere il proprio margine di manovra – e di profitto – nel mercato sanitario (industria farmaceutica, industria delle apparecchiature e dei dispositivi medici) o aumentare la loro quota di mercato (cliniche private, catene di medici privati, catene di farmacie, case di riposo e cure a domicilio) diminuendo la presenza degli attori pubblici. Questi settori agiscono, in coordinamento con i loro punti di riferimento politico, per definire il quadro normativo e le politiche pubbliche. Per loro, l’aumento della spesa sanitaria rappresenta un buon affare.

4. I gruppi finanziari che si occupano di assicurazione malattia lavorano costantemente per rafforzare la loro posizione fondamentale nel settore sanitario. Ciò implica:

a) la soppressione di qualsiasi prospettiva di una cassa unica (con o senza un tipo di finanziamento sociale) che li priverebbe del loro ruolo e del loro potere,

b) il rafforzamento della loro posizione di elementi centrali del sistema sanitario, estendendo il loro controllo sul finanziamento (la battaglia per un finanziamento unico per il settore ospedale e per quello ambulatoriale) e sui fornitori di cure (controllo delle fatture, assistenza gestita, rinuncia all’obbligo di contrarre, etc.),

c) lo sviluppo del redditizio settore assicurativo privato e, a tal fine, acquisire una conoscenza sempre più approfondita e dettagliata degli assicurati che permetta loro una stratificazione accurata e redditizia della clientela.

5. Campagne ideologiche e pratiche, convergenti, si susseguono in modo costante sul doppio tema della responsabilità individuale (sulla propria salute) e della libertà di scelta (chi vi curerà). Queste campagne riecheggiano il culto dell’io (e del proprio pseudocontrollo), sottoprodotto della figura del consumatore e reso ancora più potente oggi da nuovi strumenti tecnologici (le app sulla salute). Esse sono funzionali a scopi pratici immediati, quali l’aumento del contributo dell’assicurato ai costi (“responsabilità”) o la costruzione di un mercato ospedaliero nel quale le cliniche private possono svilupparsi senza ostacoli (“libera scelta”).

Più fondamentalmente, queste campagne contribuiscono a costruire un orizzonte che combina la pseudo-responsabilità/vera colpevolizzazione individuale nella sanità (con la legittimazione delle cure differenziate secondo il “merito” che ne deriva), e la completa ignoranza dei determinanti sociali fondamentali della sanità (come il lavoro). L’aumento delle disuguaglianze sociali in materia di sanità è una delle conseguenze.

Mezzi di pressione

Al momento, queste diverse volontà e progetti stanno convergendo verso il rafforzamento di due mezzi di pressione decisivi utilizzati per imporre cambiamenti profondi:

1. L’aumento dell’onere finanziario legato alla sanità, soprattutto i premi di assicurazione malattia, sta diventando sempre più insopportabile per gran parte della popolazione. Rende lo status quo sempre più difficile da sostenere ed è quindi un mezzo di pressione decisivo per imporre cambiamenti che altrimenti avrebbero poche possibilità di successo.

2. La generalizzazione dei meccanismi di mercato nei servizi sanitari. Si presenta come la ricetta miracolosa per “controllare” i costi, aumentando la libertà del paziente/consumatore. Infatti, viene utilizzato per rimodellare i servizi sanitari in modo tale da far emergere nuove aree di investimento redditizie per il capitale privato.

Conseguenze

Nella fase attuale, tra le principali conseguenze, possiamo distinguere:

1. L’impasse creata dall’esplosione dei premi dell’assicurazione malattia ha portato a mettere in discussione la copertura sanitaria. Ciò che sta emergendo è che l’assicurazione di base, in un modo o nell’altro, non copre più un catalogo relativamente completo di cure e che la quota che dipende dalle assicurazioni complementari o dai pagamenti diretti, e quindi dalla capacità finanziaria delle persone, è in aumento.

La generalizzazione di franchigie elevate, con assicurazioni che richiedono alle persone di seguire un percorso definito per ridurre i loro premi (medico di famiglia, telemedicina, farmacia, etc.), significa che gran parte della popolazione ha già accesso all’assistenza sanitaria in parte a determinate condizioni.

L’assistenza gestita (managed care) che gli assicuratori stanno cercando di mettere in atto sarebbe un ulteriore passo in questa direzione. La proposta del direttore della CSS di una franchigia annuale di 10’000 franchi mostra bene l’orientamento di fondo, poiché equivale a togliere quasi tutte le cure correnti dalla copertura sanitaria. Si crea così gradualmente un'”atmosfera” in cui l’accesso alle cure, indipendentemente dalla capacità finanziaria, non è più dato per scontato.

I risultati dell’ultimo Monitoraggio della sanità (commissionato da Interpharma e pubblicato il 19.6.2018) riflettono le preoccupazioni al riguardo: l’attaccamento allo status quo nell’accesso alle prestazioni cresce di pari passo con il fatalismo sull’aumento dei costi sanitari e dei premi dell’assicurazione malattia.

2. Anche gli ospedali, cuore del sistema sanitario, sono al centro di una serie di contro-riforme. Gli effetti del loro nuovo finanziamento cominciano ad avere un impatto molto forte:

La differenza tra pubblico e privato è di fatto cancellata dalla legge e la concorrenza, sempre più agguerrita, è diventata la regola per attirare pazienti/clienti redditizi.

La pressione finanziaria sulle istituzioni è in aumento. Essa deriva in particolare:

a) dalla riduzione dei livelli di rimborso;

b) dalla volontà dei cantoni di ridurre il finanziamento delle prestazioni di interesse generale;

c) dalla necessità di finanziare nuovi investimenti;

d) dal trasferimento forzato verso le cure ambulatoriali, che obbliga a effettuare investimenti riducendo nel contempo le entrate.

Gli ospedali rispondono a queste pressioni finanziarie attraverso:

un’accelerazione dell’industrializzazione della “catena di produzione” delle cure

un deterioramento delle condizioni di lavoro del personale: pressione sui salari e sugli orari di lavoro, aumento del carico di lavoro che rende impossibile prestare le cure che vorremmo e dovrebbero essere effettuate, fonte di disagio psicologico, etc.

una concentrazione in strutture più grandi, con la chiusura di strutture più piccole (il progetto di fusione degli ospedali di Basilea Città e Basilea Campagna ne è un esempio lampante),

ma anche da nuovi investimenti. Da un lato per rinnovare la loro piattaforma tecnica e/o la loro attività alberghiera ed essere così “più attrattivi”; dall’altro, per verticalizzare il loro controllo dei percorsi di cura, creando nella medicina cittadina (ad esempio, a Lucerna, l’ospedale cantonale sta costruendo un centro ambulatoriale, che sarà gestito da Migros/Medbase (!), in concorrenza con i medici indipendenti in loco, al fine di controllare meglio il proprio “pool di reclutamento”).

Il settore ospedaliero è infatti coinvolto in un ciclo di concorrenza esacerbata/sovrainvestimento che porterà ad una crisi, difficoltà finanziarie, acquisizioni, chiusure, etc., accompagnato da un aumento del potere del settore privato, compresa la privatizzazione di strutture pubbliche.

3. Anche il settore privato sta facendo progredire le sue pedine nell’assistenza di lunga durata, la cui importanza è destinata a crescere nei prossimi tre decenni. Approfitta della pressione al ribasso dei bilanci cantonali e/o comunali per sostituirsi, in nome del fatto che sarebbe “più economico”. Le catene capitaliste, alcune delle quali internazionali, controllano già segmenti dell’offerta di case per anziani medicalizzate. Le aziende private di cure a domicilio stanno emergendo come alternativa ai servizi pubblici a prezzi scontati (e relative condizioni di lavoro), con l’aiuto di politici – come l’UDC Schnegg a Berna – il cui programma è quello di distruggere il sociale.

4. In tutti i settori e a tutti i livelli, questi cambiamenti si ripercuotono sulle persone che lavorano nel settore sanitario, in particolare attraverso un aumento del carico di lavoro, una ridefinizione del contenuto del lavoro in contraddizione con l’identità professionale, un deterioramento delle condizioni di lavoro (salario, orario di lavoro), che è alla base delle sofferenze vissute dal personale.

Elementi di risposta

La narrazione padronale della contro-riforma pretende che “La spesa sanitaria sta diventando insostenibile; il mercato e la concorrenza sono essenziali per aumentare l’efficienza dei servizi sanitari e ridurre i loro costi; i pazienti devono essere responsabili: a ognuno secondo i propri mezzi e meriti”.

L’alternativa potrebbe essere: “È scandaloso che esistano disuguaglianze sociali in materia di sanità; l’accesso alle migliori cure può e deve essere garantito a tutti; solo un servizio pubblico, finanziato dalle assicurazioni sociali, può garantire che sia data priorità alla sanità della popolazione e al rispetto del personale, e non agli affari di alcuni grandi gruppi imprenditoriali e al benessere di una minoranza.”

Da qui ne consegue che:

1. Un finanziamento sociale dell’assicurazione malattia, proporzionale al reddito, per garantire a tutti l’accesso alle migliori cure disponibili.

L’attuale finanziamento comporta inevitabilmente una differenziazione del grado di copertura e di accesso all’assistenza in funzione del reddito, con un aumento della rinuncia alle cure per una parte crescente della popolazione.

Il finanziamento sociale deve estendersi alle cure di lunga durata, a quelle a domicilio o alle case per anziani medicalizzate. Altrimenti, questo settore, che sarà decisivo per la salute della popolazione nei prossimi decenni, vedrà un’esplosione delle disuguaglianze sociali nell’accesso a cure di qualità.

2. Non sono possibili cure di qualità senza condizioni di lavoro di qualità; nessuna condizione di lavoro di qualità senza la possibilità di fornire un’assistenza di qualità.

La cosiddetta corsa all’efficienza/produttività e la conseguente industrializzazione delle cure – negli ospedali, a domicilio o nelle case per anziani- è il nemico numero uno delle cure di qualità e delle condizioni di lavoro di qualità. Sono le esigenze dei pazienti e del personale che devono essere il punto di partenza per ripensare le cure oggi, non una presunta produttività basata su obiettivi finanziari.

Il legame indissolubile tra queste due dimensioni è la base per una possibile mobilitazione sociale e sindacale convergente per un sistema sanitario umanizzato.

3. Nessuna mercificazione delle cure, abbandono del finanziamento ospedaliero basato sul sistema DRG e costituzione di servizi pubblici della sanità

Il nuovo finanziamento degli ospedali attraverso il DRG mira a creare le condizioni per una sempre maggiore presenza del settore mercantile, orientato al profitto, negli ospedali e più in generale nei servizi sanitari. Ciò implica inevitabilmente, nel tempo, la messa in discussione dell’accesso di tutti all’assistenza di qualità e lo smantellamento delle condizioni di lavoro del personale.

La lotta a questa dinamica richiede una mobilitazione sociale per:

un approccio integrato e cooperativo (e non competitivo) nei confronti delle varie istituzioni sanitarie, concepite come componenti dei servizi pubblici della sanità; i servizi sanitari non devono essere appannaggio di società private a scopo di lucro;

un finanziamento basato sull’attività dei servizi sanitari e sui loro costi (e non su pseudoprezzi e concorrenza. NB: la formazione o la sicurezza pubblica (o gli ospedali fino agli anni 2000) sono finanziate in questo modo, cioè sulla base dei costi di gestione di istituzioni pubbliche la cui missione è fornire i servizi ritenuti necessari per soddisfare i bisogni ritenuti di interesse pubblico.

una partecipazione degli operatori sanitari e dei rappresentanti degli utenti/pazienti alla gestione di questi servizi pubblici e delle loro istituzioni.

Per meglio capire…

… i costi della salute

“L’esplosione” dei costi sanitari viene costantemente invocata ed utilizzata per giustificare le controriforme in materia di sanità. Questo “argomento” deve essere contrastato ricordandoci che:

1. L’aumento della spesa sanitaria più rapido rispetto alla ricchezza prodotta annualmente, stimata ad esempio dal prodotto interno lordo, è dato comune a tutti i ricchi paesi industrializzati. Essa riflette l’importanza attribuita alla salute e al progresso medico, che hanno un costo. Dato l’aumento complessivo della produttività di una società, il fatto che questa stessa società destini una parte sempre maggiore delle proprie risorse alla sanità non è di per sé un motivo per giustificare il ragionamento secondo il quale le risorse non sarebbero poi sufficienti a soddisfare altri bisogni essenziali. In altre parole, a livello sociale, finanziare l’aumento della spesa sanitaria non è una sfida insormontabile.

2. Un contributo salariale, paritetico, di circa il 3,5% sarebbe oggi sufficiente a finanziare l’assicurazione malattia. È meno di quanto si paga per l’AVS. Questo dato, matematico, conferma da un lato l’osservazione di cui sopra e dimostra, dall’altro, che il problema principale non è l’ammontare della spesa sanitaria, ma il modo in cui l’assicurazione sanitaria è finanziata, con premi pro capite, indipendenti dal reddito.

… il Managed care

In linea di massima, il sistema di Managed Care (o cure integrate) mira a stabilire, sotto il controllo delle compagnie di assicurazione, un doppio vincolo.

In primo luogo, gli assicurati si impegnano a limitare la loro scelta tra i fornitori di servizi. Si uniscono ad una rete di cure, che comprende solo un certo numero di medici generici, specialisti e ospedali, e rinunciano a consultare professionisti che non sono membri di questa rete. Essi accettano inoltre di seguire un processo predefinito: consultare prima il medico generico di riferimento, che si rivolgerà poi, se necessario, a uno specialista o a un ospedale, etc.

In secondo luogo, i fornitori di cura sono disposti a fare rete. Nei modelli di maggior successo, ciò significa che la rete si assume da sola il rischio finanziario legato alla propria attività: la rete riceve un budget annuale predefinito per ogni paziente registrato; spetta ad essa assicurarsi che le sue spese non superino le sue entrate.

Gli assicurati sono incoraggiati a far parte di una rete di Managed care con la prospettiva di premi di cassa malati più bassi; tuttavia, se hanno un problema di salute, rischiano di essere coperti da una rete che, per rimanere redditizia, limita le prestazioni offerte. Si tratta quindi della realizzazione di fatto di una forma istituzionalizzata di medicina a più velocità. Per costringere i medici ad unirsi a queste reti di cure integrate, le compagnie di assicurazione si sono battute per anni per abolire l’obbligo di rimborsare qualsiasi medico in possesso di una licenza di esercizio e ottenere così la “libertà contrarre”.

… il finanziamento attraverso il DRG

Dal 2012 è in vigore un nuovo finanziamento ospedaliero. Si tratta di un finanziamento basato sul sistema DRG (Diagnosis Related Groups). Questo sistema, introdotto per la prima volta negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’80, si basa sulla premessa che, per costringere gli ospedali ad essere più “efficienti”, sia meglio fissare tariffe complessive forfettarie per ogni trattamento standard (ad esempio, trattamento dell’appendicite), piuttosto che rimborsare i vari servizi forniti (pernottamenti, pasti, uso della sala operatoria, onorari dei medici, medicinali, etc.)

A tal fine, tutte le cure effettuati negli ospedali sono raggruppate in gruppi, i DRG, che dovrebbero essere relativamente omogenei dal punto di vista finanziario (più di 1000 DRG in Svizzera). Il livello di rimborso per ciascuno di questi gruppi si basa sul costo medio delle cure per questo gruppo. Pertanto, una particolare cura i cui costi effettivi sono superiori al livello di rimborso stabilito comporterà una perdita per l’ospedale e, al contrario, una presa carico con costi inferiori genererà un utile.

Questo sistema ha due conseguenze automatiche:

1) la pressione su tutti gli ospedali per mantenere i costi entro il livello di rimborso previsto; questo porta gli ospedali a industrializzare la loro gestione (standardizzazione) e a ridurre la durata dei ricoveri (con il rischio di dimissioni ospedaliere troppo rapide);

2) un incentivo a specializzarsi in trattamenti “redditizi” e ad abbandonare attività e pazienti non redditizi (ad es. anziani con molte complicazioni); questa possibilità esiste soprattutto per le cliniche private.