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di Bruno Buonomo

Gli  impatti dei cambiamenti climatici sono stati durante tutto il 2018 nuovamente evidenti e gli sviluppi futuri sono stati ulteriormente sottolineati nella relazione speciale dell’IPCC pubblicata nello scorso mese di ottobre, ma  a fronte di questa enorme emergenza il potere economico-politico capitalista dimostra tutta la sua inefficace crudeltà.

Alla fine del 2018, sembra opportuno riflettere sull’anno e sugli eventi chiave. Nel mese scorso,la California e’ stata per la seconda volta (dopo quanto gia’ avvenuto da metà luglio ad agosto) devastata da una serie di incendi che si sono sviluppati su tutto il suo territorio.

Oltre 1,6 milioni di ettari sono bruciati e gli incendi sono stati i più distruttivi che lo stato abbia mai visto.
Più a nord, la Columbia Britannica in Canada, ha avuto quest’anno un altro  record, con 3,2 milioni di ettari di terra bruciata.

Il dibattito nella comunita scientifica gia’ nel 2017 aveva riflettuto sull’anomalia di questi eventi climatici, chiedendosi con preocuppazione se fossero  correlati all’innalzamento della temperatura globale per effetto del riscaldamento in atto. Gli eventi del 2018 hano solo rafforzato queste preoccupazioni.

Oltre a questo, anche la Scandinavia è stata colpita, evento raro, da incendi in Finlandia, Russia, Norvegia e Svezia che hanno prodotto la distruzione di oltre 12.000 ettari di vegetazione.

L’Australia ha subito una grave siccità invernale descritta da alcuni come la peggiore siccità nella storia vivente, con l’intero stato del New South Wales dove si sviluppa circa un quarto dell economia agricola della regione ancora in stao di emergenza. Sebbene ci sia stata qualche gradita pioggia durante la primavera australe, non sembra che ci sarà abbastanza pioggia per aiutare la regione a riprendersi completamente.

Vaste zone del Giappone, Cina ed India sono state colpite da forti piogge che hanno prodotto inondazioni e frane, causando l’evacuazione di centinaia di migliaia di persone dai propri luoghi di residenza.

Inoltre, con le ultime elezioni brasiliane, che hanno visto l’elezione di Jair Bolsonaro come presidente,un politico di destra che ha condotto una campagna elettorale con programma politico che prevede un consistente sfruttamento delle risorse naturali brasiliane.

I cambiamenti nelle politiche brasiliane, incluso l’abbandono dei controlli su deforestazione e uso del suolo, potrebbero avere implicazioni significative per la mitigazione e gli obiettivi climatici da raggiungere, proprio mentre le tempistiche richiedo un azione collettiva mondiale per affrontare la sfida della mitigazione mentre gli impatti diventano più evidenti e severi.

In cambio del sostegno politico, il governo brasiliano sta per permettendo ai proprietari terrieri di aumentare la deforestazione mettendo a rischio il contributo del Paese all’Accordo di Parigi.Il Presidente del Brasile ha firmato atti e decreti provvisori che abbassano i requisiti di autorizzazione ambientale, sospendono la ratifica delle terre indigene e riducendo le dimensioni delle aree protette, facilitando cosi gli accaparratori di terre che occupano le aree illegalmente deforestate.Ciò potrebbe minare il successo delle riduzioni delle emissioni di CO2 del Brasile attraverso il controllo della deforestazione nel decennio precedente.  L’abbandono delle politiche di controllo della deforestazione e il sostegno politico alle pratiche agricole predatorie rendono impossibile raggiungere obiettivi coerenti con di un mondo sotto 2 ° C senza il contributo del Brasile.

Il rilascio dell’atteso rapporto speciale dell’IPCC sul riscaldamento globale di 1,5 ° C ha fornito un calendario per la riduzione delle emissioni, con dichiarazioni chiare sulla differenza di impatti prodotti sul mondo tra 1,5 e 2 ° C.

Il riscaldamento è già a 1 ° C a livello globale e per mantenerlo sotto 1,5 ° C , le emissioni devono essere ridotte di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, lanciando l allarme che mancano 12 anni per fermare il cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico considerando gli eventi appena descritti si sta già manifestando ora, e le tempistiche necessarie per ridurre gli effetti di ulteriori devastanti impatti non sono compatibili con l’attuale sistema capitalistico.
È in questo drammmatico ed allarmante contesto che si è conclusa da alcui giorni a Katowice (Polonia), la 24esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop24 Unfccc).

La COP, o Conferenza delle Parti, è, appunto, il principale organo decisionale nel quadro del UNFCCC, la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulata nel 1985. La prima COP (COP1) si tenne a Berlino il 7 aprile 1995. Da allora si sono tenute altre ventitré COP, per arrivare a quest’ultima in Polonia. LA COP dovrebbero decidere congiuntamente le misure che gli Stati dovrebbero applicare affinché la temperatura globale non superi una certa soglia, determinata dalle risultanze dei ricercatori, come ad esempio quelli dell’IPCC.

Due settimane (e due giorni supplementari) di discordanti ed inutili negoziati, in cui i quasi 200 Paesi riuniti, come nelle scorse conferenze, non hanno raggiunto un accordo per fronteggiare l’emergenza climatica in corso.

Gli scienziati e persino i negoziatori stessi sono ben coscienti che il cosiddetto “Regolamento di Parigi” non sarà sufficiente da solo a impedire che il riscaldamento globale raggiunga livelli critici.

Gli Stati Uniti, la Russia, l’Arabia Saudita e il Kuwait hanno unito le forze per impedire che la conferenza approvasse pienamente le conclusioni dell’ultimo report dell’IPCC, esplicitando solo una dichiarazione di encomio sui tempi celeri con cui lo stesso e’stato sviluppato.

L’Australia si è unita alle posizioni negazioniste degli Stati Uniti sul clima a cui si e’ anche aggiunto il Brasile di  Jair Bolsonaro sempre piu desideroso di depredare le risorse della foresta ammazzonica, e che ha ritirato la sua offerta per ospitare la conferenza del prossimo anno.

Quindi, confermando ciò che già avviene da decenni, si è rimandato il tutto al 2020 quando i paesi devono dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi fissati un decennio fa per ridurre le loro emissioni e quando devono affermare nuovi obiettivi molto più severi.

Ma il pianeta ha bisogno di interventi radicali da intraprendere prima del 2030 per arginare il catastrofico cambiamento climatico, avvertono gli esperti, e questo e’ uno dei principali motivi per cui l’ultimo report ha avuto una forte risonanza in tutta l’opinione pubblica mondiale.

Durante la conferenza(COP24) ci sono state molte proteste di movimenti ambientalisti e di giovani studenti, quest’ultimi saranno i soggetti che hanno più da perdere rispetto agli adulti perché vivranno più a lungo nel futuro del riscaldamento.

L’emergenza climatica è il piu importante problema politico e sociale dei nostri giorni. Non è però questione di dare una mano di vernice verde a un modo di produzione globale che è intrinsecamente anti-ecologico: la prevalenza strutturale dell’aspetto quantitativo, del consumo e della dissipazione di ogni tipo di risorsa, compresa la forza-lavoro umana, sull’aspetto qualitativo, impediscono di prospettare soluzioni all’interno del sistema capitalistico. Solo al di fuori di esso, con la lotta di tutti gli sfruttati e gli oppressi, saremmo in grado  di arrestare la devastazione capitalistica.

Ecosocialismo o barbarie: questa è la scelta che sta diventando sempre più chiara.
Il nostro pianeta, le nostre vite, le nostre vite, la vita stessa, valgono più dei loro profitti!

 

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