La mobilitazione dei Gilet Gialli non è un’espressione di marginalità, di disintegrazione sociale. Al contrario, la grande maggioranza delle persone alle rotonde sono lavoratori salariati, perché dietro alla cortina di fumo della categoria “classe media”, il 60% degli impiegati pubblici o privati guadagna meno di 2.000 euro al mese. Le famiglie con genitori single sono particolarmente colpite, e questa è una delle ragioni della partecipazione altissima di donne al movimento dei Gilet Gialli.
Fuori dal movimento operaio
Non è né un movimento legato ad una singola questione, né a un particolare gruppo di lavoratori/trici di una determinata regione o professione. L’aumento delle tasse è stato il detonatore attraverso il paese per quelli e quelle che condividono luoghi di vita comuni, e spesso condividono legami sociali preesistenti. I social network e la copertura mediatica da parte dei maggiori canali d’informazione hanno fatto il resto.
Pur essendo una mobilitazione di lavoratori/trici, pensionati/e e sfruttati/e, rivolta verso lo Stato e che pone la questione della distribuzione delle ricchezze, la protesta si è costruita totalmente al di fuori del movimento operaio, dei sindacati e dei partiti politici. È il segno della mancanza di credibilità di questo movimento operaio, delle conseguenze della gestione dell’austerità da parte della socialdemocrazia, che l’ha posta dalla parte dei responsabili e non delle soluzioni, e anche della perdita di efficacia del movimento sindacale nel difendere le condizioni di vita dei/lle lavoratori/trici. Senza farne una regola generale, pochi/e gilet gialli sono sindacalizzati/e e molti/e (come quasi la metà dei/lle lavoratori/trici salariati/e) lavora in PME [piccole e medie imprese, ndt], dove il peso del sindacato e la forza dell’azione collettiva sono molto bassi.
Il movimento porta con sé un fatto politico: il peso reale del voto di estrema destra tra i/le lavoratori/trici. Ma, al di là delle varie azioni razziste e omofobe, i bersagli che i Gilet Gialli hanno identificato in quanto responsabili per la loro situazione non sono né i migranti né i dipendenti pubblici, diversivi spinti dall’estrema destra.
Questo movimento si è concentrato su ciò che lo unisce, il respingimento dell’ingiustizia fiscale, e ha rigettato ciò che lo divide, in particolare il razzismo. Persino la campagna contro il Patto Marrakech nelle scorse settimane è scivolata sul movimento senza riuscire a far presa.
Ma per mettere in luce le sue rivendicazioni sociali, il movimento sfida lo Stato evitando il confronto con i datori di lavoro in generale, mettendo le PME sullo stesso piano delle TPE [piccolissime imprese, ndt] in quanto vittime delle grandi aziende.
Clima sociale surriscaldato
Il movimento non è sicuramente stato in grado, al di là dell’ampia simpatia che ha ricevuto, di agglomerare attorno a sé, nell’azione, le classi popolari delle banlieues e dei centri urbani. Eppure, ha sbilanciato i rapporti di forza.
Macron ha pensato che con la sua vittoria sui/lle ferrovieri/e non avrebbe più trovato ostacoli nell’implementazione della sua agenda ultra-liberale. Ma non è più così. I datori di lavoro mettono rapidamente da parte, in silenzio, il loro attacco contro il pagamento degli straordinari ai camionisti. Allo stesso modo, il clima sociale surriscaldato ha permesso ai/lle dipendenti dell’hotel di lusso Hayatt di vincere su alcune delle loro richieste. [1]
Ma, allo stesso tempo, la grande maggioranza del movimento sindacale non ha voluto schierarsi al fianco dei Gilet Gialli, e spingere sulle condizioni di favore, non solo per avanzare delle rivendicazioni di settore, ma soprattutto per creare il rapporto di forze per raggiungere le proprie richieste generali sui salari (indicizzazione, aumento generale) o l’abolizione del CICE [Credito di imposta per la competitività e l’impiego, vantaggi fiscali per le imprese, ndt]. Tuttavia, è questa azione congiunta per i salari e per fare in modo che Macron ceda sulla sua politica al servizio dei capitalisti che rimane ancora all’ordine del giorno, e questo dalle prime settimane di gennaio.
Se le condizioni necessarie sono ancora presenti, con l’estensione delle azioni dei Gilet Gialli, la convergenza non potrà che venire dal basso, come è già iniziato ad accadere in molte manifestazioni di diverse città, e nel coinvolgimento degli/lle attivisti/e dei movimenti sociali all’interno dei Gilet Gialli.
La posta in gioco delle questioni politiche
Il proclamato “apoliticismo” dei Gilet Gialli ha espresso il rifiuto del meccanismo politico della “democrazia rappresentativa”. Questo movimento è il risultato di decenni di governi che hanno spezzato tutte le maglie attraverso le quali lo Stato ha mantenuto un certo consenso sociale, e quindi il rispetto per le istituzioni e per i politici. La crisi aperta della socialdemocrazia e dei Republicains (il partito di centro-destra francese, ndt], la stessa elezione di Macron, sono le conseguenze di questo processo.
La prima espressione di questo rifiuto è la negazione della rappresentazione, o della delega, all’interno dei Gilet Gialli. Questo non ha impedito, nelle ultime settimane, l’inizio di strutturazione per organizzare le azioni e le esigenze. Ovviamente, le azioni e le parole dei Gilet Gialli sono direttamente politiche, ma non possono ancora essere inserite in un quadro istituzionale.
Non di meno, l’enfasi sui Referendum di Iniziativa Popolare (RIC) testimonia le illusioni sulla possibilità di influenzare i meccanismi istituzionali con alcuni colpi ben assestati. L’esperienza del Trattato Costituzionale Europeo o della consultazione truccata di NDDL (Notre-Dames des Landes, ndt) sono la prova del contrario. Dall’altro lato, l’attuale richiesta di democrazia potrebbe arricchire nuovi sviluppi, se il movimento mantiene la forma di assemblee popolari locali che stimolano azioni militanti per imporre scelte derivanti da necessità sociali.
Questa aspirazione democratica, anche se non dovesse trovare uno sbocco, non si risolverà “digerendo” i Gilet Gialli, a prescindere dai desideri di carriera individuale di alcuni leader.
Ma, come le questioni sociali, le questioni politiche a questo stadio del movimento sono un problema aperto. Se si spegnesse all’inizio di quest’anno, non solo sarebbe più difficile il materializzarsi di nuove spinte propulsive di mobilitazione in settori specifici dei lavoratori/trici salariati, ma l’unico sbocco per la politica tornerebbe ad essere il sistema elettorale, sia in negativo con l’astensione che attraverso una spartizione di voti tra France Insoumise e Front National, di cui quale quest’ultimo sarebbe il principale beneficiario.
Note:
[1] Vedere Archy news nety, 23 Dicembre 2018 “Victory for the maids of the Hyatt Paris Vendôme”.
*Fonte articolo: https://npa2009.org/actualite/politique/les-gilets-jaunes-et-le-mouvemen…