A fine gennaio, nell’ambito dell’evento del DFE dal titolo “Il mercato del lavoro ticinese: tra presente e futuro – Le sfide di oggi e le opportunità di domani” è stata ripresentata, senza grandi modifiche, la solita strategia di lotta alla disoccupazione del DFE. Una strategia che dichiara di mettere sempre la “persona al centro” e che si vuole promotrice di un “reinserimento rapido e duraturo delle persone in cerca di impiego”.
È sempre difficile farsi delle idee di fronte a delle cifre snocciolate con l’aiuto di presentazioni PowerPoint, anche se talune, come quelle che nella stessa scheda parlano per il 2017 di 8000 persone collocate e … 8000 sanzioni (penalità) sono di per sé sufficientemente eloquenti.
I salariati di questo cantone, occupati, sottoccupati e disoccupati vivono una situazione di emergenza che necessità risposte ben più incisive delle solite ricette.
Come si può ad esempio sostenere di mettere “la persona al centro” e poi chiedere a un consulente al collocamento URC di seguire (e quindi di offrire una consulenza personalizzata e di qualità) 100, 120, 150, fino a 180 disoccupati contemporaneamente, con il rischio di imporre ai consulenti un esercizio di triage da ospedale da campo per gestire il loro intervento di consulenza, o peggio limitarne l’attività al puro controllo/sanzionamento?
Come si può ad esempio fissarsi come obiettivo il “reinserimento rapido e duraturo delle persone in cerca di impiego” e poi imporre le persone alla ricerca di impiego di iscriversi a una piattaforma pubblica di collocamento, la nota “job-room”, sempre più colonizzata dalle agenzie di collocamento private che sfruttano questo strumento come cavallo di troia per accedere a dei possibili candidati fragilizzati la cui libertà di contrattazione è viziata dall’obbligo di accettazione di una proposta di lavoro penalizzante, ma considerata come “idonea” dalla Legge sull’Assicurazione Disoccupazione?
Tra le nostre varie proposte per combattere veramente la disoccupazione e il dumping salariale, mi premeva, in conclusione, segnalare le seguenti:
– un massiccio potenziamento del collocamento pubblico;
– l’obbligo di indicare lo stipendio offerto per ogni posizione pubblicata nella “job-room”;
– il divieto di attività per le agenzie di lavoro interinale;
– l’obbligo di notificare qualsiasi contratto di lavoro (delle relative modifiche, dei licenziamenti) per quel che riguarda orario di lavoro, salario e attività esercitata;
– l’introduzione di salari minimi legali (a seconda della formazione e della funzione svolta) di 4’000 franchi lordi mensili (per 13 mensilità e 40 ore settimanali) per un lavoro/funzione non qualificato; di 5’000 franchi lordi mensili per un lavoro/funzione qualificato; e 6’000 franchi lordi mensili per un lavoro/funzione basate su una formazione terziaria.
Siro Petruzzella, Candidato al Gran Consiglio della Lista MPS-POP-Indipendenti.
*Opinione apparsa sul Corriere del Ticino del 20.03.2019