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La recente decisione del Tribunale Amministrativo Federale sulla Pianificazione Ospedaliera (PO), votata dalla maggioranza del Gran Consiglio nel dicembre 2015, rappresenta una seconda sconfessione della PO, dopo quella che, di fatto, era avvenuta sul piano politico con la sconfitta della riforma della Legge sull’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), sconfitta in votazione popolare nel maggio 2016.

Si tratta di un nuovo colpo alla credibilità politica del governo che, lo ricordiamo, allora votò, compatto e unanime il progetto di PO, difendendone sia l’iter pianificatorio (tutt’altro che democratico) che le proposte operative.

Come si ricorderà, allestendo il rapporto di minoranza contro la PO e dando un contributo decisivo alla campagna referendaria contro la riforma della legge sull’EOC (modifica fondamentale nel quadro della PO), il Movimento per il socialismo (MPS) aveva messo in luce la logica inaccettabile alla base della PO.

In particolare, lo ricordiamo, l’MPS contestava alcuni punti fondamentali della pianificazione, tra i quali, come indicavamo nel rapporto di minoranza: “Progetto, lo ripetiamo, tutto orientato verso una logica di mercato: “tutti gli ospedali, poco importa se pubblici o privati, sono obbligati ad operare in modo imprenditoriale per assicurare la loro competitività” possiamo leggere nel messaggio del Consiglio di Stato.

Le modalità proposte dal Consiglio di Stato – e ratificate dalla maggioranza della CPO – per questo cambiamento di paradigma sono diverse e verranno illustrate e criticate nel dettaglio nei vari capitoli del presente rapporto di minoranza. In particolare si vuole agire:

– Privatizzando: è prevista la trasformazione di ospedali pubblici in società anonime con la partecipazione 50/50 tra pubblico e privato;

– Rafforzando le logiche di mercato nella gestione di ciò che rimarrà dell’EOC assegnandogli un proprio capitale di dotazione, con indicazioni sulle attese di redditività;

– Abolendo i volumi di pianificazione e permettendo dunque alla domanda e all’offerta di agire liberamente;

– Tagliando l’offerta ospedaliera nelle regioni di montagna tramite la chiusura dei pronto soccorso e smantellando il settore acuto;

– Imponendo il dumping sanitario attraverso la fissazione di parametri dii riferimento calcolati sulle prestazioni erogate con un costo più basso.

Si tratta, lo ripetiamo, di un vero e proprio mutamento di paradigma. In questa visione, il servizio pubblico non è più un servizio al cui centro vi sono i bisogni dei cittadini e la necessità di garantire loro la medesima possibilità di accesso a questo servizio.“

La sconfessione giuridica della Pianificazione Ospedaliera da parte del Tribunale Amministrativo Federale non è che la conferma della sconfessione politica avvenuta con la votazione popolare del maggio 2016.

In occasione della votazione sulla modifica della Legge Ospedaliera di fatto la popolazione ticinese aveva votato contro l’impostazione su cui era stata costruita, da EOC, DSS, Genolier e Cardiocentro, la pianificazione ospedaliera.

Certo le nostre motivazioni non coincidono con quelle di coloro che hanno promosso il ricorso contro la PO. Ma le critiche di fondo ai criteri con i quali sono state prese alcune decisioni valgono anche per decisioni penalizzanti per la sanità pubblica in Ticino.

Pensiamo, ad esempio, agli ospedali di valle nei confronti dei quali continua la politica di smantellamento da parte dell’EOC, e questo in dispregio delle stesse decisioni alla fine imposte dal Gran Consiglio (mantenimento di reparti di medicina acuta).

Dopo questa sentenza il dibattito e la discussione sulla pianificazione dovrà riprendere da capo e non potrà non evitare una discussione politica il cui obiettivo non potrà che essere la necessità di sviluppare il settore della medicina pubblica: vera e unica garanzia di equo trattamento dei pazienti nell’accesso alle cure.