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In politica si possono avere opinioni diverse ed è giusto che tutti possano esprimerle. Su di un piano squisitamente politico (escluse proposte che contraddicono principi democratici fondamentali o sfidano il Codice penale) non possono esserci limiti. Ma da un punto di vista morale i limiti ci devono essere.

E questi limiti di decenza politico-morale li ha superati il sindacato PS di Bellinzona Mario Branda quando, nell’assemblea dell’”Associazione giù le mani” dell’altra sera, si è permesso di mettere in discussione la legittimità di questa Associazione a investire una parte dei suoi averi nella campagna a sostegno dell’iniziativa “Giù le mani dall’Officina” in votazione il prossimo 19 maggio. Lo ha fatto, in più, con la malizia e la malafede che, ormai sistematicamente, ne sta contraddistinguendo l’azione a tutti i livelli; aiutato in questo dalla martellante propaganda di sostegno di quel ridicolo giornale che è diventato La Regione.

Branda è intervenuto in totale malafede, ancora più grave visto che a farlo è un giurista per di più ex-procuratore, non digiuno quindi di conoscenze giuridiche. Ha insinuato che l’Associazione giù le mani non potesse disporre dei mezzi che vuole impegnare nella campagna. E questo pur sapendo che i fondi in questione sono stati devoluti all’Associazione, proprio al momento della sua costituzione, dall’assemblea dei lavoratori dell’Officina, con il compito statutario di operare per la difesa dei posti di lavoro e del sito dell’Officina; pur sapendo che dell’Associazione fanno parte i lavoratori dell’Officina; pur sapendo che all’assemblea dell’altra sera erano stati regolarmente invitati, per posta e con allegato il materiale relativo alle proposte, tutti gli iscritti all’Associazione. Un esempio di quella “democrazia integrale” che i lavoratori dell’Officina hanno sempre praticato; una pratica democratica di cui invece non si possono certo fregiare Mario Branda e i suoi accoliti, se pensiamo ai metodi con i quali (senza discussione, senza approfondimento e a marce forzate) hanno imposto un sostegno totalmente acritico al progetto delle FFS da parte del Consiglio comunale di Bellinzona, rifiutando per mesi persino la discussione in seno allo stesso Consiglio comunale.

È proprio questo il sindaco “socialista”, presentato come modello al quale ispirarsi, che ha goduto del sostegno di Verdi, PC e compagnia bella che hanno gioito e manifestato per la sua elezione dopo una campagna elettorale per le comunali tutta all’insegna dello slogan “Lo spostamento dell’Officina non è più un tabù”.

Quel che più è avvilente è che all’assemblea erano presenti alcuni responsabili ed ex-responsabili del PS che si sono guardati bene dall’intervenire per richiamare Branda (salvo poi, a fine assemblea, a dirci che “è impazzito…”).

Di questi tempi i social-liberali insistono sulla necessità di una loro presenza negli esecutivi. Un socialista in consiglio di Stato, leggiamo sui cartelli elettorali, “fa la differenza”. Se pensiamo al comportamento di un Branda in questa vicenda, se pensiamo al comportamento di un Bertoli nella votazione delle riforma fiscale dello scorso anno, se pensiamo al ruolo del PS nel governo e nel Parlamento federale a sostegno di sciagurate riforme come la PV 2020 o la RFFA, non possiamo che condividere questo slogan; la presenza socialista (sulle questioni fondamentali e nei momenti decisivi) fa effettivamente la differenza: purtroppo non a favore delle classi subalterne, ma a favore delle classi dominanti.