Il Parlamento cantonale ha respinto l’iniziativa “Giù le mani dall’Officina”: un voto coerente visto che il Parlamento aveva accolto, poche settimane fa, il credito di 100 milioni (che vanno ad aggiungersi ai 20 già votati dalla città di Bellinzona) a sostegno del progetto delle FFS per un nuovo stabilimento, sostenuto da Cantone e Città di Bellinzona.
Un voto “coerente” poiché non vi sono ormai dubbi, e tutti cominciano a capirlo, che si tratta di due progetti fortemente alternativi sia per i contenuti che per le conseguenze economiche, sociali e occupazionali.
Infatti l’iniziativa chiede (e cito) la creazione di una società pubblica (FFS, Cantone, Comuni) che “a) rilevi le attuali attività delle Officine FFS di Bellinzona; b) sviluppi nuove attività, nuovi servizi, attività di ricerca ed innovazione nel campo della gestione e della manutenzione dei vettori di trasporto. “.
La lettura attenta del testo permette di comprendere quanto profonda sia la differenza: sa un lato un progetto che chiede di mantenere le attività fin qui svolte alle Officine e di potenziarle con investimenti nel settore tecnologico legato al settore dei trasporti; dall’altro un progetto che taglia il 70% delle attuali attività e punta a un’attività ridotta, il minimo indispensabile di cui, in ogni caso, le FFS hanno bisogno in Ticino nell’ambito della manutenzione di alcuni treni passeggeri. Portare questa manutenzione oltre Gottardo sarebbe costoso, complicato, non economico: per questo le minacce di “portar via tutto” delle FFS non hanno alcun fondamento. E mentre fanno queste minacce, in realtà, con il progetto approvato da Cantone e città, si consente loro di portar via il 70% delle attuali attività. Bel servizio reso all’occupazione in Ticino!
Ancora due parole sulle critiche che vengono fatte all’idea che sia una società pubblica (FFS, Cantone, Comuni) a gestire questa futura società. Anche qui, obiezioni ridicole, come quella per cui lo Stato non dovrebbe essere imprenditore. Ebbene, cosa sono e cosa sono state le FFS se non un’azienda di proprietà dello Stato? E, detto di passata, andavano meglio quando era lo Stato a dirigerle, diciamo così, direttamente oppure oggi che godono di un’autonomia gestionale tipica delle imprese private? Porre la domanda è già dare la risposta.
Quanti posti di lavoro?
Ma veniamo all’analisi un po’ più dettagliata su quanto offra il progetto delle FFS in termini di attività e di posti di lavoro. Il men che si possa dire è che questi dati siano ballerini e sostanzialmente poco credibili. 200/230 è il mantra che viene costantemente ripetuto senza che nessuno, ma proprio nessuno, abbia spiegato agli abitanti di questo Cantone ai quali si chiede di sborsare 100/120 milioni a cosa, concretamente, dovrebbero servire questi soldi. Si compra a scatola chiusa!
Tanto per cominciare si parla di 200/230 posti di lavoro. Non è una piccola oscillazione: tra i due dati vi è una differenza del 15%: di che realizzare un piano di ristrutturazione con i tempi che corrono. Ma, ancora poche settimana fa, Raffaele De Rosa affermava pubblicamente che alla commissione della gestione sarebbero stati presentati documenti che attestavano 170 posti di lavoro (un’altra differenza del 15%).
I dati forniti ufficialmente dalle FFS non lasciano scampo. Nello scorso mese di aprile 2018 le FFS, in una riunione della tavola rotonda nella quale erano presenti anche i Consiglieri di Stato Vitta, hanno comunicato che la “nuova” Officina avrebbe avuto bisogno di 200’000 ore produttive annuali. Il calcolo è presto fatto. Le ore produttive per ogni lavoratore sono circa 1’550 all’anno; abbiamo quindi (200’000:1’550) circa 105 collaboratori, ai quali si possono aggiungere i cosiddetti indiretti (circa il 20%). Arriviamo a quei circa 130 collaboratori ai quali ci siamo spesso riferiti sostenendo che di fatto paghiamo un milione per ognuno dei posti “salvati”: a che prezzo, verrebbe voglia di dire!
Ma anche un’analisi ancora più ravvicinata, se fatta con serietà, mostrerebbe quanto sia profonda la legnata (che Parlamento e città sono pronte a sostenere con entusiasmo) in termini occupazionali. Perché i posti restanti nella cosiddetta “nuova” Officina non possono essere confrontati con gli attuali posti di lavoro presenti sull’attuale sito dell’Officina (si fa di solito riferimento a 430 posti di lavoro). In realtà il confronto deve essere fatto con circa 500 posti di lavoro. Poiché a quelli del sito industriale devono essere aggiunti i posti legati alla manutenzione leggera della flotta TILO che viene svolta nei depositi di Bellinzona-Pedemonte e di Biasca.
Altre riflessioni andrebbero fatte sul quanto resterebbe nella “nuova” Officina. Dei tre componenti di fondo ormai sappiamo tutto. Per la flotta TILO/Flirt non si dovrebbe andare oltre un bisogno di una ottantina di posti di lavoro; per la futuro flotta Giruno, basterà ricordare che la manutenzione pesante di questo treno si effettuerà ogni 4/6 anni, limitandosi alla manutenzione leggera: non più di una ventina di posti di lavoro; e assai simile il discorso per la flotta ETR.
Questi sono i calcoli che si devono fare: e che confermano come, nella migliore delle ipotesi, la cosiddetta nuova Officina non andrà oltre i 120/130 posti di lavoro. Un vero disastro in termini occupazionali e sociali che, in più, ci si vanta di finanziare con 130 milioni (un milione per ogni posto di lavoro “salvato”): un vero e proprio pizzo pagato alle FFS, come abbiamo già avuto modo di scrivere.
Non val la pena qui soffermarsi sul cosiddetto controprogetto, presentato dal PS. Che ha avuto la sola funzione di permettere al governo di guadagnare tempo, di evitare che la discussione avvenisse contemporaneamente alla discussione sui 100 milioni e permettesse così spostare ancora più in là la votazione, con grande danno per l’iniziativa stessa.
Un progetto puramente speculativo
Anche dal punto di vista immobiliare le intenzioni delle FFS appaiono chiare. Guadagnano (e moltissimo) su tutti i fronti: a Bellinzona per la loro parte (e per quella che andrà a Cantone Comune sulla quale la loro presenza, fin d’ora, appare incombente e determinante), a Castione (hanno segnalato tutti quali vantaggi in termini di prezzi del terreno le FFS conseguiranno). Senza dimenticare che “il grande investimento” delle FFS (i 350 milioni complessivi) sono già per oltre la metà finanziati da Cantone e Città (120) e dalla Confederazione (60). L’operazione complessiva, ancora prima di quello che ci verrà costruito sopra (a Castione e a Bellinzona) sarà un successo per le FFS; figuriamoci dopo…
Chi dovrebbe sostenere l’iniziativa “Giù le mani dall’Officina”?
Tutti coloro che non vogliono essere complici di un progetto di smantellamento di una presenza industriale centenaria, con grandi possibilità di sviluppo sia per il sito stesso che per il futuro industriale del Cantone;
Tutti coloro che pensano seriamente che ferrovie, poste, ospedali debbano tornare ad essere pienamente cosa pubblica e che alla base della loro gestione ci debba essere l’interesse pubblico e non la logica del profitto o quella della speculazione immobiliare;
Tutti coloro che vogliono dire basta all’arroganza delle ex-regie federali nei confronti del Ticino: dalle FFS e dalla loro miserabile politica nei confronti del trasporto pubblico alle Poste e alla loro logica di smantellamento. Se ancora qualcuno avesse avuto dei dubbi sul ruolo e la politica delle FFS basta vedere come si sono comportate sulla vicenda della richiesta dei comuni di insediare il nuovo stabilimento a Bodio.
Ma se, per ipotesi, l’Officina dovesse essere spostata (naturalmente per noi questo potrebbe essere possibile solo costruendone una che, partendo dagli attuali effettivi e dall’attuale volume di lavoro, pensasse a svilupparli ulteriormente) non vi sono dubbi che la zona della bassa Leventina, già sede di importanti industrie, sarebbe la zona privilegiata: non certo Castione con l’inaccettabile sacrificio di terreni agricoli.