Il 4 luglio l’Ufficio federale di statistica (Ust) ha pubblicato il terzo Rapporto statistico sulla situazione sociale della Svizzera con analisi di vario genere: sul tasso di povertà e povertà lavorativa, sul tasso di persone in assistenza sociale, sulla disoccupazione, sulle spese sociali, sulla crescita demografica, ecc. Questo rapporto, che rappresenta una sorta d’integrazione e valorizzazione di altri studi già pubblicati dall’Ust, offre non solo una lettura approfondita sull’evoluzione della socialità ma offre pure una prospettiva sul lungo periodo. Il rapporto pubblicato nel 2019, come quelli precedenti pubblicati nel 2011 e nel 2015, risponde a un postulato presentato nel 2001 e ha il pregio di fornire tutti i dati utili a capire le interazioni fra situazione economica e sociale in un solo testo.
Altri cantoni hanno introdotto simili rapporti per monitorare gli sviluppi socioeconomici, in Ticino invece non esiste ancora nulla malgrado fosse previsto un simile strumento nelle Linee direttive 2016-2019. Alla scheda 46 delle linee direttive si può infatti leggere:
“I complessi legami tra la situazione socioeconomica della popolazione, la struttura demografica e quella sociale hanno un forte impatto sulle politiche pubbliche settoriali, in particolare su quelle sociali. Per questo motivo, a livello nazionale negli ultimi anni sono sempre più numerosi i Cantoni che hanno introdotto rapporti sulla situazione sociale, che hanno due funzioni fondamentali: osservare i cambiamenti della società e misurarne il benessere, così da identificare i bisogni della popolazione e – nel limite del possibile – garantire uno sviluppo coerente e appropriato della sicurezza sociale”.
L’assenza di un simile strumento non solo non permette identificare correttamente i bisogni della popolazione, ma non permette nemmeno di valutare l’impatto delle misure adottate e di eventualmente rettificare il tiro. Pensiamo ad esempio al principio del “reddito ipotetico” introdotto nel 2016 per i beneficiari di assegni integrativi e di prima infanzia che ha privato le famiglie di disoccupati, sottoccupati e indipendenti di questi importanti aiuti. Quell’anno i beneficiari di assistenza sociale sono aumentati del 12,7%, mentre quello delle famiglie con figli del 43,0%, tassi di crescita che abbinati ai tassi di disoccupazione e sottoccupazione (sempre nettamente più elevati in Ticino) provano che le difficoltà di molte famiglie ticinesi sono reali e che non basta un “reddito ipotetico” per pagare le fatture.
Tagliare gli aiuti per spingere le famiglie ad aumentare il tasso di occupazione è assurdo se non si tiene conto della reale situazione del mercato del lavoro ticinese. Non ci si può basare unicamente sull’aumento del numero degli impieghi senza analizzarne la qualità e le retribuzioni. È evidente che in assenza di una visone globale queste misure, spacciate per “sociali”, hanno in realtà avuto l’effetto di peggiorare le condizioni di vita a molte persone e famiglie, degradando ulteriormente la situazione non solo a livello individuale anche della collettività.
Inoltre la mancanza di un Rapporto sociale permette ad alti funzionari di esprimere ogni volta fantasiose interpretazioni della realtà che poi vengono riportate dai media contribuendo a una visione falsata della realtà.
Il tasso di povertà in Ticino è sempre stato più alto della media nazionale e nel 2017 era del 13% contro 8,5% a livello nazionale, il tasso di povertà degli attivi occupati era dell’8,7% in Ticino, contro 4,3% della media nazionale. È vero che il tasso di persone in assistenza sociale in Ticino è più basso (2,7% contro 3,3%) ma questo significa solo che una più alta percentuale di persone povere non si rivolge l’assistenza e bisognerebbe capire come mai invece di farsene un vanto. Come vivono queste persone che senza chiedere un sostegno finanziario allo stato? Come riescono a rinviare la richiesta di assistenza il più possibile? D’altronde i dati delle varie organizzazioni assistenziali (come ad esempio il Tavolino magico, Caritas, SOS aiuto operaio, opera prima) attestano un forte aumento dei beneficiari.
Vantarsi di avere i tasso di assistenza più basso della Svizzera senza fornire altri elementi di analisi risulta scorretto. In Ticino il tasso di persone in assistenza è infatti in aumento da anni, contrariamente alla Svizzera dove è rimasto stabile. In particolare il tasso dei beneficiari fra i 46 e i 55 anni e quello dei beneficiari fra 56 e 64 anni entrambi questi tassi sono cresciuti in Ticino in maniera ancora più marcata rispetto al resto della Svizzera.
In base ai dati diffusi dall’Ufficio federale di statistica il 4 luglio 2019 (SILC 2017) inoltre il tasso di rischio di povertà in Ticino è doppio rispetto alla media nazionale: nel 2017 era del 30,4% contro 15,0% a livello nazionale. Il tasso di rischio povertà degli attivi occupati era del 24,1% in Ticino, contro l’8,4% della media nazionale, quasi il triplo.
Questi sono solo alcuni esempi di come la mancanza di un monitoraggio e l’assenza di sforzi da parte dell’amministrazione cantonale per favorire un’informazione completa e facilmente comprensibile al maggior numero di persone possibile, contribuiscano a diffondere una visione distorta della realtà e non permettano delle valutazioni corrette dei bisogni.
Con la presente mozione chiediamo quindi al Lodevole Consiglio di Stato di:
• accelerare l’introduzione di un Rapporto sulla situazione sociale in Ticino, sull’esempio di quanto avviene a livello nazionale.
• richiedere che il Rapporto dovrà contenere confronti con le altre Grandi Regioni svizzere (come definite dall’Ust)
• richiedere che il Rapporto espliciti l’evoluzione del contributo cantonale alle spese sociali dirette e indirette
• assicurare che il Rapporto sociale diventi un prodotto regolare
• prevedere che il rapporto sia valutato da un ente esterno, così da garantire, almeno nella prima edizione, che il prodotto sia del livello auspicato
*Mozione del il gruppo MPS-POP-Indipendenti – Matteo Pronzini, Simona Arigoni, Angelica Lepori