Tempo di lettura: 2 minuti

di Angelica Lepori e Monica Soldini*

Due anni fa come lista MPS-POP-Indipendenti avevamo inoltrato al Municipio di Bellinzona una mozione che chiedeva l’apertura di un servizio di consulenza, informazione e aiuto al reinserimento professionale rivolto in particolare alle donne e l’adozione all’interno dell’amministrazione comunale di strumenti atti a monitorare la situazione lavorative delle impiegate e eventuali situazioni di discriminazione o di disparità di trattamento.

Ancora una volta la commissione della gestione, seguendo le indicazioni del Municipio, ha risposto picche alle nostre richieste proponendo al Consiglio comunale di respingere la nostra mozione. In sostanza il Municipio e la commissione sostengono che la Costituzione federale riconosce la parità tra i sessi e che la legge sulla parità “rappresenta uno strumento importante per promuovere l’effettiva parità tra i sessi”. La commissione della gestione sostiene infine che a livello cantonale è attivo il consultorio donna e lavoro che di fatto svolge già un servizio alle donne lavoratrici e che all’interno dell’amministrazione comunale non “ci sono margini di manovra che potrebbero portare a discriminazioni tra i lavoratori, siano esse di genere o di altro tipo”.
Ma allora come mai il 14 giugno scorso più di 500.000 donne in tutta la Svizzera hanno manifestato e scioperato sostenendo che la legge sulla parità tra i sessi è ben lungi dall’essere applicata e che le donne sono ancora oggi vittime di discriminazioni in termini di salario, di licenziamento, di possibilità di carriera e che devono continuare a sobbarcarsi l’onere del lavoro domestico?
L’esistenza di una legge, sembra ormai evidente a tutti (tranne che al Municipio di Bellinzona) non garantisce infatti che questa venga applicata; del resto la Legge sulla parità tra i sessi è una delle poche leggi che non prevede sanzioni nel caso in cui non venga rispettata.
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per quel che riguarda i dipendenti comunali. Sembra evidente che l’esistenza di un regolamento (anche se questo fosse, cosa che non è, il migliore di tutti) non mette al riparo le donne da situazioni di vulnerabilità e di discriminazioni. Quante donne ricoprono cariche di responsabilità all’interno dell’amministrazione? Quante riescono a conciliare senza fatica lavoro e famiglia? Quante sono vittime di molestie sessuali? Quante hanno dovuto rinunciare all’attività professionale a causa della difficoltà a conciliarla con l’attività di madre? Quante lavorano a metà tempo?
Di tutto questo il Municipio di Bellinzona non vuole sentir parlare e preferisce credere che vada tutto bene così. Siamo ben coscienti che l’apertura di uno sportello comunale o l’introduzione di sistemi di monitoraggio della situazione all’interno dell’amministrazione comunale non rappresentino di per sé un radicale cambiamento della situazione, ma permetterebbero comunque a tutte quelle donne che guadagnano meno dei loro colleghi, che fanno più fatica a progredire nella loro carriera professionale e sono costrette spesso a scegliere tra attività professionale e famiglia o a fare i salti mortali per far funzionare tutte e due le cose….e che quando vanno al lavoro si sentono anche fare battute sessiste e inopportune, di avere un punto di riferimento, dove poter essere ascoltate e aiutate. Ma con questo non si fanno voti e non ci si può far belli in occasione di appuntamenti mondani…come sempre con buona pace delle donne.

*Consigliere comunali della lista MPS-POP-Indipendenti