L’ultimo grande scandalo, in ordine di tempo, è di pochi giorni fa ma si trascina da oltre 60 anni: a Preonzo l’area occupata dalla Petrolchimica sa si è guadagnata la triste, temuta, conquista: da inquinata a contaminata. Ora toccherà forse al cantone tutto l’onere finanziario di un risanamento che ha già coinvolto aria, terreno, acqua. Oltre alla concessione d’opera, il sottogruppo della tamoil ha beneficiato, negli anni, di sgravi fiscali proprio come stanno beneficiando, al momento, moltissime aziende sparse sul territorio ticinese che hanno occupato spazi immensi con capannoni osceni, creando ingorghi chilometrici quotidiani (di forza lavoro e di dumping ne parliamo dopo). Questo sembra ormai essere diventato il cantone: un territorio sterile e inquinato, venduto a chiunque sventoli una banconota. Ci sorprendiamo che Ticino turismo non abbia fatto ancora un ricorso o un referendum: come è possibile pubblicizzare il ticino come bel cantone quando spostarsi diventa cosa impossibile e in pianura tutto è bruciato, costruito, esteticamente inguardabile? Secondo gli insegnamenti di grandi saggi che di ambiente e terra se ne intendevano e ancora se ne intendono, per poter prendere delle decisioni importanti, occorre tenere in considerazione un lasso di tempo di 7 generazioni: se vale la pena e conviene alla terra e ai suoi abitanti un certo investimento per questo lasso di tempo, lo si porta a termine, altrimenti è da scartare. Nel nostro cantone gli investimenti sbagliati, a livello territoriale, sono stati e continuano ad essere innumerevoli, poco importa dal governo in carica. Le falde acquifere sono minacciate, mancano garanzie per la protezione di pozzi e laghi (svenduta l’area del pozzo Polenta, ora inservibile), a rischio il Pra tiro e a Genestrerio l’acqua è contaminata da pesticidi ben sopra alla media consentita. Parlando di “qualità” dell’aria, se ancora ci si vanta di un miglioramento non ci si vuole addentrare nella torbida rete delle polveri sottilissime: vediamo infatti che sono in costante crescita, non certo un bel traguardo per la salute di tutti noi. E, per facilitare il passaggio degli ormai 970’000 passaggi annui solo di camion dal tunnel del gottardo, quatti quatti stiamo lavorando per ampliare la A2 e aprirla alla terza corsia, che naturalmente darà un bel colpo di mano agli ingorghi a svincoli-semi-svincoli.
Rimane, per il Dipartimento del territorio, le anacronistica illusione e convinzione che la costruzione di nuove strade (o gli ampliamenti di quelli già esistenti) siano la risposta ai problemi del traffico. Le lobby delle ditte stradali ringraziano e collaborano attivamente, naturalmente. Credo non ci sia paese al mondo che non abbia ancora capito che le strade generano traffico, anziché ridurlo, qui pare tutto il contrario. Oggi a gran voce si chiedono scelte urgenti, forti (anticapitaliste diremmo noi poiché questa sarà l’unica vera via d’uscita). Il governo sembra appoggiare a parole le politiche ambientali, per poi perdersi e tornare in carreggiata: nessun radicale cambiamento all’orizzonte, nessuna vera presa di coscienza. Le scelte di potenziare il trasporto pubblico si combinano con altrettanti collegamenti stradali veloci (vedi A2-A13).
Pensiamo che il tempo per svendere e sottovalutare l’emergenza climatica sia ormai giunto alla fine, ma non intravediamo, francamente, nessuna volontà di prendere sul serio l’allarme, nessun grido di aiuto. Anzi, con la rincorsa al salvataggio (invero totalmente economicamente autolesionista) dell’aeroporto di lugano, ci rendiamo conto di quanto ancora sia tutto legato alla solita strategia del tutto, ora, per chi offre di più e chi si arroga il diritto di decidere non per il bene comune, bensì per il posto, lo stipendio. Solo in un’ottica di abbandono della speculazione ambientale, sociale, si potranno rivolgere tutte le attenzioni dovute e il rispetto per il nostro territorio ormai al collasso.
Intervento per il Dipartimento del territorio, consuntivo.
Di Simona Arigoni