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Sono oltre 30’000 le persone che in Ticino soffrono di una carenza di lavoro: un dato che si ottiene sommando agli 11’900 disoccupati calcolati tramite le statistiche dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) i 17’400 sottoccupati (persone che lavorano a tempo parziale ma vorrebbero e sarebbero immediatamente disponibili ad aumentare il loro tempo di lavoro), le persone non immediatamente collocabili e i cosiddetti “scoraggiati”.

Tra i disoccupati troviamo un numero sempre più importante di giovani e di donne, donne che sono anche quelle più soggette al fenomeno della sottoccupazione, come a dire che non sempre il tempo parziale sia la scelta migliore per permettere la cosiddetta conciliazione di famiglia e lavoro.

Pochi dati che da soli basterebbero per capire come il bilancio del Dipartimento delle finanze e dell’economia sia fallimentare.

Ma non solo chi è in cerca di un lavoro non se la passa bene; anche i lavoratori e le lavoratrici occupate del nostro cantone devono far fronte a difficoltà crescenti.

Sappiamo bene che il salario mediano in Ticino è di 1’000 franchi più basso di quello del resto della Svizzera e che donne e lavoratori stranieri percepiscono salari ancora nettamente inferiori a quelli dei loro colleghi svizzeri.

Chi è confrontato con la ricerca di un lavoro sa bene poi che i salari che vengono offerti in molti settori, soprattutto ai giovani alla prima esperienza lavorativa, sono nettamente inferiori a quelli che permetterebbero a una qualsiasi persona di vivere in Ticino.

Siamo inoltre continuamente confrontati con forme di lavoro atipiche (stage, lavori su chiamata, a tempo determinato) che generano povertà e precarietà professionale e personale. Non è purtroppo un caso infatti che il tasso di povertà e il tasso di rischio di povertà sia molto superiore nel nostro cantone rispetto al resto della Svizzera.

Negli ultimi mesi, con sempre maggiore frequenza, appaiono denunce pubbliche di situazioni di mancato rispetto delle più elementari leggi e regolamentazioni relative alle condizioni di lavoro (salari, orari, trasferte, etc.).

Persino in un paese come il nostro, che conosce una regolamentazione relativa al mercato del lavoro tutto sommato estremamente limitata, appaiono sempre più macroscopiche e continue le violazioni di leggi, regolamenti, disposizioni, contratti di lavoro.

Si sono pure intensificati i casi (supportati pure da pubbliche denunce) di dumping salariale, di sostituzione di personale ben remunerato con personale meno pagato e meno qualificato, di diffusione del lavoro gratuito (stage non pagati) e precario.

Tutti ormai sono coscienti che il mercato del lavoro affonda sempre più in una sorta di barbarie dove vige solo la legge del più forte e dove quelle già di per sé minime regolamentazioni vengono sempre più ignorate.

Anche le statistiche sugli incidenti professionali mostrano segnali preoccupanti che dimostrano come le logiche del mercato e del profitto ad ogni costo poggiano essenzialmente sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici mettendone in pericolo la loro salute e la loro vita.

L’MPS ha da tempo messo al centro della propria azione la lotta contro il dumping salariale e sociale. In questa prospettiva aveva lanciato l’iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino” messa in votazione nel 2016 (dopo ben quasi quattro anni di attesa).

Come si ricorderà quell’iniziativa venne sconfitta di poco (45% di sì contro il 52% di no), soprattutto grazie alla presentazione di un controprogetto che venne sostenuto da tutti i partiti di governo e che si impose per poco (ottenne il 55% di sì).

Avevamo allora denunciato il fatto che la presentazione del controprogetto aveva un solo obiettivo: riuscire a sconfiggere l’iniziativa facendo balenare l’idea che le forze politiche maggiori si sarebbero occupate della cosa e avrebbero preso misure atte a combattere il dumping e tenere sotto controllo il mercato del lavoro.

Confermando i nostri peggiori sospetti, il controprogetto all’iniziativa MPS si è rivelato per quello che era: una truffa. Il Consiglio di Stato, la Commissione della gestione e i partiti che hanno sostenuto il controprogetto hanno mentito agli elettori: invece dei 18 ispettori promessi ne sono stati assunti solo 5, e nemmeno tutti attivi nel controllo dei salari e delle condizioni di lavoro.

E’ emerso inoltre in modo chiaro che le supposte alternative all’aumento degli ispettori del lavoro, sostenute da governo e Parlamento, si sono rivelate incapaci di apportare una vera soluzione.

Pensiamo, ad esempio, all’idea che siano le commissioni paritetiche (organismi di controllo legati alla presenza di un contratto collettivo di lavoro – CCL) a svolgere una parte importante di questo lavoro. Basti ricordare che i principali scandali legati a violazioni delle condizioni di lavoro in questo cantone sono tutti avvenuti in settori dove i controlli spettavano alle commissioni paritetiche

Rimaniamo convinti che questa battaglia vada rilanciata anche sul piano legislativo. Per questa ragione abbiamo deciso di lanciare una nuova iniziativa popolare contro il dumping salariale e sociale che riprenderà in gran parte le proposte contenute nella precedente iniziativa, integrandole con nuove proposte, pensiamo a quelle relative al controllo delle discriminazioni di genere (in particolare della parità salariale) e non approveremo questo consuntivo che poggia le sue basi su una politica che non possiamo accettare.

Gli uomini e le donne che lavorano o che cercano lavoro nel nostro cantone sanno bene qual è la situazione, una situazione dalla quale si può uscire solamente con un radicale cambiamento di rotta, cominciando a controllare e monitorare seriamente il mercato del lavoro e introducendo misure di protezione e di salvaguardia dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici per garantire a tutti e tutte di vivere e lavorare dignitosamente.

Angelica Lepori

*intervento sul Consuntivo 2018 del DFE (Dipartimento finanze e economia)