Interpellanza: Lo scorso 23 marzo 2018, tramite una nostra interrogazione, avevamo segnalato la carenza di qualità delle cure presso il Centro Somen di Sementina.
Una situazione analoga a molte altre strutture sanitarie conseguenza di una carenza di chiare e precise direttive ed una negligente latitanza da parte delle autorità cantonali di controllo (medico cantonale in primis).
Come prassi, la risposta alla nostra interrogazione non è arrivata nei tempi imposti dalla Legge sul Gran Consiglio. Solo dopo l’inoltro di un’interrogazione nel mese di marzo 2019 il Consiglio di Stato si è degnato di rispondere in modo superficiale e stizzito.
Tra le diverse domande poste chiedevamo quanti fossero stati i ricoveri dal centro Somen al pronto soccorso dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona e quanti di questi ricoveri fossero imputabile ad una presa a carico insoddisfacente/insufficiente da parte del medico del centro. La risposta del CdS fu la seguente:
“L’autorità cantonale non dispone di questo dato, che pure deve semmai essere richiesto all’Istituto. Sapere se e quanti degli eventuali trasferimenti dal centro Somen al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Bellinzona potrebbero essere imputabili a una presa in carico insoddisfacente/insufficiente da parte del medico del centro implicherebbe un’analisi peritale della documentazione sanitaria lunga e complessa; qualora l’interpellante fosse a conoscenza di simili casi e avesse dei validi motivi comprovanti tale affermazione è tenuto a segnalarlo direttamente alle competenti autorità”.
Il tenore della risposta si commenta da sé. Arrogante e strafottente tenuto conto che in ballo vi è la qualità delle cure e la salute dei pazienti degenti. Ma tant’è!
Nel frattempo diverse sono state le segnalazioni ricevute dall’MPS sulla preoccupante qualità delle cure presso il Centro Somen. Qui di seguito, un esempio di queste segnalazioni:
“Nel corso del mese di ottobre 2019 la mia prozia, classe 1928, è stata ospite del Centro Somen di Sementina per un cosiddetto “soggiorno terapeutico temporaneo”. Scopo del ricovero: rinforzare il suo stato di salute, farle “cambiare aria” e permetterle di approfittare quotidianamente di sedute di fisioterapia.
Una premessa è d’obbligo: stiamo parlando di una donna che vive sola, capace di discernimento e perfettamente lucida mentalmente.
Tutto si è svolto per il meglio fino a quando, dopo due settimane di permanenza al centro, la mia prozia ha iniziato ad accusare gravi problemi di salute. Lei che al momento dell’entrata nella struttura era in grado di camminare, si è trovata, incapace di alzarsi se non con l’aiuto di terzi, in preda ad acuti dolori alla schiena.
Si dirà che lo stato di salute di una signora di 91 anni è precario, delicato, vulnerabile.
Il problema è però un altro: l’assenza di reazione da parte del personale medico.
Trattato con delle semplici Dafalgan il dolore non ha fatto che aumentare. Abbiamo più volte insistito affinché un medico la visitasse ed eseguisse degli accertamenti, ma il nostro desiderio è rimasto inascoltato.
Indebolita da una diarrea inarrestabile durata settimane, la mia prozia ha inoltre dovuto combattere affinché la sua dieta venisse adattata al suo stato di salute. Finalmente annotata nella cartella clinica, la modifica non è però stata comunicata ai responsabili della mensa. Vedendosi servire lo stesso pasto degli altri ospiti, si è dunque rifiutata di mangiare ribadendo che le spettava un diverso menù. “Signora, ma lei deve mangiare, altrimenti non potrà prendere le medicine per la schiena”. Mangiare sì, ma cosa? Il buon senso, da solo, sarebbe bastato a capire che un minestrone non era certo l’opzione più adatta.
Dopo otto giorni di dolore, finalmente un medico è entrato in camera della mia prozia. Senza visitarla si è limitato ad indicare che:
· la diarrea era dovuta ad un accumulo di lassativi
· i dolori alla schiena erano dovuti al fatto che la paziente non dormiva sul materasso di casa sua
· trovava inopportuno somministrarle antidolorifici più potenti per il rischio di stordimenti e cadute
Di punto in bianco e senza preavvisare nessuno, a mia prozia viene poi fatta una flebo per trattare l’osteoporosi. Questo trattamento viene eseguito dal suo medico di famiglia una volta all’anno, esclusivamente quando la paziente è in buona salute. Nel caso specifico si era deciso di non procedere al trattamento vista la sua incompatibilità con l’estrazione di un dente che la prozia avrebbe forse dovuto subire in primavera.
La situazione stava dunque precipitando, quando una ricerca online mi ha permesso di risalire alle sue due interpellanze al Consiglio di Stato. Sono raggelata, quello a cui assistevamo era dunque prassi.
È soltanto leggendo ad alta voce le sue domande che sono riuscita a convincere i miei parenti a far dimettere volontariamente la prozia dal Centro Somen. Di questo la ringrazio di cuore.
Una volta dimessasi, è stata visitata dal suo medico curante, che l’ha trovata molto debilitata. Completata la diagnosi con le radiografie del caso, è quindi stato costretto a prescriverle una cura a base di morfina per alleviare i lancinanti dolori, in effetti una vertebra risultava schiacciata!
Ha inoltre notato che il medico del Centro Somen le aveva prescritto ulteriori sedute di fisioterapia da effettuare dopo la dimissione, senza però indicare la diagnosi.
Dopo tre settimane di cure adeguate al suo stato di salute la prozia che, piangendo, pregava per morire, è ritornata a star bene e, da pochi giorni, a vivere nel suo appartamento.
Questo, sommariamente, l’accaduto”.
Nella sua risposta del 1° marzo 2019 il Consiglio di stato invece di prendere atto delle nostre segnalazioni ci aveva provocatoriamente sfidato a voler segnalare alle competenti autorità dei casi di mala gestione dei pazienti. Cosa che facciamo volentieri.
Chiediamo di conseguenza al CdS:
1. Quanti ricoveri dal centro Somen al PS dell’Ospedale di Bellinzona sono stati fatti dall’apertura del centro ad oggi? Quanti di questi sono imputabili ad una presa a carico insoddisfacente/insufficiente da parte del medico del centro?
2. Quanti pazienti hanno volontariamente abbandonato la struttura, perché questa non rispecchiava nemmeno lontanamente le aspettative di cura?
3. È a conoscenza che il personale curante del centro Somen (infermieristico in modo principale) venga regolarmente vessato dalla capo struttura, che ne sminuisce le funzioni, forte del fatto che un gruppo di assistenti di cura (stesso gruppo che si occupa di imporre i RAI) ne fa le veci in sua assenza, oltre a riportare tutte le azioni e lamentele compiute, in modo da rendere l’ambiente ancora più terrificante? Pensa che ciò, in base alla letteratura, possa aver delle conseguenze sulla qualità del lavoro del personale?
4. Quante malattie riconducibili al sovraccarico lavorativa/burnout ci sono state dall’apertura del centro ad oggi? Pensa che ciò, in base alla letteratura, possa aver delle conseguenze sulla qualità del lavoro del personale?
5. E’ a conoscenza che il personale del centro Somen, indipendentemente dal fatto che sia o meno sottoposto alla Legge sul Lavoro, non abbia un locale pausa e di ristoro? Pensa che ciò, in base alla letteratura, possa aver delle conseguenze sulla qualità del lavoro del personale?
6. E’ a conoscenza del fatto che la capo struttura provvede a cambiare i turni del personale senza informarlo e provvedendo ad ammonirlo verbalmente qualora non fosse d’accordo favorendo sempre alcune persone fedeli? Pensa che ciò, in base alla letteratura, possa aver delle conseguenze sulla qualità del lavoro del personale?
7. Sa se degli enti esterni hanno proceduto a degli audit o inchieste sulla grave situazione di malagestione del personale del centro Somen?
Per il Gruppo MPS-POP-Indipendenti
Angelica Lepori, Simona Arigoni, Matteo Pronzini