Mentre da un lato si prepara la farsa della riscrittura della Costituzione, dall’altro la repressione massiccia continua ad abbattersi contro i settori critici della popolazione cilena, vale a dire contro la stragrande maggioranza.
Durante quest’ultima domenica, ad esempio, il clasico di calcio tra la squadra del Colo Colo e l’undici dell’Università cattolica, l’UC, è stato interrotto visto che le due tifoserie, dopo lo spiegamento di uno striscione in ricordo di Jorge Neko Mora, tifoso del Colo Colo assassinato dai carabinieri, avevano incominciato a scandire quello che ormai è diventato lo slogan abituale contro Piñera, «sos asesino igual que Pinochet»[i]. Le cariche di polizia lanciate poi contro le tifoserie sono state particolarmente brutali.
Poche ore dopo, le forze dell’ordine interrompevano il concerto del gruppo punk-rock basco La Polla Records per impedire che il pubblico scandisse slogan contro Piñera.
Denunciata tanto da Amnesty che dall’ONU, la repressione, che alterna interventi poliziesco-militari massicci, stupri ed esecuzioni sommarie travestite spesso e volentieri da suicidi, è stata pure condannata da 70 teologi cileni.
Piñera il temporeggiatore
Eppure, la contestazione sociale esplosa in modo dirompente il 18 ottobre non tende per niente a calmarsi. E nemmeno l’apertura di una procedura costituzionale – tramite la firma di un accordo per la pace e la nuova costituzione adottato dalla camera dei rappresentanti e dal Senato rispettivamente il 18 e 19 dicembre scorsi – riesce a calmare il gioco.
L’esigenza di una nuova Costituzione è stata massicciamente affermata dalle manifestazioni; con la rivendicazione di una Agenda sociale per combattere immediatamente la precarietà e la povertà e con l’urgenza di punire le violazioni dei diritti umani: sono stati questi i tre pilastri fondamentali delle mobilitazioni.
E se niente è stato fatto in materia di povertà, e ancora meno in termini di diritti umani, è sull’esigenza di un nuovo testo costituzionale che il governo cerca di guadagnar tempo. Infatti, il cosiddetto accordo per la pace e la Nuova Costituzione – che ha ottenuta l’adesione della maggioranza delle forze parlamentari, opposizione compresa[ii]– prevede un processo complesso di elaborazione di un progetto costituzionale.
In primo luogo ci sarà, il 26 di aprile, un plebiscito. Quel giorno si dovrà rispondere a due quesiti; il primo sulla necessità o meno di una nuova Costituzione, il secondo, in caso di risposta affermativa al primo, sulle modalità della sua elaborazione.
Si tratterà in seguito, durante l’autunno, di eleggere la struttura incaricata di redigere la nuova Costituzione prima che questa sia sottoposta ad un nuovo plebiscito nell’autunno del 2021.
Rompere con la Costituzione di Pinochet e dei Chicago boys
Adottata nel 1980, in piena dittatura, e modificata marginalmente nel 1989 e nel 2005, l’attuale Costituzione è fondamentalmente neoliberista come esigevano i Chicago boys, i discepoli di Milton Friedman che fecero del Cile un laboratorio di sperimentazione in situazione reale.
È così che quel testo si articola attorno a tre principi, tre disposizioni costituzionali alle quali sono subordinati tutti gli altri articoli: il diritto di proprietà – di appropriazione privata, la libertà economica e la libertà di intraprendere. È quindi grazie a questi principi che l’insieme del paese – dai corsi d’acqua alle scuole, dai trasporti al sistema sanitario – è stato privatizzato, accaparrato da investitori privati fra i quali un certo numero di società multinazionali, quali la Benetton e Nestlé, ad esempio, proprietarie di fiumi e torrenti…
Non è quindi per caso se, da alcune settimane a questa parte, le destre e le associazioni padronali cercano con un successo più che limitato di mettere in piazza manifestanti in difesa della vecchia Costituzione.
Ciò malgrado, sembra evidente che un processo di riscrittura ci sarà, vista la dilagante esigenza popolare di farla finita con la Costituzione di Pinochet, e che il 26 aprile il “Sì” sarà la massiccia risposta alla domanda “cambiare la Costituzione?”
Chi e come?
Ma il 26 aprile chi andrà a votare dovrà anche rispondere ad una seconda domanda per sapere a chi sarà affidato il compito di elaborare un nuovo testo: ad un’assemblea constituente eletta o a un “Congresso misto” formato in parti uguali da parlamentari attuali e da cittadini che dovrebbero essere eletti in ottobre?
Difesa dal governo, questa seconda opzione è più che problematica. Infatti, il principio stesso dell’elaborazione di una nuova Costituzione è di non essere subordinata ad alcun ordine anteriore. È come se la Costituente italiana del 1947 fosse stata composta per metà da cittadini eletti e per l’altra metà da membri del Gran consiglio fascista…
D’altra parte, proprio perché la scrittura di una nuova Costituzione non può essere subordinata all’ordine esistente e perché l’Assemblea costituente deve essere sovrana nel definire le sue regole di funzionamento, è difficile, per quel che riguarda il progetto cileno, parlare di rottura con il passato.
Infatti, l’accordo di dicembre restringe già le prerogative della futura Assemblea costituente poiché esige che le sue decisioni siano valide solo nella misura in cui abbiano ottenuto i due terzi dei voti. Inoltre, l’accordo esige il rispetto dei trattati internazionali firmati dal Cile così come stabilisce che la futura struttura incaricata di elaborare la nuova Costituzione non potrà attribuirsi prerogative non contemplate da quella attualmente in vigore.
Si è ben lungi dalla “Costituente libera, sovrana, paritaria, democratica e plurinazionale” rivendicata nelle piazze, anche perché le modalità della rappresentazione paritaria e plurinazionale restano relativamente poco precise.
In termini di parità, ad esempio, le disposizioni prese rendono obbligatoria la presentazione di liste elettorali con un numero pari di donne e uomini; ma niente è scritto quanto alla parità dei seggi nell’organismo costituente. Quanto alla rappresentazione dei popoli originari, le disposizioni restano vaghe e nessuno è al momento in misura di dire se ognuna di queste popolazioni (Aymara, Atacameños, Collas, Diaguitas, Mapuche, Quechuas, Rapa Nui, Kawashkar e Yagan) avrà diritto ad almeno un seggio.
La costituzione … di un soggetto sociale protagonista
Opposto in un primo tempo all’idea di una nuova Costituzione, il governo ha dovuto indietreggiare di fronte all’immenso successo dello sciopero generale del 12 novembre. Ha però saputo negoziare la sua “resa” ottenendo l’adesione dell’opposizione al suo progetto – che in fondo aspira a cambiare tutto perché nulla cambi – in cambio della levata dello stato d’assedio.
Ciò non impedisce alla repressione di abbattersi sulla popolazione le cui esigenze sono lungi dall’essere soddisfatte, che sia l’Agenda sociale o la punizione delle violazioni dei diritti umani.
Resta da sapere se il temporeggiare di Piñera e i tentativi di dislocazione del dibattito pubblico verso la sola questione della Costituzione avranno ragione dell’immenso vero processo costituente in corso dal 18 ottobre in qua.
È infatti nella mobilitazione che larghi strati della popolazione si stanno costituendo – nelle piazze, nelle assemblee di quartiere, nei cabildos, negli scontri – in soggetto sociale protagonista.
Una prima risposta sarà data in marzo, a cominciare dal giorno 8, con centinaia di migliaia di donne in piazza, per poi continuare il 20 con la grande marcia dei popoli originari e, tre giorni dopo, con quella per il diritto all’alloggio…
Molto timido invece rimane il movimento sindacale tradizionale che si è accontentato, dopo l’immenso successo dello sciopero generale del 12 di novembre, della fine dello stato d’assedio. Un nuovo sciopero generale la cui organizzazione è rivendicata da Convergencia social avrebbe una portata dirompente e contribuirebbe in modo determinante a spostare i fronti.
Solidarità internazionalista
Quali siano gli esiti di queste mobilitazioni, che si delinei o meno la prospettiva di uno sciopero generale, resta, per noi in Europa, fondamentale il compito di denunciare la brutale repressione che polizia ed esercito continuano ad imporre in nome, per l’appunto, dell’attuale Costituzione, quella di Pinochet…
*articolo
apparso il 24 febbraio anche su Rproject.it
[i] « Sei un assassino, come Pinochet »
[ii] L’accettazione o meno dell’accordo ha provocato una serie di scissioni all’interno del Frente amplio, un raggruppamento largo di forze di sinistra che The Economist aveva definito un «conglomerato di estrema sinistra ». Alcune forze, fra le quali i Verdi, la sinistra cristiana del Movmento democratico popolare e le forze della sinistra radicale coalizzate nella corrente «Convergencia social », hanno rotto con il Frente amplio dopo il voto a favore dell’accordo da parte della maggioranza dei suoi 20 deputati. Per parte sua, il Partito comunista, forte di 9 deputati alla Camera (su 155), ha approvato l’accordo.