Il problema del Parlamento cantonale non è il fatto che i deputati e le deputate dell’MPS facciano troppe interpellanze: ma che i partiti maggiori convochino le sedute del Gran Consiglio solo per prendere atto di discussioni già decise, con il vantaggio, naturalmente, di incassare la diaria.
Prendiamo la seduta di questa settimana (20 trattande all’ordine del giorno). Le prime quattro sono di funzionamento (comunicazione del presidente, presentazione messaggi, presentazione di atti parlamentari, risposte ad atti parlamentari); seguono poi le trattande vere e proprie, in tutto 16. Ebbene, di queste ben 12 sono state messi all’ordine del giorno con la “procedura scritta”.
Cosa significa? Che il Parlamento di questi punti non discute poiché, si presume, il Parlamento ne ha già discusso ampiamente nelle commissioni parlamentari, dove sono stati sviscerati i problemi, è stata consultata la documentazione, sono state richieste delucidazioni al governo.
Tutto materiale questo al quale non hanno minimamente accesso i deputati che non fanno parte della commissioni e che, magari, vorrebbero potersi esprimere e non solo poter dire “sì” o “no” avendo a disposizione 1 (uno) minuto per una dichiarazione di voto. È questa la condizione nella quale si trovano ben 7 deputati in Gran Consiglio: quelli/e di MPS, Più donne e PC.
Uno scenario, questo del prevalere della “procedura scritta” che ormai imperversa in tutte le sedute del Gran Consiglio. E che illustra molto bene quale sia la concezione della democrazia parlamentare oggi vigente in Ticino, con il Gran Consiglio ormai ridotto ad una semplice scatola di registrazione che evita accuratamente di discutere. In fondo, per le procedure scritte, si potrebbero raccogliere i pareri (come indica il nome della procedura) per iscritto (via mail) e si risparmierebbero “inutili discussioni”. Sì, perché sembra che ai Parlamentari le discussioni non piacciano, loro sarebbero per un Parlamento del silenzio, nel quale non si parli o, al massimo, possa parlare solo uno per partito (quelli di governo).
Ma veniamo al fiume di interpellanze dell’MPS (11, 12 i giornalisti dicono di aver perso conto). La prima chiamava in causa il rispetto delle procedure nelle nomine degli alti funzionari del Cantone; la seconda interrogava ili governo sui milioni che AET ha già perso con il suo investimento nella centrale a carbone di Lünen che produce CO2 come se il Ticino avesse 20’000 abitanti in più; una terza chiede lumi sul casino nella gestione di una casa per anziani; una quarta vuole vederci chiaro sulle responsabilità del sangue contaminato che ha coinvolto l’EOC; una quinta si chiede come sia possibile che uno dei maggiori gruppi della vendita di questo paese non rispetti la legge sul lavoro in materia di orari; la sesta chiede se siano legalmente giustificati, al di là della condanna morale, i licenziamenti “ricattatori” all’aeroporto di Lugano; potremmo continuare, ma i lettori e le lettrici possono facilmente verificare che si tratta di argomenti importanti, degni di una discussione parlamentare. Prova ne sia che sono tutte questioni che, negli ultimi due mesi, sono state oggetto di discussioni pubbliche delle quali i media hanno ampiamente reso conto. I deputati dell’MPS hanno pensato, ingenuamente, che i Parlamentari fossero lì per discutere di queste cose o per sentire dalla voce del governo le risposte a tali questioni.
Ma evidentemente i deputati dei maggiori partiti non vogliono parlare di queste cose. Sono più appassionanti le discussioni sull’uso e sul divieto dello smartphone; oppure quelle sulla regolamentazione delle scuole private (ben tre rapporti, dopo mesi e mesi di discussione in commissione: bella prova di efficienza e capacità di sintesi; loro sì che sanno come e di cosa discutere!). Per questi temi il dibattito viene allargato (da procedura scritta a dibattito “ridotto”: non sia mai che si discuta e si approfondiscano troppo le questioni decretando una discussione libera…
Una classe politica ormai allo sbando, che va alle sedute del Parlamento solo per incassare il gettone di presenza e il cui obiettivo è finire in tempo per godersi l’aperitivo di fine seduta; e che prova fastidio per quei parlamentari, come quelli dell’MPS, che vogliono fare il proprio lavoro e guadagnarsi quel gettone di presenza.