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Le considerazioni che vengono fatte in questo testo sulla reazione del padronato italiano alla decisione del governo Conte di chiudere le attività produttive non strettamente necessarie (peraltro con molte eccezioni) valgono per le reazioni avute dal padronato svizzero di fronte alle decisioni del Consiglio di Stato ticinese. I padroni sono propri gli stessi dappertutto! (Red)

Con una faccia tosta veramente esemplare, il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, appena ascoltate le dichiarazioni con le quali il premier Conte ieri sera annunciava la nuova stretta nelle misure di contenimento del contagio, ha preso carta e penna e ha scritto alla presidenza del consiglio, chiedendo sostanzialmente di tendere ad azzerare gli effetti di quelle decisioni.

Il tutto a nome della propria “base associativa”, dunque di quello stuolo di imprenditori che, chi più chi meno, da anni si arricchiscono sulle spalle di chi lavora e delle risorse della natura.

Ovviamente, lo fa richiamandosi al senso di responsabilità nazionale, al fine di salvaguardare l’economia del paese, non citando in nessun passo della lettera l’altra “base associativa”, quella dei dipendenti delle imprese. E lasciando al collega presidente della Confindustria lombarda, Carlo Bonomi, il lavoro sporco di definire “irresponsabili” quelle migliaia di lavoratrici e di lavoratori che nei giorni scorsi sono scesi in sciopero per far chiudere in queste settimane di quarantena anche le linee di produzione non essenziali.

Come di consuetudine, dunque, gli industriali hanno ben chiare le loro priorità: prima di tutto la salvaguardia dei loro profitti, poi tutto il resto: la salute e sicurezza dei propri dipendenti, la loro vita, quella dei cittadini tutti, messe in discussione da quella zona franca che sono stati fino ad ora i tanti luoghi di lavoro ancora aperti, zona franca nella quale la finzione nazionale recitava che lì non si correva alcun rischio di contagio. Il contagio, secondo la vulgata nazionale, correva nei giardini pubblici e sui marciapiedi delle città.

Così, mentre milioni di italiani vivono murati in casa da due settimane, per garantire la propria incolumità e quella dei propri simili, la “base associativa” di Boccia, Bonomi & co chiede al governo di limitare al massimo il perimetro delle attività proibite.

Chiede in sostanza quella licenza che decenni fa rese famoso James Bond.

*pubblicato sul sito dei nostri compagni italiani di Sinistra Anticapitalista