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“Non lasceremo soli i nostri imprenditori”, ha più volte ripetuto il governo informando sugli sviluppi della diffusione del coronavirus e sulle misure di prevenzione adottate dalle autorità. Le imprese, tuttavia, funzionano e producono ricchezza unicamente grazie al lavoro dei salariati.

Ci sono quindi altre categorie di persone (che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione) che rischiano di subire pesanti conseguenze economiche di un eventuale epidemia a cui non è stata fornita nessuna rassicurazione.

Pensiamo in particolare a lavoratori, genitori e agli assicurati delle casse malattia con difficoltà economiche.

Non stiamo parlando di gente che si è lasciata vincere da paure irrazionali, ma di persone che si chiedono se potranno seguire alla lettera le indicazioni delle autorità a causa le loro ristrettezze economiche.

Dipendenti

Sappiamo che al momento l’unica misura efficace per evitare il diffondersi del virus è la quarantena per i casi sospetti. Il governo però non ha fornito nessuna rassicurazione in merito al pagamento del salario ai lavoratori in caso di quarantena. Peggio: alcune associazioni padronali, come SSIC e Hotelleriesuisse, hanno inviato circolari ai loro membri nelle quali spiegano che in caso di quarantena o restrizioni simili il datore di lavoro non è tenuto a versare il salario. La lettera inviata dalla SSIC sostiene erroneamente che, siccome il lavoratore non è malato e che la misura è stata decisa da un’autorità, “vale il principio niente lavoro, niente salario“.

Questa falsa affermazione sembra ancora più cinica se pensiamo ad alcune categorie – come ad esempio il personale di pulizia negli ospedali o nei trasporti pubblici – che proprio a causa del lavoro che svolgono si ritrovano esposti a maggiori rischi e potrebbero ritrovarsi senza stipendio per questo. In compenso – spiega Hotelleriesuisse nella sua circolare – i lavoratori sono tenuti a svolgere il proprio lavoro anche se esposti a rischi, in caso contrario non riceveranno alcuna retribuzione.

Vi sono anche altre associazione padronali, e ci riferiamo all’AITI, che correttamente ammettono che un eventuale chiusura per ordine dell’autorità rientra nel rischio aziendale e che dunque il salario è dovuto.

Visti gli stipendi in uso in Ticino molte persone non si possono permettere di rimanere due settimane o un mese senza salario e quindi saranno poco propense ad annunciare che sono state in contatto con persone infette, o che hanno frequentato zone a rischio per paura di essere posti in quarantena. Le circolari delle associazioni padronali non fanno che peggiorare la situazione: sapendo che non riceveranno più lo stipendio, questi lavoratori saranno ancora meno invogliati a contattare le autorità sanitarie. Finora il Consiglio di Stato non ha spiegato cosa succederà se verranno messi in quarantena e non ha fornito nessuna rassicurazione quanto al versamento della retribuzione.

Precari

Esistono poi categorie di lavoratori ancora più fragili il cui reddito dipende unicamente dalle ore di lavoro che possono svolgere: precari, interinali e lavoratori su chiamata. Anche se si sono informati correttamente e sanno che non dovrebbero presentarsi al lavoro in caso di sintomi simil-influenzali si trovano davanti a una scelta ardua: rinunciare al lavoro, e quindi a una retribuzione, o presentarsi comunque anche in caso di rischio. Già prima dell’arrivo del coronavirus diversi studi hanno messo in evidenza che in Svizzera un lavoratore su due si reca al lavoro anche se ha sintomi influenzali perché si sente sotto pressione e teme conseguenze negative, una tendenza che aumenta per chi non ha un lavoro fisso e non beneficia di protezioni in caso di malattia. Sembra però che il Consiglio di Stato non abbia tenuto in considerazione queste dinamiche, malgrado in Ticino disoccupati, sottoccupati, interinali e precari rappresentino una percentuale più elevata rispetto alla media svizzera.

Genitori

Ci sono poi i genitori che lavorano e che potrebbero dover rimanere a casa per seguire un’eventuale quarantena di un figlio. Essere in quarantena non significa esser malati, ma semplicemente essere in osservazione: quindi cosa succederà in questi casi? Potranno rimanere a casa? Potranno prolungare il periodo normalmente concesso dal datore di lavoro per malattia di un figlio? È evidente che in una simile situazione è ancor più difficile trovare qualcuno che si possa occupare dei bambini mentre i genitori lavorano e non è possibile affidarli ai nonni perché sono soggetti a rischio, come hanno sottolineato le autorità per spiegare la mancata chiusura delle scuole. Anche in questo caso il consiglio di Stato non ha fornito nessuna rassicurazione.  Anche in questo caso AITI ci viene in aiuto con una chiara, precisa e soprattutto corretta posizione. Il salario è dovuto.

Assicurati con problemi finanziari

Sappiamo che in Svizzera il 25% degli assicurati alla cassa malattia rinuncia alle cure perché troppo care. Si tratta di persone che generalmente scelgono franchigie alte per ridurre il premio mensile, ma che poi non hanno disponibilità finanziare per coprire le spese sanitarie. È evidente che queste persone esiteranno a rivolgersi a un medico anche in caso di sospetto per mancanza di mezzi finanziari. Anche in questi casi non si sa chi debba farsi carico del costo degli esami ed eventuali cure. In Ticino ci sono anche circa 9’000 morosi delle casse malattie ed a una parte consistente è stata tolta la copertura sanitaria. A chi è sulla “lista nera” viene garantita solo la presa a carico di casi urgenti nei pronto soccorso, ma l’influenza non rientra in questa casistica. In caso di sospetto a chi si rivolgono? Se si pensa poi che il Parlamento federale potrebbe introdurre una tassa di 50 franchi per chi si presenta al Pronto soccorso per “casi bagatella” – come già deciso dal Consiglio Nazionale – ci si rende conto di quanto le scelte politiche che penalizzano i pazienti siano deleterie, ancor più in casi di emergenza sanitaria?

A tutte queste persone è necessario fornire risposte chiare e soluzioni per evitare che anche il “senso civico” diventi un lusso che alcuni non si possono permettere.

Chiediamo pertanto al Lodevole Consiglio di Stato:

1.      In caso di quarantena di un dipendente il versamento del salario, così come anche indicato da AITI, deve essere garantito dai datori di lavoro?

2.      Esistono disposizioni speciali per gli interinali e i lavoratori su chiamata? In caso di malattia e/o di quarantena la retribuzione è garantita? Da chi?

3.      Sono state previste disposizioni speciali per le categorie di lavoratori a rischio?

4.      In caso di impossibilità di recarsi al lavoro di alcuni dipendenti, il datore di lavoro può esigere dagli altri gli straordinari?

5.      Il Consiglio di Stato ha esaminato la possibilità di attivare presso l’ispettorato del lavoro una hotline per rispondere alle domande dei lavoratori su questi temi o per raccogliere segnalazioni di eventuali abusi come quelli nei quali ricadrebbero le aziende che seguissero i consigli di associazioni padronali quali SSIC o Hotelleriesuisse)?

6.      In caso di chiusure delle scuole da parte delle autorità i genitori hanno diritto (così come anche indicato da AITI) di rimanere a casa e percepire lo stipendio per occuparsene dei figli ?

7.      Sono state adottate disposizioni speciali per riattivare la copertura sanitaria per i morosi?

8.      Chi deve farsi carico delle spese per esami e cure?

9.      Il Consiglio di Stato ha esaminato la possibilità di farsi carico di questi costi per le persone con difficoltà economiche?

Per il Gruppo MPS-POP-Indipendenti

Angelica Lepori, Simona Arigoni, Matteo Pronzini