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Il Movimento per il socialismo (MPS) ritiene, anche dopo le comunicazioni di ieri, che la strategia del governo nella lotta al coronavirus debba subire un immediato e radicale mutamento, passando da un atteggiamento sostanzialmente reattivo ad una logica di prevenzione della diffusione del contagio. Abbandonare cioè quella logica che porta ad attuare misure in un determinato ambito solo dopo che si sono manifestati segnali di diffusione del virus. Significativo, ad esempio, il ritardo con il quale si è introdotto il divieto di visita nelle case per anziani quando, fin dall’inizio, era stato correttamente indicato che quei luoghi ospitano una popolazione a rischio. Il divieto di visite andava introdotto fin dall’inizio e non dopo che alcuni casi (Chiasso) si sono manifestati.

In questo senso vanno affrontate le questioni relative alle attività produttive e della scuola.

Per quel che riguarda le attività produttive è necessario che esse vengano interrotte nella misura in cui non sono socialmente necessarie, pur preoccupandosi di garantire il reddito ai salariati e alle loro famiglie.

In questo senso il governo dovrebbe decretare il blocco delle attività produttive e di servizio che non hanno una valenza socialmente necessaria e urgente. In questo modo non solo si frenerebbe ulteriormente il contatto tra le persone che si recano e si incontrano sul lavoro, ma verrebbe anche risolto, quasi del tutto, il problema della circolazione di manodopera frontaliera.

L’attuale soluzione non solo appare incomprensibile alla maggioranza della popolazione, suscitando e approfondendo sentimenti non sempre positivi, ma sta creando una serie di problemi (intasamenti stradali, inquinamento, etc.) che peggiorano ulteriormente una situazione già difficile.

Per garantire il reddito ai salariati e per non gravare eccessivamente le imprese vi sono già alcuni strumenti legali e assicurativi, ai quali in questi giorni spesso si è fatto riferimento: pensiamo, ad esempio, all’utilizzazione del lavoro ridotto che indennizza i datori di lavoro dell’80% delle ore di lavoro perse (e che riversa questa indennità ai salariati). Il ricorso a questa misura dovrebbe essere generalizzato e soggetto solo ad un obbligo di notifica e non di autorizzazione fino al momento della fine dell’emergenza.

A questa misure dovrebbero esserne affiancate altre che permettano in particolare di compensare le perdite salariali che subiscono i lavoratori e le lavoratrici.

Per finanziare il ricorso allo strumento del lavoro ridotto e, in un’ottica generale, garantire la compensazione delle perdite salariali (nonché eventuali ulteriori misure di indennizzo per artigiani, piccole aziende, etc.) il governo deve costituire un fondo di lotta al coronavirus (come già ha proposto qualcuno potrebbero essere simbolicamente destinate a questa battaglia le eccedenze degli utili spettanti al Ticino dalla Banca Nazionale Svizzera). Ben inteso la rivendicazione del finanziamento di tali misure deve essere posta con forza alla Confederazione: i miliardi di utili di esercizio dell’ultimo decennio non ammettono ragionevoli rifiuti!

Un secondo punto delicato è rappresentato oggi dalla scuola. L’MPS ha fin dall’inizio sostenuto l’idea della necessità di una chiusura totale delle scuole e la ribadisce. D’altronde da parte di competenti e  importanti attori (dagli specialisti in malattie infettive fino all’ordine dei medici) ci si è pronunciati in questo senso.

L’MPS comprende anche il punto di vista di coloro che rifiutano questa proposta adducendo ragioni di tipo sanitario, sociale, temendo quello che è stato chiamato il contatto intergenerazionale. Tuttavia a questa giusta preoccupazione non si può rispondere rifiutando di mettere in atto la chiusura delle scuole, ma con una risposta articolata che tenga conto dei problemi.

In questo senso potrebbero essere avanzate soluzioni particolari che permettano di:

-accogliere nelle scuole tutti i ragazzi che non possono a casa essere accuditi dai genitori o da persone che non appartengano alle categorie a rischio

-la messa a disposizione di personale che, nelle scuole o nelle altre strutture, possano garantire – nel rispetto delle norme igieniche e sanitarie più volte ricordate – l’accoglienza e la gestione della giornata dei ragazzi

– garantire la continuità didattica (invio – informatico o postale – di compiti a casa, etc.)

Si tratta di semplici orientamenti (che possono eventualmente essere approfonditi) che delineano la possibilità di interrompere il normale svolgimento delle attività scolastiche a tutti i livelli e, allo stesso tempo, farsi carico di quelle misure sanitarie (ragioni a più riprese invocate dal capo del DECS Bertoli) fondamentali per evitare la propagazione del virus alle categorie a rischio.

Bellinzona, 12 marzo 2020