Coronavirus: riconoscere gli errori del passato per evitarne di nuovi
Qualcuno ha storto il naso di fronte alle critiche che, da settimane ormai, l’MPS rivolge alla politica del governo (pur avendo sostenuto quelle svolte e decisioni positive che pure il governo ha, seppur in ritardo e con esitazione, intrapreso) in particolare per l’atteggiamento assunto nella prima fase dell’epidemia.
Ci riferiamo a quei giorni nei quali dall’Italia arrivavano segnali chiari, nei quali si ribadiva la necessità di prepararsi a un’epidemia (“ogni giorno conta” ha cominciato a ripeterci il medico cantonale Merlani) e, allo stesso tempo e per diversi giorni, si autorizzavano manifestazioni di massa in Ticino: pensiamo, ad esempio, ai Carnevali di Bellinzona e Lugano; oppure, ancora, ai ritardi con i quali alcune decisioni importanti sono state adottate (il divieto di visita alle case per anziani, introdotto solo dopo la morte di alcuni ospiti)
Ora a tutti i critici del nostro atteggiamento farà storcere ancora di più il naso l’intervista apparsa oggi sul domenicale Il Caffè a Christian Camponovo, direttore amministrativo della clinica Moncucco, una delle strutture in queste settimane al centro della lotta al Coronavirus; Camponovo, che non è un bolscevico e un oppositore accanito della politica del governo, ripete in termini più o meno uguali, le cose che andiamo dicendo da alcune settimane http://www.caffe.ch/stories/cronaca/65538_vi_spiego_tutto_ci_che_si__sbagliato/. Evoca con puntualità e logica gli errori e le incertezze del governo, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo del virus: quelle che, qualsiasi epidemiologo potrebbe confermare, sono decisive per la diffusione dell’epidemia. E cita gli stessi elementi che, da settimane, andiamo ricordando.
Richiamare gli errori fatti deve servire non solo a capire bene come e perché le cose si sono sviluppate in un determinato modo; ma, soprattutto, ad evitare che vengano commessi nuovi errori che potrebbero compromettere gli sforzi fin qui fatti per combattere la pandemia.
Pensiamo qui alle decisioni di “allentare” le limitazioni relative alle attività produttive (nell’edilizia e nell’industria in modo particolare), senza che il rispetto della cosiddette condizioni di igiene e di distanziamento sociale possa essere verificato.
Un ritorno a scuola a partire dall’11 maggio potrebbe poi rivelarsi (per lo meno per il Ticino, ma non solo) un’ulteriore decisione foriera di conseguenze imprevedibili.
Ma, come detto, riconoscere queste indecisioni ed errori del passato (che, lo ripetiamo, non cancellano le misure positive poi adottate e difese dal governo – e che abbiamo pure noi difeso) serve anche a capire perché in Ticino le cose hanno preso una piega diversa dal resto del paese.
Si potrebbe così spiegare, ad esempio, per quale ragione (sono notizie di queste ore) in Ticino abbiamo avuto un tasso di letalità (53,5 decessi per ogni 100’000 abitanti) doppio rispetto a quello della Svizzera francese e otto volte di più rispetto alla Svizzera tedesca. Calcolata riferendosi al numero di abitanti, in Ticino la mortalità è di 53,5 decessi ogni 100’000 abitanti, di 24,7 in Svizzera romanda e di 6,2 decessi in Svizzera tedesca.
Scartate alcune ipotesi (come, ad esempio, il fatto che il Ticino abbia una struttura d’età della popolazione caratterizzata dalla presenza di una forte popolazione anziana – alcuni cantoni romandi hanno medie assai simili), verosimilmente è a questo ritardo iniziale, frutto di queste incertezze ed errori, che va ascritta la forte evoluzione dell’epidemia in Ticino.
Abbiamo scritto che, proprio per le ragioni che abbiamo appena evocato, un bilancio di quanto avvenuto dovrà essere fatto: anche per evitare che coloro che hanno delle responsabilità maggiori in questa vicenda finiscano per essere ricordati, complice anche un atteggiamento non sempre lineare e attento e sufficiente critico dei media, come i “salvatori della patria”. Pensare di annoverarvi personaggi come Claudio Zali (passato di fatto alla clandestinità fin dalle prime avvisaglie della crisi) ci fa venire i brividi.
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Lettera al presidente del Gran Consiglio Claudio Franscella
Egregio Presidente,
il gruppo MPS-POP-Indipendenti ha preso visione della comunicazione relativa all’annullamento della prossima seduta del Gran Consiglio del 4 e 5 maggio. La motivazione sarebbe da ricondurre ad un’indicazione del Medico cantonale in relazione alla situazione sanitaria e ai pochi rapporti commissionali pronti per il voto del plenum.
La informiamo che il nostro gruppo non condivide questa decisione e ritiene che la seduta del Gran Consiglio prevista debba essere assolutamente mantenuta (perlomeno quella del 4 maggio).
Alla base di questa nostra posizione vi sono considerazioni diverse che vorremmo qui, brevemente, esporle.
Vi è prima di tutto un’esigenza democratica. È dal 9 marzo che il Gran Consiglio non si riunisce: cioè dalle prime battute della pandemia e prima che venissero decise e avviate tutte le misure per contenerlo, così come le misure per fronteggiare le conseguenze economiche e sociali. E, vorremmo ricordarlo, in quella occasione non vi è stata nessuna discussione: il governo si era limitato a rispondere ad alcune generiche interpellanze, offrendo generiche e, ahinoi tranquillizzanti, risposte. Ricordiamo pure che in quella occasione una nostra proposta di discussione generale è stata affossata con il concorso di tutti i partiti maggiori. Di fatto il Parlamento in queste settimane non ha mai avuto la possibilità di discutere (ancor meno prendere decisioni) in modo plenario e davanti a tutta la popolazione ticinese di uno dei più gravi eventi degli ultimi decenni, che ha colpito in modo particolare il nostro Cantone. Non pensiamo che si tratti di un buon servizio reso alla democrazia!
Il fatto che non vi siano rapporti commissionali da sottoporre al voto giustifica ancor di più, a nostro modo di vedere, la tenuta di una seduta che possa essere dedicata a una discussione di fondo sulla pandemia, sul modo in cui la si è affrontata, sulle prospettive di “allentamento”, sulle misure a favore dell’economia, etc.: tutte questioni sulle quali un Parlamento che non venisse meno ai propri doveri più elementari sentirebbe il bisogno di confrontarsi di fronte a coloro che lo hanno eletto.
D’altronde la popolazione ticinese si deve essere chiesta come mai, praticamente negli stessi giorni, si ipotizzi il ritorno a scuola di migliaia di allievi e insegnanti e non si possa (per ragioni sanitarie) riunire un gruppo di 90 persone!
A questo proposito è sicuramente ipotizzabile che questo tipo di seduta possa tenersi in videoconferenza: disponiamo oggi di tali mezzi informatici che non dovrebbe essere difficile organizzare, con tutti i crismi della legalità formale, una seduta di questo tipo. Con all’ordine del giorno, lo ripetiamo, tutti gli atti parlamentari relativi alla pandemia presentati in queste settimane e, partendo dalle risposte del governo (che per comodità possono anche essere raggruppate), tenere poi una discussione generale.
La informiamo inoltre che cercheremo di raccogliere (ai sensi della Legge sul Gran Consiglio) un numero sufficiente di adesioni di membri del GC a favore della convocazione della seduta del 4 maggio.
In attesa di una sua sollecita risposta la salutiamo cordialmente.
Il Gruppo MPS-POP-Indipendenti
Matteo Pronzini, Angelica Lepori, Simona Arigoni
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(pubblichiamo il testo di un’interrogazione inviata oggi al Municipio di Bellinzona)
Coronavirus, minacce e gestione del personale a Bellinzona
Come segnalato ripetutamente dal MPS la gestione del personale della Città di Bellinzona si caratterizza per una mancanza di rispetto dei più basilari diritti del personale e una mancanza di buona fede da parte del Municipio, sostenuto evidentemente dai rispettivi partiti.
Gli esempi in questa legislatura non sono, purtroppo, mancati. Dall’inganno relativo alla cassa pensione all’imposizione di una settimana di vacanze forzate a tutto il personale, passando per una grave intromissione nella sfera privata in caso di malattia del personale. Senza dimenticare i diversi esempi di situazioni in cui il Municipio, in puro stile nordcoreano, si è arrogato il diritto di sostituirsi al personale nella nomina di rappresentanti in organismi paritetici. Tutto ciò sempre con il sostegno attivo dei membri della Commissione del Personale ed, evidentemente, dei sindacati di regime VPOD e OCST.
Come logico che sia questi cattivi esempi hanno delle conseguenze verso i quadri dirigenti dell’amministrazione comunale. Se il Municipio è arrogante e se ne frega del rispetto delle leggi perché non devo farlo anch’io?
Ultima in ordine di tempo la gravissima minaccia proferita dal responsabile dei servizi urbani di Bellinzona ai propri subalterni. Dagli imbrogli e dall’arbitrio si passa alle minacce.

Questo caso deve essere considerato in tutta la sua gravità e deve essere inserito all’interno di una gestione dove le imposizioni e l’arbitrio nella gestione del personale stanno diventando la regola. Pone inoltre la necessità di sapere con quali criteri in questi anni sono stati nominati i quadri dirigenti dell’amministrazione comunale. L’impressione è che nelle nomine più che le competenze professionali e di gestione del personale giochino appartenenze politiche e ricompense per favori fatti.
Alla luce di queste considerazioni chiediamo al Municipio:
- Come valuta il Municipio l’episodio riportato sopra? Intende intervenire? Se sì, come?
- Con quali criteri vengono scelti e nominati i quadri dirigenti comunali?
- L’amministrazione prevede corsi di formazione per gli stessi sulla gestione dei gruppi e le relazioni tra colleghi? Se si, a chi viene affidata la gestione di queste formazioni e con quale frequenza? Se no, non pensa sia il caso di introdurle?
- Quanti membri della commissione del personale dal 2017 ad oggi hanno ricevuto delle promozioni?
Per il Gruppo MPS-POP-Indipendenti
Angelica Lepori, Monica Soldini
Bellinzona 19 aprile 2020