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Manuele Bertoli, incalzato dalle pressioni di opinione pubblica e docenti (ricordiamo le diverse petizioni e le diverse prese di posizione), fa almeno due passi indietro rispetto a quanto si andava delineando ormai da alcune settimane. Pur non rinunciando al principio della “riapertura”, il DECS presenta una ripresa del tutto limitato e ridotta: è difficile dire, in questa fase, effettivamente quanti allievi delle scuole dell’obbligo riprenderanno a frequentare le scuole. Discutibili poi obiettivi e modalità per conseguirli: fatto che rende ancora più fragile e aleatoria questa “riapertura”. Ma andiamo con ordine.

Per la scuola dell’infanzia la riapertura sarà facoltativa, cioè in realtà non vi sarà una riapertura. Decideranno i genitori se mandare i figli a scuola o meno e dovranno comunicarlo nei prossimi giorni. Il che significa che, tranne per i casi di necessità del cosiddetto accudimento, la partecipazione rischia di essere minima.

Per la scuola elementare è prevista una frequenza di almeno 4 mezze giornate (o due giorni interi) e ridotta nel numero di allievi. Anche qui con la possibilità di chiedere una deroga per gli allievi di I e II.Tutte le modalità organizzative vengono lasciate alle direzione degli istituti, sulla base di “una presenza a scuola in alternanza di gruppi ridotti”.

Per le scuole medie (forse il settore più problematico e sul quale la discussione si è più concentrata) alla fine il DECS propone una frequenza di un giorno alla settimana (due mezze giornate). Certo, si tratta di indicazioni minime: ma, vista l’opposizione che regna tra un’ampia parte delle direzioni scolastiche, appare evidente che non si andrà al di là di questo minimo.

Anche in questo caso, naturalmente, le direzioni dovranno arrangiarsi a “organizzare una presenza parziale delle classi in sede…e il numero di allievi presenti contemporaneamente nell’istituto dovrà garantire le indicazioni sanitarie“. Non vorremmo essere nei panni delle direzioni di quelle scuole medie che contano più di 600 allievi e di quelle il cui numero supera ampiamente le 350 unità (complessivamente quasi un terzo di tutte le scuole medie).

Alla luce di questi primi elementi, relativi al grado di apertura, ci si chiede quale senso abbia mobilitare tutti questi allievi e docenti (parliamo in tutto di 35’000 persone), per un numero così limitato di ore di presenza a scuola che non permettono, per le ragioni che diremo qui sotto, di raggiungere nessuno degli obiettivi (pedagogici, sociali e integrativi) che il DECS si propone di raggiungere con questa “riapertura”. L’impressione evidente è che, per non perdere l faccia per la seconda volta in poche settimane, Bertoli abbia rinunciato a quasi tutto pur di poter presentare una “riapertura”.

E veniamo, appunto, agli obiettivi che si pone questa ripresa.

Per la scuola elementare gli obiettivi principali sono quelli di “ricostruire con i bambini una quotidianità rassicurante all’interno della comunità scolastica” e di “riportare gli allievi in un contesto loro molto famigliare di apprendimento”. Ora questi obiettivi, in sé lodevoli, fanno a pugni con la situazione nella quale si verranno a trovare. L’idea di far ritrovar loro la normalità (per definizione “rassicurante”) del quadro scolastico viene contraddetta dalle stesse direttive del DECS quando afferma (e si tratta di una indicazione, ci si dice, che ha “un carattere generale”) che “sarà prevista un’organizzazione alternativa alla situazione regolare”.

Come è possibile, in un contesto scolastico di frequenza parziale, separati in gruppi, in contesto organizzativo “irregolare”, “anormale”, “ricostruire…una quotidianità rassicurante”?

Per la scuola media le cose stanno anche peggio, proprio per il fatto che questa riapertura si presenta come una sorta di “visita” settimanale all’istituto scolastico. Come possa una situazione di frequenza così eccezionale ridare fiducia agli studenti e (obiettivo indicato) “compiere un primo passo verso una certa normalità” è veramente difficile capirlo.

Anche qui gli obiettivi generali e quelli disciplinari appaiono discutibili. Tanto per cominciare su quello principale (perlomeno così come è formulato) è difficile incontrare, di questi tempi, una maggiore ambiguità: “riattivare il contatto umano tra docenti e allievi” (sic!)

Ma è nei contenuti dell’insegnamento in presenza che appaiono elementi assai discutibili. In effetti la logica di questo ritorno a scuola (parzialissimo) appare del tutto legata ad una logica scolastica nel senso deteriore del termine. Così, per gli allievi di prima, l’insegnamento dovrà concentrarsi sulla matematica e sull’italiano, in seconda su matematica e tedesco, in terza e quarta su matematica, tedesco, italiano e francese.

Una logica di rientro estremamente “scolastica”: e mal si comprende come potrà essere in qualche modo effettivamente realizzata, visto che, tra gli altri obiettivi, se ne indicano alcuni di carattere più generale, di tipo psicologico: ad esempio, “elaborare la situazione straordinaria vissuta (Debriefing) in vista della chiusura di questo anno scolastico”. Difficile immaginare questo compito (che se preso da solo e oggetto di questo “rientro” avrebbe potuto avere un senso) tra un’equazione di primo grado e il teorema di Pitagora!

Non affrontiamo qui tutta un’altra serie di problemi (e non dei minori) che nel corso delle discussioni nelle ultime due settimane hanno tenuto banca: i trasporti, le misure igieniche nel corso di attività tipiche che si incontrano a scuola (andare al bagno, fare ricreazione, le fasi di entrata e uscita dalle sedi scolastiche, etc.).

Il DECS, nella sua ossessione di realizzare questa apertura si limita a scaricare tutto questo sulle direzioni scolastiche, senza nemmeno dare indicazioni di massima se non quella che è necessario “ridurre i contatti”. Che se la sbroglino le direzioni scolastiche: che devono organizzare anche la pulizia e la disinfezione delle aule (tra una lezione e l’altra), di tutte le parti che vengono toccate da molte persone (più volte al giorno), etc.

Una riapertura quindi che si inserisce orma, sull’onda delle decisioni del Consiglio federale, in un discorso la cui unica preoccupazione è quella di mettere in luce una ritrovata normalità; da quella produttiva (nella quale ormai tutto è riaperto) a quella scolastica, che, come sempre in Svizzera, è modellata su quella produttiva. Si deve tornare a scuola come si deve tornare al lavoro. E per fare questo ecco modalità e obiettivi del ritorno a scuola del tutto inadeguati ai bisogni formativi, psicologici e sociali di allievi e studenti; con docenti e direzioni che devono caricarsi sulle spalle l’onere di un ritorno a scuola che non aiuterà nessuno studente; anzi, offrendo una normalità del tutto diversa da quella che hanno vissuto non faranno che contribuire ad elevare il tasso di angoscia e smarrimento che possono aver vissuto molti allievi.