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L’associazione Progetto aula 13 ha scritto al capo del DECS, Manuele Bertoli, sollevando alcune questioni relative alla decisione (definitiva) del dipartimento di inserire all’interno del Centro federale d’asilo (CFA) di Pasture (Novazzano) delle classi d’accoglienza per i bambini/ragazzi richiedenti asilo. Una scelta che l’associazione aveva già condannato in passato e sulla quale ritorna ora con questa lettera al capo del DECS. (Red)

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Egregio consigliere di Stato,

abbiamo appreso con rammarico e sconforto la decisione dell’inserimento all’interno del CFA di Pasture delle classi d’accoglienza per i bambini/ragazzi richiedenti asilo. In questo senso due delle domande che avevamo posto nella lettera di gennaio decadono perché avete già proceduto scegliendo un’opzione precisa e in direzione contraria a quanto da noi auspicato.

Rimane aperta la sola domanda che vi abbiamo posto relativa ad un bilancio del percorso fatto a Biasca da settembre a febbraio: in particolare ci interessa molto sapere se è stato fatto un bilancio dell’esperienza e quali sono i fondamenti che vi hanno portato a decidere per una struttura scolastica

all’interno del centro di Pasture. Nella sua lettera del 30 gennaio Lei si è detto “lieto di sapere che l’impressione da voi avuta in occasione della visita della classe di accoglienza a Biasca sia stata complessivamente positiva.” Nell’incontro di giugno aveva dichiarato che “l’esperienza da settembre a febbraio ci dirà di più”.

Cosa ci ha detto e vi ha detto di più la storia breve di questo gruppo scolastico e delle sue due docenti che hanno lavorato a stretto contatto con diverse colleghe e colleghi dell’istituto di Biasca nonché con la direzione? In particolare, quali sono gli elementi che vi hanno condotto a decidere che COMUNQUE la classe di accoglienza andava portata all’interno del centro di Pasture?

A fine febbraio ci siamo recati sul luogo previsto per la costruzione del CFA. Come si può vedere dalle foto che abbiamo fatto, lo spazio recintato è antistante allo stabile provvisorio (un ex fabbricato industriale) e limitato sul lato sud da un importante nodo ferroviario. Gli scavi non sono ancora iniziati. Davanti al fabbricato industriale (CFA provvisorio) c’è il posto per il  parcheggio di veicoli. Attualmente questo luogo non dispone di nessuno spazio ricreativo né per gli adulti e tanto meno per i minori.

L’agente di sicurezza che ci ha vietato l’accesso al CFA provvisorio non ha saputo dirci quando sarebbe iniziata la costruzione del nuovo CFA, ma che il SEM stava portando dei letti all’interno del CFA provvisorio, “per fortuna situato in un luogo fuorimano e poco visibile così che i richiedenti non daranno fastidio perché spesso disturbano come a Chiasso dove spesso ci sono risse e schiamazzi”.

Alleghiamo una documentazione fotografica così come i piani del futuro CFA: a nostro parere tutto parla a sostegno della tesi che si sta costruendo un campo di internamento in cui le dimensioni degli spazi abitativi e “scolastici” sono patogeni. Come potete vedere, le famiglie con bambini hanno come

unico spazio famigliare un dormitorio di circa 8 m per 4 m. Gli altri dormitori previsti per 5 letti a castello come le due “aule” misurano 8,5 m per 4,87 m. Lo spazio comune di fronte ai dormitori per famiglie è ancora più esiguo dei dormitori, infatti misura 7,32 m per 4 m ed è suddiviso in due parti, un “soggiorno” e un’”area gioco bimbi”.

Siamo oltremodo scioccati dalla palese insufficienza di spazio vitale necessario alla sopravvivenza psichica sia degli adulti che dei minori. Descritto per la prima volta nel 1958 dall’antropologo statunitense Edward T. Hall, lo spazio personale è una “bolla emozionale” che circonda ciascun individuo di una società che si ispira al non-contatto. Sappiamo che le conseguenze di una promiscuità così forte può essere quello di venir percepiti come una minaccia che innesca una serie di reazioni che hanno dei risvolti fisiologici ben definiti, riportando istintivamente a una risposta comportamentale che oscilla tra la scelta della fuga, per sottrarsi alla minaccia, o quella del combattimento, per affrontarla e respingerla. Tipiche reazioni fisiologiche sono legate all’aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca e respiratoria, oltre alla tensione muscolare; reazioni queste tutte susseguenti alle scariche di adrenalina. (1)

Gli episodi di risse e scompensi vari che continuano a verificarsi nei Centri per richiedenti asilo lo dimostrano ampiamente.

Data l’ubicazione volutamente isolata per evitare alla popolazione di essere testimone delle conseguenze patogene di una simile “accoglienza”, la sosta diurna in una scuola pubblica costituirebbe l’unico tempo di respirazione da esseri umani sia per i bambini/ragazzi che per i genitori per continuare – come lei scrive – a garantire una scolarizzazione della miglior qualità possibile a questi bambini, queste bambine, questi ragazzi e queste ragazze anche in futuro, tenuto conto delle circostanze generali.

Ancora nella sua lettera del 23.06.2019 lei dice che “non è stata evocata la possibilità di usare le strutture sportive delle scuole di Balerna”. E’ stato detto che la classe presso il centro (prima provvisorio e poi definitivo a Novazzano) avrà attività all’esterno del centro, anche presso le diverse scuole dei comprensori vicini, per esempio per l’educazione fisica, ma non solo.

Quali sono le misure concrete in questo senso e che contatti sono stati intrapresi con i diversi istituti scolastici della zona per fare in modo che degli spazi siano aperti alle classi d’accoglienza?

Ci rendiamo conto che l’attuale emergenza sanitaria fa sì che questa nostra riflessione assuma sfumature particolari. I problemi cui siamo tutti confrontati rischiano di essere amplificati all’interno di una struttura contenitiva e la restrizione degli spazi di libertà che tocca tutti noi è moltiplicata per le persone che già sono considerate abitualmente con sospetto.

In particolare per ciò che riguarda la scuola ci chiediamo quali siano i mezzi a disposizione per permettere un insegnamento a distanza nella struttura di Pasture al pari dei bambini e dei ragazzi che usufruiscono dell’insegnamento anche in questi tempi difficili.

Sentiamo tutti il bisogno di aria e ci immaginiamo che in una struttura chiusa e affollata questo bisogno sia moltiplicato. Il respiro è un tema che ci tocca tutti di questi tempi e ci sembra importante garantire una necessaria vastità di orizzonti anche alle famiglie e ai ragazzi che vivono nella precarietà più totale. Sentire di far parte della comunità è un valore che ci conforta e un diritto che deve essere riconosciuto a tutti, anche alle persone che stanno nell’ombra.

Ringraziandola nuovamente per l’attenzione, le porgiamo cordiali saluti.

Paolo Buletti, Sultan Filimci, Luca Poli, Francine Rosenbaum

dell’Associazione Progetto Aula 13

1. Hall E.T. (1968), Proxemics. Current Anthropology, vol.9, pp. 83-108.