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Negli scorsi giorni gli organi di stampa hanno dato risalto alla notizia di un’infermiera occupata
presso l’ospedale di San Gallo risultata positiva al test COVID-19 a cui è stata ugualmente
imposta la presenza al lavoro. Dalle informazioni in nostro possesso non si tratterebbe di una
situazione unica.
In queste settimane da più parti, sia a livello svizzero che ticinese, il personale sanitario e delle
strutture sociali denuncia situazioni di messa a rischio della propria salute psicofisica e gravi
difficoltà nel conciliare l’attività lavorativa con i propri obblighi educativi e famigliari.
A ciò si aggiunge un comportamento deplorevole del Consiglio federale: lo scorso 16 marzo
2020 ha esentato dal recarsi al lavoro i dipendenti con patologie legate all’ipertensione arteriosa,
diabete, malattie cardiovascolari, malattie croniche delle vie respiratorie, malattie o terapie che
indeboliscono il sistema immunitario o cancro e ha imposto ai loro datori di lavoro il pagamento
dello stipendio. Non è passata una settimana che tale sensata e logica decisione è stata
annullata su pressione del padronato e in particolare da quello sanitario.
Per questa ragione con la presente mozione chiediamo al Consiglio di Stato di intraprendere i
seguenti provvedimenti a difesa della salute psico-fisica del personale sanitario e degli istituti
sociali.

  • L’uso di mascherine, occhiali e maschere di tipo FFP2 deve essere urgentemente rinforzato
    e generalizzato. Oggi il personale sanitario e delle strutture sociali non è sufficientemente
    protetto. La distribuzione di maschere chirurgiche non avviene ancora in forma
    generalizzata. Chiediamo d’innalzare gli standard HPCI e di fare ogni sforzo per
    garantire che vengano distribuiti migliori dispositivi di protezione al personale che
    entra in contatto diretto con le persone con COVID-19.
  • Attualmente, il personale sanitario e degli istituti sociali non ha ancora, in forma
    generalizzata, accesso immediato ai test sui virus che migliorerebbero la quarantena rapida
    delle persone colpite e ridurrebbero al minimo la diffusione del virus. In considerazione del
    ruolo particolare svolto da questo personale nella crisi chiediamo un accesso facile
    e gratuito al test covid-19 per il personale sanitario e degli istituti sociali.
  • Come indicato in precedenza, il Consiglio federale ha emanato, seppure in modo
    contradditorio, alcune regole per proteggere la popolazione particolarmente vulnerabile al
    COVID-19. Le persone interessate hanno potuto ottenere un certificato che conferma il loro
    status dal loro medico. Oggi, queste cosiddette persone vulnerabili sono messe sotto
    pressione dalla loro direzione per tornare al lavoro, in particolare negli ospedali, nelle case
    per anziani, negli istituti sociali e nelle strutture d’aiuto domiciliare. Di conseguenza alcune
    direzione rifiutano questi certificati. Crediamo che la tutela della salute delle cosiddette
    persone vulnerabili non possa in alcun modo essere garantita nelle strutture professionali
    indipendentemente dalla funzione svolta. Gli spazi (spogliatoi, servizi igienici, ecc.) sono
    troppo ristretti e la circolazione del virus è troppo grande in queste istituzioni per proteggere
    il personale. Chiediamo che le persone considerate vulnerabili ai sensi dell’ordinanza
    del Consiglio federale attive nelle strutture sanitarie e negli istituti sociali ticinesi
    possano rimanere al loro domicilio con pagamento del salario.
  • Di fronte alla carenza di personale, alcune strutture esercitano una pressione inaccettabile
    sul personale di cura. In questa situazione, dove il Consiglio federale si è permesso di
    sospendere per alcuni reparti ospedalieri la validità della Legge sul lavoro, lo stress
    estremo, il carico di lavoro inaccettabile, la scarsità delle misure di protezione della salute,
    possono essere alla base di reazioni particolari ma giustificate da parte del personale
    sanitario e socio-sanitario. Lo stress e le paure molto forti del personale richiedono un clima
    di lavoro libero da minacce e pressioni. Abbiamo bisogno di un forte impegno da parte dei
    datori di lavoro in questo senso, che contribuisca ad alleviare il clima di lavoro
    estremamente teso in molte istituzioni e a concentrarsi sul lavoro di cura e sul benessere
    dei pazienti e dei residenti. Di conseguenza non deve essere permesso alle direzioni
    aziendali del settore sanitario e degli istituti sociali ‒ sia pubbliche che private ‒
    d’adottare sanzioni, misure disciplinari e licenziamenti, a parte eventuali casi di
    provate infrazione gravi.
  • L’impegno richiesto al personale del settore, qualunque sia la sua professione, è immenso.
    La pianificazione del lavoro richiede che i dipendenti siano sempre più flessibili. Le vacanze
    vengono annullate o sospese, gli orari vengono presentati sempre più tardi, turni di lavoro
    di 12 ore e mancato rispetto delle disposizioni contenute nella Legge sul Lavoro stanno
    prendendo sempre più piede e ciò non solo nei reparti ospedalieri COVID-19 confrontati ad
    un massiccio aumento del lavoro ai sensi dell’Ordinanza 2. È una situazione che rende
    molto difficile conciliare obblighi lavorativi con gli obblighi educativi e famigliari. A ciò
    bisogna aggiungere che le strutture sanitarie, nel suo insieme, saranno confrontate con una
    situazione straordinaria ancora per molti mesi. È evidente a tutte e tutti che in queste
    strutture ancora per molto tempo si dovranno mantenere misure igieniche straordinarie.
    Chiediamo di conseguenza che da subito, e fino alla conclusione della situazione di
    crisi, l’Ispettorato del lavoro svolga a scadenze regolari, ma almeno una volta al
    mese, controlli accurati in tutte le strutture sanitarie e in tutti gli istituti sociali al fine
    di verificare il rispetto delle disposizioni contenute nella Legge sul lavoro per quanto
    riguarda tempi di lavoro e pause.
    Per MPS-POP-Indipendenti
    Matteo Pronzini
    Arigoni Zürcher – Lepori Sergi