Pubblichiamo la lettera inviata dal collettivo femminista Io l’8 ogni giorno in merito alla questione della violenza domestica nell’attuale periodo di emergenza a Chiara Orelli Vassere, coordinatrice istituzionale in ambito di violenza domestica presso la direzione della Divisione della giustizia (Red)
Gentile signora Chiara Orelli Vassere,
il collettivo femminista Io l’8 ogni giorno è molto preoccupato per le conseguenze dell’attuale periodo di emergenza sulle donne vittime di violenza domestica. Ci rivolgiamo dunque a lei, in quanto coordinatrice istituzionale in ambito di violenza domestica presso la Direzione della Divisione della giustizia, per sottoporle alcune nostre riflessioni e per formularle alcune nostre proposte e richieste.
Ci interroghiamo, innanzitutto, sulle recenti esternazioni del capo della polizia Matteo Cocchi, il quale ha sostenuto che non vi è stato un incremento del fenomeno durante questo periodo di restrizioni della libertà individuale.
Considerando che gli interventi giornalieri della polizia per violenza domestica in Ticino sono in media tre al giorno, il fenomeno (anche se non fosse accresciuto, ipotesi cui noi non crediamo) resta comunque grave e preoccupante. Considerando poi che, già in condizioni ordinarie, solo una piccola parte delle violenze viene effettivamente denunciata, ci sembra che il problema sia serio e non debba in nessun caso essere banalizzato. In una situazione di convivenza forzata come quella attuale risulta sicuramente più difficile per una donna trovare il modo di denunciare o chiedere aiuto. L’emergenza sanitaria ha provocato anche un’emergenza sociale e economica, una situazione che crea sicuramente tensioni e stress all’interno dei nuclei famigliari e che potrebbe essere fonte di violenza. Inoltre la situazione di precarietà economica, il fatto che molte donne hanno visto ridurre o addirittura azzerare (pensiamo alle lavoratrici a ore, alle donne delle pulizie, ecc) il loro reddito rende per queste donne ancora più difficile immaginare di abbandonare una relazione violenta. L’indipendenza economica, già difficile da raggiungere per molte donne in un momento di “normalità”, è infatti oggi ancora più complicata e incerta.
In questo contesto crediamo che il numero di segnalazioni non rispecchi la realtà di quanto sta accadendo nelle case e del resto, come successo in altri paesi, è immaginabile nelle prossime settimane un aumento dei casi e degli episodi di violenza fino ad ora rimasti sommersi.
Abbiamo notato che nei siti di informazione appaiono spesso dei banner, che invitano le donne vittime di violenza a contattare la polizia, a contattare il 117, a visitare il sito www.viveresenzaviolenza.ch, oppure a rivolgersi alle Case delle donne presenti sul territorio. Abbiamo anche potuto prendere conoscenza della recente decisione di diffondere un volantino con i numeri di contatto. Iniziative certamente utili, ma a nostro avviso ancora insufficienti.
La situazione di una donna che subisce violenza domestica, sia essa in forma di violenza psicologica, di dipendenza economica, di vera e propria violenza fisica, è sempre una situazione molto complessa e dolorosa, che difficilmente può risolversi con una telefonata al numero della polizia, in questo periodo già molto sollecitata dalla cittadinanza che si sente autorizzata a coadiuvarla nel lavoro, segnalando prontamente chi non rispetta le restrizioni dovute al Covid 19.
Riteniamo che questa forma di aiuto sia superficiale e inadeguata, poiché non tiene conto della difficoltà che una donna, vittima di violenza e costretta a stare a casa, può avere nel fare una telefonata, visitare un sito, contattare qualcuno senza che il suo aguzzino la controlli o le impedisca di utilizzare i mezzi di comunicazione. In quel caso come può una donna chiedere aiuto?
Chi è vittima di violenza, non solo domestica, subisce uno shock psicologico che spesso può rendere estremamente difficile la presa di coscienza della propria condizione e spaventare molte donne che sono già in situazione di fragilità per altri motivi, come una mancanza di impiego, un certo isolamento sociale spesso provocato dal partner, un permesso di soggiorno legato alla relazione violenta, figli piccoli da accudire, ecc…. Una complessità che crediamo la polizia non sia preparata a cogliere e che vorremmo fosse assunta da personale qualificato.
Molto spesso una donna che ha subito violenza ha bisogno solo di sentirsi ascoltata e compresa, e almeno all’inizio ha la necessità di capire quali strumenti e soluzioni potrebbe adottare per uscire da una situazione violenta. Le campagne di informazione e prevenzione dovrebbero a nostro avviso illustrare in modo concreto quali sono i servizi offerti e quali potrebbero essere le forme di sostegno per accompagnare le donne nei passi da compiere in un percorso di uscita dalla situazione di violenza. Solo così le donne potranno iniziare ad immaginare un’altra vita al riparo dalla violenza.
Infine, se non si offre sicurezza e appoggio in maniera adeguata, anche a livello di sostegno economico, il rischio è che le donne maltrattate si trovino senza alternative se non ritornare dal partner violento. Siamo molto preoccupate per la mancanza di posti nelle case delle donne, un’insufficienza endemica che appare più chiara in questo momento di crisi.
Come collettivo le chiediamo:
- Che le donne possano rivolgersi a un numero di emergenza specifico per questo tipo di problema, un numero a tre cifre e non un numero verde, raggiungibile 24h/24h.
- Che sia attivata e promossa anche la possibilità di chiedere aiuto non solo tramite una telefonata, ma inviando un messaggio (modalità in taluni casi più semplice e sicura di una chiamata vocale).
- Che sia fatta una campagna di informazione non solo online, ma anche alla televisione e con manifesti appesi nelle strade, nei supermercati e nelle farmacie;
- Che la campagna di informazione non si limiti a comunicare i numeri di contatto ma che spieghi alle donne quali sono concretamente le forme di sostegno offerte;
- Che le farmacie (ed eventualmente anche altri luoghi, come i supermercati o gli studi medici) siano luoghi dove le donne possono chiedere aiuto (come in Spagna);
- Che le donne possano comunicare il loro disagio anche con parole chiave, (ad esempio in Spagna hanno scelto “mascherina 19”)
- Che durante il percorso di richiesta d’aiuto e di eventuale denuncia le donne possano essere accompagnate da un servizio di esperte, composta maggioritariamente da donne, senza vedersi costrette a confrontarsi prevalentemente con interlocutori maschili;
- Che siano aumentati immediatamente i luoghi sicuri e i posti per le donne vittime di violenza e per i loro bambini, parallelamente chiediamo che siano aumentati pure i posti letto per uomini abusanti (oggi solo due in tutto il Cantone);
- Che gli uomini che sono autori di violenza NON possano più rientrare a casa dopo le due settimane di allontanamento previste per legge;
- Che venga garantito alle donne che desiderano sottrarsi da situazioni di violenza un reddito d’emergenza e che siano offerti loro servizi volti a facilitarle nelle pratiche amministrative legate alle richieste di eventuali aiuti o sussidi o nella ricerca di un impiego.
Restiamo naturalmente disponibili per confrontarci con lei – anche tramite un incontro virtuale – su questi temi e su queste nostre proposte e in attesa di una sua risposta le porgiamo i nostri migliori saluti,
Il collettivo femminista Io l’8 ogni giorno