La scuola è certamente uno dei nodi della crisi Covid-19 che gran parte del mondo sta vivendo. In Ticino abbiamo vissuto alcuni giorni quasi teatrali tra l’11 e il 13 marzo, con la decisione dapprima di chiudere solo il settore delle scuole medie superiori e università e poi con la chiusura, due giorni dopo, di tutta la scuola dell’obbligo. Scelta, quest’ultima, dettata non solo dalla ferma decisione di alcuni istituti scolastici comunali di chiudere, ma anche dalla decisione delle autorità Federali di chiudere tutte le scuole sul territorio nazionale dal 16 marzo.
Diciamocela tutta e con sincerità: le autorità cantonali, politiche e sanitarie, non hanno fatto una gran bella figura e soprattutto non hanno colto la paura e le anticipazioni che venivano da una parte importante delle famiglie. Infatti, al momento della decisione di chiudere, una buona parte dei nostri allievi era già assente da scuola. Era a casa perché i genitori avevano deciso così. Il rischio che questo fenomeno si ripresenti tra qualche giorno, al momento di una eventuale riapertura, è reale. Inoltre, pure tra il personale legato al mondo della scuola, insegnanti, personale amministrativo, personale addetto alle mense e ai trasporti ecc., i timori sono manifesti e vanno assolutamente tenuti in considerazione. Pensare, ancora una volta, di prendere decisioni così importanti senza una vera consultazione e condivisione sarebbe un grande errore.
E questo non significa assolutamente mettere in discussione che alla fine sarà il Consiglio di Stato a prendere le decisioni. Significa rendersi conto che, quando è la salute di tutti ad essere minacciata, bisogna trovare forme di coinvolgimento le più ampie possibili. Anche questa è vera prevenzione.
La parziale riapertura delle attività economiche, tra molte difficoltà e critiche, pone il problema dei figli a casa. Se una parte dei genitori riprende il lavoro, i figli da qualche parte devono stare. Non vorrei che alla base di un’eventuale riapertura ci fosse questa pressione sulle spalle del DECS e del Consiglio di Stato. D’altronde, tra chi in questi giorni si affanna a spingere sull’acceleratore di una ripartenza generale, la consapevolezza che tutto diventa più complicato se le scuole restano chiuse è evidente.
In molti si stanno chiedendo, non a torto, perché mai tentare una riapertura così difficile e rischiosa, a poche settimane dalla chiusura ufficiale dell’anno scolastico. Perché forzare, nonostante i molti pareri medici e/o scientifici che chiedono molta cautela, se non addirittura l’invito a tener chiuso? Perché forzare quando il settore sanitario si attende un ritorno dell’onda epidemica dovuto all’ aumento delle persone in circolazione? Se in queste settimane il corpo insegnante è riuscito, tra dubbi, difficoltà e fatica, a mantenere un contatto con i propri allievi e le rispettive famiglie, producendo i materiali necessari per consolidare quanto appreso fino al momento della chiusura, perché ostinarsi a riaprire, seppur in forma ancora non definita, per così poco tempo? Si rischia di creare una moltitudine di situazioni difficili da gestire e di trasformare il personale scolastico in controllori del lavarsi le mani, della distanza, di come starnutire, di come … Altre realtà nazionali a noi vicine hanno già comunicato che si riaprirà a settembre. Perché non da noi? Perché non coinvolgere, seppur in modo snello e veloce, attraverso direzioni e/o docenti di classe, anche le famiglie per sentire il loro parere?
Comunicare che le scuole non riapriranno perché non ci sono sufficienti garanzie, perché a troppe domande legate a questo virus (in particolare il ruolo dei giovani o giovanissimi nella trasmissione) non corrispondono altrettante risposte più o meno attendibili, significherebbe dar prova di buon senso e troverebbe una larga accettazione tra la popolazione. Si potrebbe tranquillamente continuare con il concetto di accudimento, sperimentato in queste settimane senza troppe difficoltà.
Lo capirebbe bene anche mia mamma, 89 anni, che si chiede perché mai non possiamo andare a trovarla, mentre si parla di riaprire le scuole, lo capirebbero bene anche tutti quegli anziani che diligentemente restano a casa o comunque cercano di fare la spesa prima delle 10, lo capirebbero bene anche tutti quei nonni che si accontentano di salutare i nipotini su uno schermo, lo capirebbe bene tutto quel settore sanitario che viene praticamente beatificato ogni giorno per il lavoro eccezionale che sta facendo e che continua a chiedere grande cautela, lo capirebbe bene il mondo della scuola che ha dovuto reinventarsi in fretta e furia.
* docente pensionato da poco e con un grande senso di appartenenza alla nostra Scuola.