In poco meno di due settimane, il Consiglio federale ha liberato circa 60 miliardi di franchi sottoforma di aiuti diretti alle imprese, secondo il principio degli aiuti a innaffiatoio. L’azione è iniziata il 13 marzo con il primo pacchetto di 10 miliardi di franchi: 8 miliardi per le indennità per il lavoro ridotto provenienti dal fondo dell’assicurazione per la disoccupazione, 600 milioni sottoforma di crediti bancari garantiti per assicurare la liquidità immediata alle PMI, più altri milioni di crediti a tasso zero per le associazioni sportive e culturali. Il 20 marzo, il Governo federale ha varato il secondo pacchetto, questa volta di 32 miliardi di franchi, così ripartiti: 20 miliardi di crediti transitori con fideiussioni, sempre per alimentare la liquidità immediata delle PMI, 280 milioni per le associazioni culturali, altri 100 milioni per le organizzazione sportive e i restanti miliardi rientrano nell’allargamento del lavoro ridotto alle agenzie interinali, ai contratti di durata limitata, agli apprendisti, ai lavoratori dipendenti in quarantena, ai datori di lavoro che sono anche dipendenti della propria ditta, agli indipendenti che subiscono una perdita di guadagno a causa delle misure decise dalle autorità per combattere il coronavirus. Infine, l’ultimo pacchetto adottato il 3 aprile, di altri 20 miliardi di crediti transitori con fideiussioni per nuove iniezioni di liquidità a favore delle PMI.
In sostanza, a oggi, la Confederazione ha mobilitato circa 60 miliardi di franchi a favore delle imprese. Infatti, anche il lavoro ridotto deve essere considerato un aiuto diretto alle imprese: le indennità vanno a coprire il salario che il datore di lavoro sarebbe tenuto legalmente a pagare ai dipendenti in caso d’impedimento senza colpa loro di lavorare. Inoltre, se al padrone è coperto praticamente il 100% del salario che dovrebbe versare ai dipendenti, questi ultimi devono rinunciare al 25% circa del proprio salario. Quindi è piuttosto arduo considerare il lavoro ridotto come un aiuto a chi deve vendere la propria forza lavoro per sopravvivere…
Però, l’aspetto che vogliamo trattare è un altro. In alcuni nostri interventi abbiamo sottolineato come la borghesia svizzera, in momenti di crisi come quello attuale, non abbia la minima remora morale nell’adottare il principio degli “aiuti a innaffiatoio” quando si tratta di sostenere i propri interessi specifici, per poi considerare questo principio come il peggiore dei mali quando si parla di diritti e di prestazioni sociali erogate alle lavoratrici e ai lavoratori…
Affinché il sistema degli “aiuti a innaffiatoio” funzioni alla perfezione, è necessario eliminare il maggior numero di ostacoli, sia alla sorgente che alla foce di questo enorme flusso di denaro pubblico. Ed è quello che è successo. Tutta l’architettura dei crediti transitori con fideiussione si basa sul semplice principio della buona fede (autodichiarazione) e della massima rapidità (in pochi giorni deve essere disponibile). Per esempio, l’erogazione dei crediti COVID-19 – cioè quelli fino a 500’000 franchi – richiede poche elementari formalità: l’impresa richiedente deve essere stata costituita prima del 1° marzo 2020, deve registrare un calo del fatturato a causa della pandemia COVID-19; l’impresa non deve essere sottoposta a una procedura di fallimento o a una procedura concordataria, si può chiedere un credito per impresa e il credito va usato esclusivamente per soddisfare le esigenze di liquidità correnti. Dei criteri assolutamente banali, la cui dimostrazione si basa, come detto, sul principio dell’autodichiarazione: l’impresa richiedente si limita a rispondere a queste domande, senza fornire nessuna documentazione ufficiale. Anche il quotidiano liberale LeTemps non poteva evitare di notare come «il fatto che un’impresa possa ottenere un credito inferiore a 500’000 franchi presso la sua banca in maniera molto rapida, senza esami approfonditi, sulla base di una semplice autodichiarazione, comporta un rischio di abusi»[1]. Un sistema, dunque, basato sulla totale assenza di controllo e sull’elevato rischio d’illeciti. Anche la SECO riconosce questa condizione: «in linea di principio, il Consiglio federale parte dal presupposto che i crediti di aiuto non saranno utilizzati in modo illecito. Tuttavia, la concessione dei crediti senza formalità burocratiche comporta anche un certo potenziale di abuso, cui il Consiglio federale intende opporsi con fermezza. Esso ha incaricato oggi i dipartimenti competenti di attuare rapidamente un piano volto a contrastare gli abusi»[2].
In sostanza, il piano è articolato attualmente attorno a due misure. In primo luogo, la verifica di tutti gli accordi di credito in merito all’osservanza dei requisiti di base citati prima e la verifica che non siano stati concessi più crediti alla stessa ditta. In secondo luogo, si procederà a un controllo sistematico dei crediti COVID-19, collegandoli ai dati sull’imposta sul valore aggiunto o ad altri dati, per permettere così di verificare le informazioni sulle cifre d’affari fornite dalle imprese e di monitorare palesi discrepanze. Dei controlli che ci sembrano assolutamente velleitari, soprattutto per quanto riguarda la verifica dei criteri di base. Tenuto conto che l’obiettivo è che banche e PostFinance liberino i crediti in due giorni, ci chiediamo quanti di questi controlli siano stati fatti sulle 94’269 richieste di credito (pari a circa 15,7 miliardi di franchi) registrate fino allo scorso 9 aprile[3]… Ma per il ministro delle imprese Ueli Maurer la questione dei controlli in questo momento «non è il punto, ci sarà tempo in seguito per verificare tutti i crediti che stiamo dando»[4]. Per Maurer i richiedenti di una rendita AI, i lavoratori in malattia o in infortunio non sono degni di fiducia e perciò possono essere sottoposti a misure di controllo poliziesche. Invece per quanto riguarda le imprese «un abuso è praticamente da escludere», ha rassicurato il ministro, dicendosiconvinto«che chi investe tutto nella propria azienda non cerca di imbrogliare lo Stato»[5]. Neppure Maurer crede alle panzane che racconta. La verità è che per attuare un sistema efficace e rapido di “aiuti a innaffiatoio” alle imprese è necessario eliminare praticamente qualsiasi forma di controllo, in particolare preventiva. E poco importa se ci saranno imprenditori che ne abuseranno. Sono effetti collaterali da mettere in conto, l’importante è garantire la continuità della proprietà privata dei mezzi di produzione. È la stessa logica alla base della politica nei confronti dei fallimenti: pochissimi sono perseguiti legalmente, la stragrande maggioranza di questi sono accettati e metabolizzati come una condizione normale del regime capitalista, soprattutto perché il fallimento è uno strumento aziendale che deve essere garantito a tutti gli imprenditori che una volta o l’altra possono averne bisogno per salvaguardare la propria ricchezza e ricominciare una nuova attività nelle migliori condizioni (avendo scaricato tutti i debiti sulla collettività). Gli abusi nei crediti transitori con fideiussione ci saranno e non saranno neppur pochi: imprese che chiederanno soldi per problemi finanziari nati prima della crisi, gonfiando la propria cifra d’affari, inoltrando diverse richieste di crediti grazie a diverse società controllate, per poi, magari, fra qualche mese fare fallimento incolpando la crisi economica innescato da quella pandemica del coronavirus. Se praticamente nessun controllo è fatto a monte, ancora meno controlli saranno eseguiti a posteriori. Questi sono già inesistenti in una situazione economica normale. Non si vede la ragione perché in un contesto eccezionale, con centinaia di migliaia di richieste inoltrate, si proceda a dei controlli generalizzati a posteriori, con il rischio di svelare una situazione di abusi assolutamente preoccupante.
E il problema degli abusi ha luogo anche sul fronte delle indennità per lavoro ridotto. Anzi, qui forse sarà ancora peggio. Anche per questo aiuto diretto alle imprese sono stati allentati praticamente tutti i limiti di guardia. Sappiamo di diversi casi d’imprese edili che da diversi mesi non pagano i salari, che hanno alle spalle 2 o 3 fallimenti, con milioni di franchi di oneri sociali, di tasse e imposte non pagate, le quali stanno già preparando un nuovo fallimento. Ebbene, questi imprenditori che “hanno investito tutto nella propria azienda”, hanno fatto richiesta, come se nulla fosse, del lavoro ridotto e l’hanno ottenuto. Con un elevato grado di certezza, questi soldi non raggiungeranno mai i destinatari legali, ossia i lavoratori.
Per evitare queste situazioni di abusi, la cosa vale anche per i crediti transitori con fideiussione, bastava imporre due semplicissime forme preventive di controllo, ottenibili in qualche ora. In primo luogo, l’estratto del registro delle esecuzioni, con i precetti esecutivi che gravano le aziende. Nei casi dove l’ammontare dei precetti supera un certo livello, poniamo tre volte il capitale sociale aziendale e che superano l’anno di registrazione, si sarebbe dovuto negare qualsiasi sussidio diretto. In secondo luogo, l’altro controllo preventivo facilmente ottenibile è la dichiarazione da parte dell’Istituto delle assicurazioni sociali del regolare versamento da parte delle aziende dei contributi paritetici AVS/AI/IPG/AD/AF. I soggetti non in grado di presentare questa certificazione avrebbero dovuto essere semplicemente esclusi dal lavoro ridotto e dalla riscossione delle fideiussioni.
Invece nulla di tutto è ciò stato fatto. Speriamo che i nostri timori siano smentiti dal lancio di una vasta operazione a posteriori di controllo sistematico di questi “aiuti a innaffiatoio”. Non ci crediamo molto. La saggezza popolare ricorda come sia inutile “chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati”. Ancora una volta, invece, non ci resta che prendere nota come in questo paese sia meglio “nascere impresario” che “nascere salariato” …
[1] https://www.letemps.ch/economie/coronavirus-conseil-federal-porte-cautions-40-milliards
[2] https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Arbeit/neues_coronavirus/liquiditaetshilfen.html
[3] https://www.cash.ch/news/boersenticker-schweiz/die-schlagzeilen-der-sonntagspresse-vom-sonntag-12-april-2020-1522880
[4] https://www.ticinonews.ch/svizzera/499076/coronavirus-berna-stanzia-altri-20-miliardi
[5] https://www.cdt.ch/svizzera/il-pacchetto-da-20-miliardi-da-berna-YF2502032