Ieri il Consiglio nazionale ha deciso che per i ristoratori che pagano un affitto, così come altre strutture che hanno dovuto chiudere a causa del coronavirus, questo va limitato al 30% per il periodo in cui non hanno potuto aprire (praticamente si tratta di due mesi, visto che potranno riaprire a partire dall’11 maggio).
Ancora una volta, ad opporsi con veemenza a questa proposta, sono stati, unitamente alla lobby dei proprietari fondiari, gli “amici del popolo” dell’UDC (in Ticino la lobby immobiliare può contare sul Marco Chiesa).
Evidentemente non siamo contro questa proposta: pensiamo che ci siano effettivamente molti piccoli ristoratori e gestori di altre strutture che, dovendo pagare il totale dell’affitto per questi mesi e non avendo alcuna entrata vista la chiusura degli esercizi, si sono trovati e si trovano in una situazione difficile.
Ma, detto questo, val la pena ricordare la condizione che vivono sullo stesso tema i salariati-inquilini che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione.
In Ticino circa due terzi delle persone sono inquilini: cioè pagano ogni mese un affitto. E ancora di più (attorno al 70%) sono i salariati: cioè vivono principalmente del proprio stipendio. Se a questi aggiungiamo anche gli “indipendenti”, che spesso si trovano in una condizione sociale assai simile a quella dei salariati, arriviamo ampiamente al di sopra dell’80%.
Per decine di migliaia di queste persone gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una diminuzione del salario. Tra lavoro ridotto, mancato lavoro, etc. molti salariati, il cui salario spesso serve appena appena a coprire le spese mensili, si trovano con una diminuzione più o meno importante del salario.
Per questa ragione, già da qualche settimana, abbiamo chiesto la liberazione dall’obbligo del pagamento degli affitti per i mesi da marzo a giugno. Sarebbe questo un modo concreto di andare incontro alle difficoltà della maggioranza della popolazione di questo cantone.