Leggo con piacere in un testo pubblicato da un sito indubbiamente nostalgico del “socialismo reale” (www.resistenze.org – 09-05-20 – n. 749)[i] alcune semplici verità sulla crisi venezuelana, che quando erano state scritte da me o riprese sul mio sito da marxisti venezuelani come Manuel Sutherland o Edgardo Lander (un tempo collaboratori di Chávez e oggi critici verso Maduro) mi hanno fatto bollare più volte come amico dell’imperialismo. Il testo è il Contributo del Partito Comunista del Venezuela al 21° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai che si è tenuto a Smirne il 18-20 ottobre 2019:
Il preambolo è rituale, secondo lo stile tradizionale degli interventi in questi incontri, e naturalmente dice diverse cose sostanzialmente vere, ma molto generiche: ad esempio che il 21° Incontro Internazionale “ha luogo in un momento caratterizzato da gravi minacce ai popoli e alla classe lavoratrice di tutto il mondo. In seguito all’inasprimento della crisi generale del sistema capitalista nella sua fase imperialista, diviene sempre più acuta la concorrenza tra i capitali monopolisti per il controllo delle materie prime, delle fonti energetiche, delle innovazioni tecnico-scientifiche, di una manodopera qualificata e a buon mercato, dei mercati più vasti, delle rotte di scambio delle merci e delle zone geostrategiche”. E per larga parte dell’intervento si denuncia la guerra commerciale che colpisce la Cina, o “lo scatenamento di guerre locali e civili e l’applicazione di sanzioni illegali e unilaterali contro Paesi e popoli”. Si dice che l’area più colpita dalla violenza imperialista continua a essere il Medio Oriente, ma naturalmente il regime di Assad e la Russia non figurano nell’elenco dei responsabili.
Ma anche quando la rassegna affronta “il piano imperialista per l’America Latina e i Caraibi” il rappresentante del PCV rimane dapprima sul generico denunciando “l’obiettivo politico di ricomporre il dominio statunitense nella regione, che richiede il rovesciamento dei governi di Venezuela, Cuba, Nicaragua e Bolivia”. Questo viene spiegato riconducendolo soprattutto “agli obiettivi economici di controllo delle risorse energetiche, della biodiversità, dell’acqua dolce, dell’oro, del coltan e di altre varietà di minerali presenti nel continente”. Non è immaginario che ci sia stato anche l’obiettivo di “causare la disfatta degli organismi multilaterali di integrazione regionale quali la CELAC e l’UNASUR, nel quadro della storica contesa tra la dottrina Monroe […] e il bolivarismo, strumento di emancipazione continentale.” Ma sorprende sia l’assimilazione di governi per molti aspetti diversi tra loro, sia la “dimenticanza” di esperienze già concluse con una grave sconfitta ma senza una riflessione autocritica, come quelle dell’Ecuador e del Brasile
Una prima sorpresa viene quando il rappresentante del PCV tocca un tema che è tabù nella sinistra tradizionale: “I rovesci dei processi progressisti.” Lasciando da parte la retorica e gli stereotipi, egli afferma infatti che “tra le cause dei progressi del piano imperialista nella regione vi è l’indebolimento dei processi e dei governi progressisti e riformisti, determinato dal carattere di classe delle forze politiche che li dirigono, dai risultati limitati dei processi di cambiamento che hanno luogo nel contesto dei rapporti di produzione capitalisti e dalla scarsa incidenza dei partiti comunisti e operai all’interno di tali processi [il corsivo è mio]. Ma la diagnosi si ferma presto, lasciando posto a una specie di fatalismo: “Inevitabilmente, il progressismo latinoamericano ha raggiunto i propri limiti, ristagnando e arretrando rispetto alle conquiste e ai progressi raggiunti, e creando così la possibilità del ritorno di governi che costituiscono l’espressione più reazionaria del capitale nazionale e transnazionale”. Manca una spiegazione, un accenno a una possibile diversa strategia. Era “inevitabile” quel che è successo…
È a proposito della “aggressione imperialista contro il Venezuela” che ci sono le maggiori sorprese. Dopo la denuncia delle “misure coercitive unilaterali ed extraterritoriali che colpiscono duramente l’economia del Paese, con gravi conseguenze per le condizioni di vita della popolazione” il rappresentante del PCV dice testualmente: “L’impatto di questi provvedimenti sull’economia venezuelana è devastante, e acutizzano ulteriormente la grave crisi capitalista che colpisce il Paese, causando enormi perdite economiche e ostacolando ogni sforzo di ripresa delle attività produttive”.
Di fatto in questa frase c’è un inversione totale dei fattori rispetto a quello centrale nella propaganda di Maduro, che sostiene che la crisi sarebbe provocata esclusivamente dalla “guerra economica” mentre il PCV dice che queste misure acutizzano una crisi già in corso. E infatti afferma che “il nostro Paese risente di una grave crisi le cui cause vanno ricercate nell’esaurimento del modello di accumulazione capitalista dipendente e redditiero. In aggiunta a questo, il governo venezuelano insiste – a dispetto dei suoi proclami pseudo-socialisti – nella sua tendenza a gestire la crisi e ad affrontare l’aggressione imperialista per mezzo di misure capitaliste, il che ha inevitabilmente dato origine all’attuazione di politiche che, oltre che antipopolari, si sono rivelate inefficaci a fare fronte alle iniziative coercitive e unilaterali dell’imperialismo”.
Ma non basta: “Com’era prevedibile, i lavoratori, i contadini e altri settori popolari sono stati i più colpiti dalle conseguenze della crisi capitalista e delle politiche incoerenti del governo, rese più gravi dall’aggressione imperialista. Oggi i lavoratori devono fare fronte a una politica del lavoro regressiva che ha inciso profondamente sul deterioramento del potere d’acquisto del salario e sulla sconfessione delle contrattazioni collettive. Nessuno dei piani e delle misure economiche adottati sinora dal governo nazionale esce dal quadro della gestione del sistema capitalista dipendente e redditiero. Per questo i loro risultati non soltanto tendono ad acutizzare i problemi, ma indeboliscono anche la capacità di difesa dei lavoratori e di tutto il Paese di fronte alle misure coercitive unilaterali e illegali dell’imperialismo”.
Ho segnalato questo intervento senza farmi scoraggiare dalla lunga prima parte piena di affermazioni rituali e vacue, perché mi sembra che riveli una contraddizione profonda che ha impedito finora a una sinistra con una lunga storia di recuperare il terreno perduto. Ovviamente non è il segnale di una svolta, ma almeno l’inizio di una riflessione, che non potrà essere portata avanti senza affrontare senza reticenze un bilancio di come è stato sperperato il progetto bolivariano, e senza illudersi di poterla fare insieme agli amici di Daniel Ortega e di Bachar al-Assad.
[Il testo integrale comunque è in: https://www.resistenze.org/sito/te/pe/mc/pemcke09-022523.htm]
[i] Cercando sul sito i referenti italiani risultano tre: Italy, Communist Party (Italy) http://ilpartitocomunista.it/ Italy, Italian Communist Party https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it Italy, Party Of The Communist Refoundation http://www.rifondazione.it/