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I social-liberali di Bellinzona ci accusano di avere scarsa considerazione per il personale sanitario a causa della nostra denuncia di quanto è successo nelle case per anziani. La solita Regione ha dato vece alla calunnia social-liberale. Segno di grande nervosismo perché, come noto, si tratta di un nervo scoperto.

Infatti, anche solo citandoli solo memoria, sono diversi i casi che hanno coinvolto case per anziani e che vedono implicati amministratori locali social-liberali: dal caso di Balerna alla telenovela sulla casa anziani S. Carlo di Locarno: citiamo a memoria, come detto, ma la lista potrebbe essere molto più lunga…fino alla direzione della casa anziani di Cadro.

E che dire poi della preoccupazione social-liberale di difendere le condizioni di lavoro del personale sanitario? Anche qui basti ricordare, e siamo nella cronaca più recente, il rifiuto della VPOD Ticino (diretta dal presidente della sezione PS di Lugano e deputato Raoul Ghisletta) di sostenere la richiesta della VPOD nazionale che si opponeva alla sospensione di alcuni articoli della Legge sul Lavoro per il personale sanitario, lo stesso personale che poi si applaudiva per la sua dedizione…Lavorare sì, rischiando la pelle, ma senza diritti: parola di sindacalisti!

O, ancora, dove erano e dove sono le preoccupazioni social-liberali quando si votava e si votano in Gran Consiglio i conti dell’EOC? Perché è evidente (e lo abbiamo detto a più riprese motivando il nostro voto negativo) quando si votano i conti dell’EOC si vota, in sostanza, la sua politica del personale, visto che almeno due terzi delle spese degli ospedali sono legate proprio al personale. Anche qui, non solo un voto sempre favorevole, ma mai una parola su come questi conti fossero e siano il risultato di una politica del personale sempre più tirata, con un aumento dei ritmi di lavoro (che spinge molti a chiedere di diminuire il proprio orario di lavoro), con un controllo dei tempi di cura che sottraggono spazio e tempo al rapporto con il paziente, con una insufficiente politica della formazione del personale, etc. etc. Tutte cose che, adesso, ci si precipita a richiedere con mozioni, proposte, etc…

Non abbiamo certo dimenticato la campagna contro la chiusura degli ospedali di Valle: quanta difficoltà a convincere i social-liberali della necessità di battersi. Un piccolo aneddoto illuminante. Alla prima riunione che abbiamo indetto a Faido vi erano un’ottantina di persone (cosa mai vista e, da notare, per un’assemblea pubblica convocata dall’MPS). Alla fine della riunione la compagna Tiziana Mona ci si avvicina e, dopo aver rievocato simpaticamente la sua fase giovanile trotzkista in America, si dice sorpresa che vi sia stata così tanta gente ad una riunione a Faido; mentre loro, i socialisti aggiungeva, facevano fatica a contattare la gente. Porre la domanda è, in parte, già dare la risposta…

O, ancora, per ritornare all’oggetto dei nostri interventi: siamo a più riprese intervenuti per denunciare problemi organizzativi e di gestione (riferiteci dal personale) per il centro Somen di Sementina, centro che conta la stessa direzione amministrativa e sanitaria della casa per anziani contigua. Ebbene, il Municipio di Bellinzona, a “trazione” social-liberale con addirittura un medico al suo interno, ci ha risposto, a più riprese, che qualità e gestione amministrativa non erano in discussione e che tutto andava bene. Lo abbiamo visto…

E come dimenticare, visto che si evoca il fatto che le donne sono maggioranza tra il personale sanitario, che una nostra richiesta di istituire una commissione di inchiesta sulle molestie sessuali all’interno degli ospedali dell’EOC (dopo la vicenda di molestie e mobbing avvenuta nel 2015 al Civico di Lugano, dove un infermiere 50enne aveva importunato una ventina di colleghe) abbia raccolto solo 3 voti in Parlamento? Tutto questo avveniva, è bene ricordarlo, in pieno movimento Me Too, a fine 2018!

Potremmo moltiplicare gli esempi che portano a concludere che tutti costoro, a livelli diversi, sono stati solidali e partecipi di quella politica sanitaria che ci ha portato oggi nella situazione nella quale ci troviamo e che rendono difficile una correzione profonda, perlomeno sul breve periodo.

Ma vediamo di fare una riflessione politica più di fondo sui nodi decisivi di questi ultimi anni che ci hanno portato alla situazione nelle quale ci troviamo.

Cominciamo dalle case per anziani. Lo abbiamo detto a più riprese, e lo abbiamo riconfermato proprio in queste ultime settimane in concomitanza con l’esplosione dei morti in queste strutture, che alla radice di quanto successo vi sono problemi strutturali, organizzativi e di direzione amministrative e sanitarie del sistema delle case per anziani così come si è andato sviluppando in Ticino negli ultimi decenni. Infatti, lo scorso 26 aprile, in una interpellanza al governo, ricordavamo prima di tutto che “Con questa nostra interpellanza ci concentriamo sulle responsabilità dei dirigenti delle case anziani ed i loro referenti istituzionali” (da qui il nervosismo social-liberale, altro che preoccuparsi del personale sanitario!). E aggiungevamo: “Da anni denunciamo il cattivo funzionamento delle case per anziani. E lo abbiamo fatto commentando almeno una ventina di vicende che, in questi ultimi due anni, hanno visto protagoniste le case per anziani… Ancora in questi ultimi giorni si son potute leggere le polemiche relative alla Casa anziani Cinque Fonti (caso sul quale eravamo in passato pure intervenuti). Tutto questi episodi non sono certo frutto della casualità, ma di una serie di problemi strutturali. Il primo, evidentemente, è la natura giuridica diversa di queste strutture (comunali, private, consortili, etc.): quasi sempre diventate o luoghi di gestione clientelare o luoghi interessati principalmente a generare profitto. Da qui le logiche alla base della loro gestione che hanno condotto all’emergere di tutti i problemi di gestione.

A tutto questo si aggiunge la mancanza di una reale vigilanza (il medico cantonale Merlani, quasi sempre silente in questi ultimi anni al momento delle discussioni sui casi che abbiamo citato, si è ricordato in piena pandemia di essere autorità di vigilanza) sia sui criteri di gestione amministrativa e del personale, sia sui criteri di cura e di qualità delle cure…E questa mancanza di capacità di direzione e organizzativa è proprio la causa principale, secondo noi, del modo assolutamente inadeguato con il quale è stata affrontata la pandemia nella maggior parte delle case per anziani e che ha portato alle conseguenze disastrose dal punto di vista della diffusione della pandemia.”. Crediamo che più chiari di così non si possa essere.

Ma, detto questo, dobbiamo chiederci quale politica abbia favorito questo sviluppo delle cose. Sostanzialmente le scelte politiche degli ultimi decenni, proposte e favorite (val la pena ricordarlo) da una gestione social-liberale che non ha fatto nulla per ostacolare, per porre condizioni e paletti, allo sviluppo di una organizzazione dominata da gestioni private o municipaliste. In particolare la legge sugli anziani che si limita a fissare i criteri di erogazione di sussidi per la costruzione e la gestione di queste strutture, di fatto deresponsabilizzando il Cantone da qualsiasi compiti di controllo e verifica delle gestione amministrativa e sanitaria di queste strutture (e nessuno osi dire il contrario: altrimenti non si capirebbero gli scandali “raffica” che hanno investito sul piano sanitario e amministrativo queste strutture negli ultimi anni). Certo il Cantone ha svolto un lavoro di pianificazione del fabbisogno di queste strutture: ma si è trattato di un lavoro che è rimasto, diciamo così alla superficie del problema.

E che questa gestione fosse di fatto orientata verso il privato a scapito del pubblico è stato confermato, indirettamente, ancora di recente dalla proposta di modifica di legge (ironia della sorte, proveniente da una mozione con primo firmatario un rappresentante del PS) poiché il sistema di finanziamento per la costruzione di case per anziani favoriva il privato. Questi, infatti, nella realizzazione di una casa per anziani riceve dai finanziamenti cantonali l’integralità dell’investimento, mentre se a promuovere tale investimento è un Comune, ne riceve meno della metà. Disposizioni della Legge sugli anziani varata nel 1973.

È in questa logica e prospettiva che si è poi sviluppato il sistema delle case per anziani; e anche con l’aumento di quelle a gestione pubblica (comunale o consortile), i problemi non sono cambiati, con queste strutture spesso gestite non solo senza averne le necessarie competenze, ma come veri e propri centri di potere clientelare.

Anche su altri vari aspetti della politica sanitaria in generale dovremmo citare politiche difese dai responsabili della sanità che sono proprio all’origine di problemi con i quali siamo sempre più confrontati.

Pensiamo, ad esempio, alla politica dei mandati di prestazione che condizionano in modo pesante la gestione di tutte le strutture sanitarie, spingendo ad una razionalizzazione mercantile delle prestazioni e, in ultima istanza, ad una diminuzione della spesa sociale. Ebbene, forse non tutti ricordano, che tale modo di procedere fu sviluppato soprattutto all’epoca della direzione del DSS da parte di Pietro Martinelli. Che rivendicò tale strumento di gestione della spesa pubblica e sanitaria; numerose furono le difese in Parlamento di questo strumento (lui lo indicava alla francese, parlando di “enveloppe budgetaire”) descrivendone le meraviglie come strumento di gestione razionale (“razionante” diremmo noi) della spesa sanitaria e, più in generale, della politica dei sussidi (per ospedali, case per anziani, etc.).

Ne sortì, all’epoca, anche un dibattito in seno alla sinistra, con la VPOD che si espresse con un documento assai ben argomentato che, sostanzialmente, si opponeva allo strumento dei mandati di prestazione. Un documento che, non ci pare, sia stato sostituito da altre prese di posizione, più aggiornate e recenti, favorevoli a quel modo di finanziamento e che quindi dovrebbe essere la posizione di fondo di quel sindacato. Ma, naturalmente, al segretario della VPOD e deputato PS i documenti ufficiali del suo sindacato non interessano…Negli anni più recenti, tranne la nostra opposizione, l’utilizzazione dei mandati di prestazione è ormai stata acquisita e praticata massicciamente nell’amministrazione pubblica. Arrivando addirittura a utilizzarla per settori interni dell’amministrazione (pensiamo, ad esempio, a quello delle biblioteche) con l’accordo di praticamente tutti.

Ancora in questo genere di decisioni prese va ricordata, nell’ambito delle cure a domicilio che tuttavia è un settore molto implicato con gli anziani, l’introduzione ormai generalizzata del sistema RAI – Resident Assessment Instrument-Home-Care (RAI Domicilio). Si tratta di un dispositivo elaborato negli USA nel 1983. Implica il minutaggio dei compiti e delle prestazioni fornite dai salariati del settore con lo scopo di condurre a un piano di presa a carico individualizzato, L’Associazione svizzera dei servizi di cura a domicilio (ASSAD) ha deciso di adottare il RAI-Domicilio per tutta la Svizzera, fatto che rappresenta una svolta per questo settore, in particolare con l’introduzione di strumenti mobili di lavoro (tablet) che permettono la tracciabilità di ogni prestazione fornita dal personale di cura e assistenza a domicilio. Il Ticino è stato il primo cantone a introdurlo nel 2001. Alla direzione del DSS si era stabilmente issata, da ormai più di due anni, Patrizia Pesenti!

Un sistema che rappresenta una vera e propria degradazione delle condizioni di lavoro e della qualità dei servizi offerti dai professionisti del settore. E che è alla base dei problemi segnalati negli ultimi anni in diversi servizi di cure a domicilio: da quello di Bellinzona a quello del Mendrisiotto. Un degrado che è continuato negli anni e che abbiamo denunciato pubblicamente. E, dopo aver difeso a spada tratta questi servizi (accusandoci di raccontare cose non vere), ecco che persino la sempre allineata al potere VPOD si accorge del problema e, nell’ottobre 2019, proclama “Basta con il degrado delle cure a domicilio!”. Alla quarta fetta, come si suol dire, si sono accorti che era polenta!

Terminiamo qui, anche se varrebbe la pena una volta discutere della madre di tutte questa riforme che i social-liberali continuano a difendere, la LAMal promossa da Ruth Dreyfuss. Ma questo ci porterebbe lontano.

I social-liberali meglio farebbero a discutere di queste cose, a fare un bilancio della loro politica, delle loro scelte e della loro gestione della sanità. Vi è abbondante materiale per diverse video-conferenze, visto il contesto in cui ci troviamo, che potranno essere riprese in presenza. Auguri!