Nel corso di questa emergenza sanitaria sono state molte le testimonianze da noi raccolte di personale sanitario obbligato a recarsi al lavoro malgrado fosse risultato positivo mettendo a repentaglio la propria vita e, naturalmente anche quella dei pazienti.
A ciò si è aggiunto un comportamento deplorevole del Consiglio federale. Durante il periodo più critico dell’emergenza, su pressione del padronato del settore sanitario, ha obbligato il personale sanitario e sociale con patologie legate all’ipertensione arteriosa, diabete, malattie cardiovascolari, malattie croniche delle vie respiratorie, malattie o terapie che indeboliscono il sistema immunitario o cancro a recarsi ugualmente al lavoro. Una situazione scandalosa corretta unicamente in coda all’emergenza.
Date queste premesse, chiediamo al Consiglio di stato:
- Quante strutture (e quanti dipendenti) sanitarie e sociali sono state controllate durante l’emergenza da parte dell’Ispettorato del Lavoro?
- Quali misure di protezione per il personale ospedaliero e di cura, sono state adottate durante l’emergenza?
- Al personale sanitario e sociale, rientrante nei gruppi a rischio, è stato permesso di rimanere al proprio domicilio o è stato obbligato a tornare al lavoro?
- Sono stati concesse vacanze o permessi retribuiti al personale sanitario, nel caso di situazioni di salute precaria dello stesso?
- Quanti dipendenti, fra il personale sanitario, hanno potuto accedere al test (tampone) o sierologico? Lo hanno potuto fare gratuitamente?
- . Spesso, nelle strutture, gli spazi forniti per il cambio personale di biancheria, sono troppo piccoli per poter garantire un distanziamento sufficiente al fine di evitare contagi. Cosa è stato messo in atto dalle direzione degli ospedali, delle strutture sanitarie e sociali per rispettare le norme sanitarie?
- Per quel che concerne il lavoro di cura a domicilio, in che modo le diverse strutture private sono state controllate?
Per Mps-Pop-Indipendenti
Matteo Pronzini, Simona Arigoni, Angelica Lepori