La situazione riguardante l’ex capoufficio Imposte di successione e donazioni, oggetto di nostre due interpellanze, grazie anche ad alcuni articoli di stampa si sta chiarendo. Sia il Caffè che La Regione hanno dedicato alcuni articoli al caso. Da quanto riportato da La Regione, nella sua edizione di martedì 9 giugno 2020 risulta che:
“effettivamente il funzionario sarebbe sotto inchiesta per reati finanziari. Sarebbero una mezza dozzina le denunce pervenute in Magistratura a partire dal 2017, anno di avvio della liquidazione della fiduciaria con sede a Lugano, della quale l’indagato sarebbe stato amministratore unico con diritto di firma individuale. Da noi contattato, il Ministero pubblico ha preferito non rilasciare informazioni. L’accusa riguarderebbe perdite molto ingenti, milionarie. Fra le presunte parti lese, vi sarebbero sia privati che fondazioni. A coordinare l’inchiesta è la procuratrice pubblica Chiara Borelli.
L’ex fiduciario sarebbe stato attivo nel campo delle operazioni finanziarie, per le quali avrebbe ricevuto delle retrocessioni particolarmente consistenti. Inoltre, secondo le tesi dei denuncianti, la tipologia dei prodotti strutturati acquistati per conto dei clienti sarebbe all’origine delle perdite. Contestazioni sulle quali l’imputato ha già avuto modo di dire la sua, contestando a sua volta gli addebiti.“
Preso atto che il già capoufficio Imposte di successione e donazioni è sotto inchiesta per reati finanziari vorremmo capire meglio quanto avvenuto durante il processo di selezione precedente la nomina da parte del Consiglio di Stato. Nella risposta alla nostra interpellanza del 28 febbraio 2020 il CdS ha indicato che il funzionario ha dovuto produrre un’autocertificazione riguardante eventuali procedure penali pendenti.
Chiediamo dunque:
1. Il già capoufficio Imposte di successione e donazioni aveva indicato nell’autocertificazione che era sotto inchiesta per reati finanziari dell’ordine di milioni di franchi?
2. Se sì, come si è potuto procedere ugualmente alla sua nomina?
3. Il Consiglio di Stato era stato informato che il funzionario che si voleva assumere come capoufficio Imposte di successione e donazioni era sotto inchiesta?
4. Se no, quando il Consiglio di Stato è venuto a conoscenza ed in che modo che il funzionario era sotto inchiesta?
5. Non ritiene che aver mentito su una tematica così importante (e tenuto anche conto del ruolo che sarebbe andato a rivestire) possa essere motivo per una rescissione con effetto immediato del rapporto di lavoro?
6. Il DECS alle cui dipendenze ora ex capoufficio lavora è stato informato che vi è pendente un’inchiesta? Per quale ragione il DECS (e la sua divisione cultura che sembra ormai diventato un refugium peccatorum) ha accettato il trasferimento del funzionario malgrado fosse palese (altrimenti non vi sarebbe stato trasferimento) che qualcosa non funzionava?
7. Non ritiene che simili comportamenti da parte del Consiglio di Stato diffondano, tra i cittadini, l’impressione di una logica d’assunzioni clientelare degli alti funzionari dello Stato?
Per il Gruppo MPS-POP-Indipendenti
Simona Arigoni, Angelica Lepori, Matteo Pronzini