Poco meno di una settimana fa il Parlamento ticinese ha preso atto con grande soddisfazione della politica di sostegno all’innovazione economica: 15 milioni negli ultimi 4 anni che diventeranno 20 nei prossimi quattro. È stato inutile far notare, come hanno fatto, con esempi concreti, i rappresentanti dell’MPS, che in realtà tali sovvenzioni altro non sono che un sostegno ai profitti dell’aziende. Anche perché le aziende beneficate da corposi sussidi sono spesso grandi aziende che possono facilmente trovare capitale per i propri investimenti sia tra i loro ricchi azionisti, sia ricorrendo al normale credito bancario. Tutto questo in un contesto caratterizzato, negli ultimi anni, da riforme fiscali tese a “premiare” proprio l’innovazione da parte delle aziende.
Nel corso della discussione parlamentare siamo intervenuti sottolineando come spesso tali imprese sostenute dal cantone non si facciano scrupoli a licenziare decine di lavoratori e lavoratrici (https://mps-ti.ch/2020/05/aiuto-allinnovazione-ovvero-sostegno-ai-profitti-dei-soliti-noti/).
Avevamo in particolare citato il caso dell’importante gruppo metalmeccanico Georg + Fischer, fortemente presente in Ticino. Il gruppo controlla l’AGIE di Losone, distintasi per una politica occupazionale non certo brillante – arrivando addirittura a licenziare lavoratori con decine di anni di attività; G + F controlla anche la Precicast di Novazzano (circa 400 operai), azienda che nel quadro della politica di sostegno all’innovazione ha ottenuto ben 750’000 franchi.
Ebbene, pochi giorni dopo questa discussione, apprendiamo che la Precicast avrebbe annunciato la soppressione di una ventina di posti di lavoro, invocando le solite difficoltà produttive.
Naturalmente non si tratta di una novità. Abbiamo detto a più riprese che la via che sono intenzionati a seguire i padroni in questa fase economica è quella di mantenere i margini di redditività e di profitto agendo sul costo del lavoro, licenziando, flessibilizzando, tagliando i salari.
Misure come quelle prese dalla Precicast non sorprendono; sorprende che a procedere in questo modo siano aziende portate ad esempio e riccamente finanziate con denaro pubblico. Magari giustificando il fatto con la motivazione che quei sussidi permetterebbero di sostenere l’occupazione e di evitare licenziamenti. Tutte balle.
La vicenda Precicast, l’ennesima dopo quelle recenti di Agie, di Mikron e di tante altre ne è l’ennesima amara conferma.